Un Ispettore in Casa Birling: Segreti di Famiglia

Giuseppe Floriano Bonanno 5 febbraio 2013 teatro, vedere Nessun commento

Il Duse ospita, in una rigida serata di metà inverno, due tra i migliori attori italiani, Paolo Ferrari e Andrea Giordana, alle prese con Un ispettore in casa Birling di John Boynton Priestley, classico del teatro inglese rappresentato per la prima volta nel 1945 in cui si fondono in un unicum davvero funzionale il thriller ed il dramma borghese. Siamo nell’Inghilterra di inizio ’900 e nella residenza della famiglia Birling, una schiatta di parvenu nel mondo imprenditoriale, si festeggia il fidanzamento della figlia del patriarca Arthur, la bella e dispettosa Sheyla, con l’altrettanto ricco Gerald Croft, tra lussuosi abiti da sera e vini pregiati, che ben fotografano la patinata quotidianità di una borghesia non priva di denaro, ma “povera” di umanità. Proprio sul più bello, a frantumare quest’atmosfera di ostentato benessere, fa irruzione un ispettore della polizia che deve porre alcune domande al capofamiglia. Eva Smith si è tolta la vita, lasciando però un diario dove i nomi dei Birling e di Croft ricorrono spesso. Inizia così una commedia gialla, carica di suspense, in cui una serie di apparentemente banali quesiti, posti con un misto di furbizia e nonchalance, lentamente, ma sistematicamente, mettono in crisi il “mondo perfetto” dei Birling, facendo venire a galla inconfessabili segreti che demoliscono le certezze dei membri della famiglia e ne mettono in crisi i rapporti. Ambientato in un periodo di fecondo progresso industriale, con i nuovi potenti imprenditori nel ruolo di “padri padroni” di una sterminata manodopera povera e poco protetta, questo testo di Priestley conduce una seria e spietata analisi in cui le ipocrisie della società “bene” si scontrano con il disagio dei ceti meno abbienti, destinati inevitabilmente a soccombere, almeno fino all’arrivo della Grande Guerra.

Il sottile gioco dell’autore è quello di scoperchiare una sorta di vaso di Pandora, rappresentato dalla patina di borghese apparenza dei Birling, per estrarne tutti i vizi segreti attraverso uno spietato interrogatorio che durerà per l’intera notte. Sembra quasi di assistere ad un film di Alfred Hitchcock, visto che il dramma si dipana attraverso una serie di colpi di scena, intesi a cambiare, di volta in volta, il nome del responsabile, mettendo a nudo l’intimità più segreta dei protagonisti in una sarabanda surreale e velenosa che pare non aver mai fine. Dunque un thriller psicologico, talvolta anche di difficile lettura, che richiede agli astanti concentrazione ed attenzione massima per seguirne i sottili passaggi, sospeso com’è tra la sfera soggettiva e quella sociale. È evidente come l’autore cerchi di portare in scena i vizi di certa umanità, incapace di ascoltare le altrui necessità e problematiche, piena com’è di autocompiacimento e di egoismo, e che si perpetra immutabile nel tempo: cambiano cioè le epoche, ma il potere e la ricchezza creano sempre la stessa tipologia di individui!

Se non ci soffermiamo al primo sguardo possiamo facilmente notare che si cerca, non tanto un colpevole, quanto piuttosto un responsabile morale (e del resto si parla non di un omicidio, ma di un suicidio), e che l’indagine condotta dall’ispettore Goole non sembra quella di un poliziotto ma di uno psicologo, volta a comprendere come il comportamento, le parole, gli atteggiamenti delle persone, possano indurre negli altri, magari in quelli più deboli e vulnerabili, effetti disastrosi. Gli scroscianti e convinti applausi di una platea gremita fotografano a pieno la riuscita di questo spettacolo. A noi, in conclusione, resta l’impressione di aver assistito al teatro più vero, quello cioè in cui ogni attore ha il giusto spazio per far mostra delle proprie capacità e per raccontare se stesso. Una citazione di merito particolare va a Paolo Ferrari, che conferma di essere, davvero, un autentico mostro sacro della scena teatrale nostrana.