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Un intervento di psicoterapia Gruppo analitica comunitaria una Comunità Terapeutica per pazienti con grave patologia mentale

Creato il 20 dicembre 2011 da Raffaelebarone

Barone*, Simone Bruschetta**, Francesca Giannone***

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Il gruppo è uno strumento chiave sia per la cura dei pazienti con grave patologia mentale presi in carico nelle strutture residenziali, sia per la formazione e la supervisione degli operatori che in esse lavorano. L’esperienza qui presentata riguarda un intervento gruppoanalitico di comunità presso una Struttura Intermedia di tipo residenziale per pazienti con grave patologia mentale, sita in Caltagirone, provincia di Catania.

I dispositivi attivati sono:

1. Gruppi analitici di psicoterapia comunitaria.

2. Un gruppo di supervisione clinico-istituzionale.

3. Alcuni gruppi analitici operativi o vitali, tra i quali i più importanti sono: — diversi gruppi vitali di sostegno all’abitare

— i gruppi operativi di progettazione personalizzata per ciascun paziente. L’intera esperienza è monitorata e valutata in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Palermo.

I gruppi analitici di psicoterapia comunitaria

Sono gruppi strutturati secondo il modello gruppoanalitico soggettuale dei gruppi di supervisione comunitaria e formazione continua’ (Lo Verso, 1994; Barone, 2002; Barone, Bruschetta, Giunta, 2010). Il loro svolgimento avviene attraverso sedute successive, per una intera mezza giornata di lavoro, a cadenza settimanale, e con il radicale coinvolgimento della comunità residenziale nel suo complesso.

Sono condotti da un gruppoanalista esperto in salute mentale di comunità e sono concepiti come luoghi mentali in cui rendere pensabile, per tutti i partecipanti innanzitutto, l’esperienza della comunità residenziale nei suoi molteplici livelli, incluso quindi quello istituzionale e politico, consentendo però, allo stesso tempo, un costante monitoraggio delle coordinate organizzative e della progettualità terapeutica. Non ultimo, consideriamo questi gruppi come dotati di una vera e propria valenza psicoterapeutica-analitica per tutti i pazienti in comunità.

Ciascuna seduta di gruppo si articola in tre diversi assetti (set), organizzati in tre fasi distinte, ma interconnesse:

— Si inizia con il gruppo équipe: un piccolo gruppo di covisione con l’équipe dei responsabili sanitari ed amministrativi. L’incontro si svolge nella stanza dell’équipe organizzativa e dura un’ora;

— Segue il gruppo di comunità: un grande gruppo con i pazienti, i responsabili (gruppo équipe), gli operatori clinico-sociali e gli osservatori tirocinanti e/o volontari. La stanza dove si svolge il gruppo è la più grande della casa e l’incontro ha la durata di 90 minuti.

— L’intervento si conclude con il gruppo staff: un gruppo mediano con lo staff clinico-sociale al completo (gruppo équipe + operatori e osservatori tirocinanti e/o volontari), che si riunisce per un’ora.

II gruppo di supervisione clinico/istituzionale

È previsto, a cadenza mensile, un gruppo analitico di supervisione clinico-istituzionale (Barone, 2002; Barone, Bruschetta, Giunta, 2010). Esso è un classico gruppo psicodinamico che si svolge in comunità, anche se non necessariamente, fisicamente al suo interno. Questo gruppo è diretto esclusivamente agli operatori e all’équipe, ed è finalizzato principalmente a tre obiettivi:

— la supervisione sulla presa in carico istituzionale dei pazienti attraverso l’inquadramento del “caso clinico” in termini psicopatologici ed in riferimento alle dinamiche co-trasferali;

— il sostegno allo sviluppo organizzativo ed all’analisi istituzionale del dispositivo terapeutico comunitario, come premessa irrinunciabile ad un buon lavoro di progettazione terapeutica personalizzata;

— la riduzione dello stress e la prevenzione del burnout negli operatori, attraverso la riflessione gruppale sulla propria identità professionale e sulle proprie appartenenze collettive.

È importante che il lavoro di supervisione conduca il dispositivo terapeutico a “pensare” e, laddove occorre, a ri-organizzarsi per curare e funzionare meglio. Esso rappresenta uno degli strumenti più tipici con cui la comunità può analizzare il proprio funzionamento e quindi sviluppare una sua cultura della cura. Non c’è infatti alcuna possibilità di guarigione per il paziente se non ci si prende cura contemporaneamente delle relazioni nei e tra i gruppi curanti e se non si crea una rete comunitaria entro la quale dare senso alle manifestazioni sintomatologiche.

I gruppi analitici operativi o vitali

Consideriamo la metodologia foulkesiana del gruppo analitico operativo o vitale, fondante la pratica clinica della Comunità Terapeutica orientata gruppoanaliticamente alla cura del paziente, attraverso i gruppi (Foulkes, 1975).

I gruppi operativi o gruppi vitali riuniscono una rete già esistente ed interconnessa nella vita. La famiglia è il prototipo di tale gruppo e quindi la terapia familiare, sia essa in setting domiciliare che di studio privato, rappresenta, insieme alla terapia di coppia coniugata, il grado zero di tale trattamento. Il grado ultimo di tale trattamento è invece quello che Foulkes chiamò terapia sociale e che così descrisse ormai cinquant’anni fa: “Si può immaginare che la tecnica di gruppo alla fine coinvolgerà (in terapia) l’intera comunità e riunirà tutti coloro che sono implicati in un problema, non solo il medico ed il paziente. In breve riporterà la nevrosi dove le compete, perché tali problemi sono problemi che riguardano l’intera comunità, come possiamo vedere nel caso della delinquenza o altre difficoltà sociali e psicologiche che affliggono la nostra società” (Foulkes, Anthony, 1957).

A tale categoria dei gruppi operativi o gruppi vitali appartengono:

— I Gruppi Vitali di Sostegno all’Abitare, rispetto ai quali, riprendendo la classificazione foulkesiana prima proposta, ricordiamo che la Comunità Terapeutica residenziale, ha la caratteristica di tendere, con la propria prassi, a trasformare il gruppo dei suoi pazienti e dei suoi operatori, da un gruppo di individui non collegati formati a scopi speciali, ad un gruppo vitale fondato sulla convivenza comunitaria. Per questo motivo possono essere attivate, all’interno della Comunità, diverse tipologie di Gruppi Vitali di Sostegno all’Abitare, differenziate dal punto di vista dei servizi e delle attività domestiche che in essa si svolgono. Questi gruppi permettono ai pazienti di sviluppare competenze relazionali di convivenza ed autonomie secondarie relative alle competenze abitative, ma non solo.

Sono, questi, i gruppi in cui si manifestano, nella loro migliore evidenza, i problemi clinici ed i conflitti sociali vissuti dai pazienti che convivono presso una stessa unità abitativa (come ad esempio un appartamento a misura domestica ricavato nella struttura residenziale comunitaria) o l’utenza di uno stesso servizio domestico (come nel caso di un reparto di lavoro domestico — cucina, lavanderia, giardinaggio, ecc. — o di una squadra che condivide una responsabilità — manutenzione, dispensa, ecc…). Per conflitti sociali e problemi clinici intendiamo quindi anche quelli generati dai processi di convivenza e di cura in un ambiente terapeutico ed abitativo nel quale i pazienti possono sperimentarsi nella gestione delle attività e soprattutto delle responsabilità domestiche e conviviali.

Il setting comunitario del Gruppo Vitale di Sostegno all’Abitare prevede l’incontro periodico di tutte le persone che vivono e lavorano presso l’unità abitativa o conviviale interessata al processo di cura, in sedute gruppali, condotte da un gruppoanalísta esperto del lavoro terapeutico-comunitario. I membri di tale gruppo sono quindi abitualmente: i pazienti, gli operatori clinico-sociali, i rappresentati ed i responsabili delle istituzioni interessate al funzionamento del dispositivo terapeutico comunitario che accoglie i pazienti. «Sotto questo aspetto costituiscono un ibrido di gruppo gruppoanalitico e di gruppo di familiari” (Foulkes, 1975).

Il prototipo di questo tipo di gruppi è quello condotto con i pazienti e gli operatori di un Gruppo-Appartamento; struttura intermedia per definizione a cavallo tra i servizi residenziali e quelli domiciliari (Barone, Bellia, Bruschetta, 2009; 2010).

La rete di comunicazione transpersonale si struttura così attraverso una serie di legami che per definizione chiamiamo “intermedi” (Fasolo et al., 2003; Fasolo, Ambrosiano, Cordioli, 2004) e che rappresentano l’essenza delle relazioni terapeutiche comunitarie delle strutture intermedie della Salute Mentale (Min, Sal, 2008; Barone, Bruschetta, Giunta, 2010)

Il lavoro terapeutico attraverso i gruppi operativi o vitali consiste nel dinamizzare tale rete intermedia permettendo alle relazioni interpersonali di transitare da una dimensione sociale e formale ad una intima e gratuita, strutturando così una matrice dinamica che permette di innescare processi di insaturazione nellematrici personali dei partecipanti. Questa matrice diventa una nuova rete di appartenenza sociale alternativa agli attaccamenti familiari (nuova rete primaria) ma soprattutto una nuova rete di partecipazione alla vita comunitaria, interna ed esterna alla struttura residenziale, da cui il paziente può partire per esplorare nuove modalità di abitare la comunità locale e di partecipare alla sua vita sociale.

Tali gruppi risultano in genere composti da un numero che varia tra le 10 e le 15 persone, delle quali un piccolo gruppo è costituito dai pazienti. Il gruppo che ne viene fuori è realisticamente oscillante tra la numerosità massima del piccolo gruppo e quella minima del gruppo mediano, rappresentando così, anche numericamente la dinamica di transito tra appartenenze primarie ed intermedie.

I membri di questi gruppi si riuniscono costantemente, sia in maniera formale nelle sedute terapeutiche (quando convocate dai conduttori), sia in maniera informale nei contatti quotidiani di vita e di lavoro, sia ancora in maniera semi-informale in tutti quegli incontri organizzativi ed istituzionali che regolano e garantiscono il lavoro e la vita nei dispositivi di cura comunitaria e i processi di presa in carico territoriale dei pazienti. Le sedute psicoterapeutiche agiscono anche come catalizzatori dei cambiamenti in atto.

— I Gruppi Operativi di Progettazione Terapeutica Personalizzata

Tali gruppi propongono un trattamento che si articola lungo la rete delle persone, degli enti e delle istituzioni che organizzano la vita sociale e la partecipazione politica del paziente, che solo convenzionalmente possiamo chiamare “centrale”.

Essi risultano indispensabili per la presa in carico di ciascun singolo paziente della comunità terapeutica. In particolare essi permettono di strutturare un periodico “raggruppamento”, intorno al paziente, di un gruppo clinico-sociale personalizzato e finalizzato alla progettazione terapeutica personalizzata. Tutti i gruppi operativi, lo ricordiamo, per essere tali devono prevedere la partecipazione del paziente, e possono, per definizione, essere svolti indifferentemente dentro o fuori la struttura della comunità residenziale.

Questi gruppi si svolgono secondo un calendario personalizzato e contrattato con ciascun paziente della comunità. I pazienti si ritrovano a partecipare ad un gruppo operativo centrato su di loro, calendarizzato programmaticamente quattro volte l’anno e convocabile a richiesta dal paziente o dal conduttore, occasionalmente “fuori programma”, in caso di emergenze o di eventi imprevisti. In tutti questi casi il paziente può invitare a partecipare al gruppo tutte le figure familiari, sociali ed istituzionali che ritiene utili alla realizzazione, monitoraggio e valutazione del proprio progetto terapeutico.

Il setting operativo di tale gruppo prevede l’incontro periodico di tutte le persone interessate al processo di cura (nexus delle relazioni comunitarie), compreso sempre naturalmente il paziente, per un lungo arco di tempo (calcolabile in termini di anni come qualsiasi altra psicoterapia a lungo termine), in sedute gruppali, condotte da un gruppoanalista esperto in salute mentale di comunità. I membri di tale gruppo sono quindi abitualmente: il paziente, i familiari, i caregivers, gli operatori clinico-sociali, i rappresentanti delle istituzioni interessate alla cura, i terapeuti responsabili di tutti dispositivi di intervento attivati e non ultimi i responsabili o gli operatori della comunità terapeutica titolari della progettazione terapeutica personalizzata per il paziente. Questi gruppi sottendono la prassi clinica della redazione, valutazione ed aggiornamento periodico dei Progetti Terapeutici Personalizzati, istituzionalmente di competenza del Dipartimento di Salute Mentale inviante (Min. Sal., 2008).

Per Progetto Terapeutico Personalizzato intendiamo, in accordo con le Linee di Indirizzo Nazionali per la Salute Mentale (MIN. SAL., 2008), tanto un documento clinico quanto una prassi terapeutica, di responsabilità del Dipartimento di Salute Mentale (DSM) territorialmente competente, che ponga il paziente e la sua guarigione al centro del lavoro di un gruppo curante e che, di conseguenza, programmi gli interventi clinici e sociali, fissi gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, monitori e valuti il processo e gli esiti. Spetta quindi ai Dipartimenti di Salute Mentale garantire per ciascun paziente la costruzione di un Progetto Terapeutico che sia:

— Individuale, cioè centrato più sull’utente, sulla sua domanda e sui suoi bisogni, che non sull’offerta dei servizi.

— Personale, cioè tarato sulle reali abilità ed inabilità dell’utente, sulle sue parti sane e sulle sue parti malate.

— Condiviso, cioè concordato con l’utente, i familiari ed in coordinamento pluri-istituzionale con le altre agenzie sociali del territorio.

La valutazione empirica dell’intervento3

È stato avviato, in collaborazione con un gruppo di ricerca del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Palermo, un progetto di monitoraggio e osservazione dell’intervento clinico-gruppale realizzato nella comunità terapeutica di Caltagirone. Tale progetto si inquadra nella prospettiva della ricerca sulla valutazione e lo studio scientifico del lavoro clinico e psicoterapeutico all’interno di sistemi dinamici complessi, in direzione del miglioramento della qualità della clinica (Giordano, Giannone, 2005). Obiettivo generale è l’osservazione sistematica delle pratiche di cura e la comprensione di quali siano, e come si configurino i processi di lavoro a più significativa valenza terapeutica.

In particolare l’interesse è rivolto al monítoraggio empirico dell’efficacia della supervisione in relazione con l’efficacia clinica dei gruppi terapeutici. L’osservazione, che riguarda l’arco temporale di un anno, è focalizzata specificamente sulle sedute del Gruppo di Supervisione e sui Gruppi Analitici di Psicoterapia Comunitaria.

Sono stati individuati alcuni strumenti, di esito e di processo, che indagano aree ed aspetti diversi dell’esperienza terapeutica in corso.

Gli strumenti di esito sono somministrati ai pazienti e a tutti gli operatori. Essi comprendono la “Carta di Rete” (Fasolo et al. 2003; 2005) ed i questionari di valutazione della soddisfazione lavorativa degli operatori (Gigantesco et al., 2002) e della soddisfazione dei pazienti rispetto al servizio reso dalla comunità (CSQ) (Larsen, Atkinson, Hargreaves, Nguyen 1979).

La “Carta di Rete” è somministrata prima dell’inizio dell’intervento gruppoanalítico di comunità, e successivamente a cadenza semestrale.

Questo strumento, utilizzato all’interno di un colloquio clinico-sociale semistrutturato, denominato Colloquio Carta di Rete (Bruschetta, Giunta, 2010), permette di effettuare una valutazione diagnostico-relazionale sui pazienti, a partire dalla rappresentazione grafica della loro rete sociale, e una valutazione lavorativo-relazionale, nella versione per Operatori di Comunità, che consente di visualizzare la mappa dei legami professionali più significativi degli operatori, nel qui ed ora del loro lavoro in comunità. In forte connessione con lo spirito di fondo della conduzione gruppoanalitica comunitaria dei gruppi oggetto della ricerca, questo strumento può consentire di coglierne gli effetti nel campo mentale di operatori e pazienti coinvolti nell’esperienza.

La soddisfazione lavorativa degli operatori della comunità è indagata attraverso il Questionario per la valutazione del livello di soddisfazione degli operatori (Gigantesco et al., 2002): self-report composto da tre scale: soddisfazione per la funzionalità del servizio, soddisfazione nei confronti del ruolo e dei compiti svolti, soddisfazione per l’operato dei superiori, valutati su una scala likert a 6 punti.

La soddisfazione dei pazienti rispetto alla funzionalità del servizio offerto loro dalla comunità, è valutata attraverso il Questionario sulla soddisfazione dell’utente – CSQ (Larsen, Attkinson, Hargreaves, Nguyen, 1979): self-report composto da 8 item, valutati su una scala likert a 4 punti.

Sono previste delle scale di valutazione per il monitoraggio dell’evoluzione della psicopatologia dei pazienti: la BPRS/Brief Psychiatric Rating Scale, composta da 18 items che esplorano i livelli di: ansia, depressione, attività, energia, disturbo del pensiero e ostilità e compilata dal clinico di comunità; un ulteriore strumento è l’OQ/Outcome Questionnaire (Lo Coco, Prestano, Gullo, Di Stefano, Lambert, 2006), un self-report composto da 45 item raggruppati in tre sottoscale che valutano tre aspetti della vita del paziente: Sintomi patologici, Relazioni interpersonali e Funzionamento nei ruoli sociali.

Per il monitoraggio del processo terapeutico, tutte le sedute sono audio-registrate ed è prevista una analisi dei testi, mirata all’individuazione dei principali Temi di Gruppo, al fine di creare una mappatura dei contenuti più significativi e rappresentativi emergenti e valutare il modo in cui essi vengono affrontati nei diversi setting di gruppo.

La ricerca è in progress. L’analisi e l’interpretazione dei dati raccolti porrà specifica attenzione alla costruzione di un pensiero riflessivo che si interroga sui modi e i fini del lavoro di cura ed è volto a ottimizzare metodi e risultati dell’intervento terapeutico, per un aumento del livello della qualità professionale, ed insieme, del benessere e della soddisfazione personale.

 

Bibliografia

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