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Un kafkiano a New York – Invito alla lettura di Roberto Vigevani “Diario, sogni, allucinazioni di Mansholt Levy”

Creato il 13 giugno 2015 da Idispacci @IDispacci

Un kafkiano a New York - Invito alla lettura di Roberto Vigevani "Diario, sogni, allucinazioni di Mansholt Levy"

Un kafkiano a New York – Invito alla lettura di Roberto Vigevani “Diario, sogni, allucinazioni di Mansholt Levy”

Tutto inizia con una premessa, la classica finzione letteraria del manoscritto ritrovato. E già ci strappa un sorriso. Si tratta di un diario di un paziente di un ospedale consegnato a un'infermiera in una busta chiusa perché l'impostasse.

"Poiché l'affrancatura risultava insufficiente e sulla busta c'era scritto soltanto: Franz Kafka, Praga, il medico di turno l'ha consegnata al servizio psichiatrico e di conseguenza a me personalmente per una perizia [...] Mi sono permesso di far pubblicare questo materiale nonostante tutto, perché a mio avviso contiene elementi utilissimi per la ricostruzione di una patologia che oggigiorno va diffondendosi in modo preoccupante. La sua pubblicazione mi sembra quindi rivestire un particolare interesse scientifico".

Entriamo nella vita di un uomo di mezza età, ebreo, sposato con due figli, di nome Mansholt Levy. Leggiamo dal suo punto di vista turbamenti, illusioni, delusioni, speranze, tattiche e sconforto, ma anche genio creativo, sogni e allucinazioni. Tutto si mantiene su un tono medio - è la mediocrità della borghesia intellettuale degli ebrei newyorkesi (sebbene a quanto pare Vigevani non sia mai stato a New York). Lo stile della scrittura è tale che invita il lettore alla riflessione (o al riconoscimento?) attraverso il riso amaro; il senso di grottesco che emerge dalle sue vicende sembra sempre lasciato in sospeso, non spinto alle estreme conseguenze. Mansholt Levy è infatti un uomo medio integrato, talmente integrato da potersi concedere qualche stravaganza, come lo scambio di coppia che simbolicamente causerà il tracollo della propria condizione matrimoniale. Che cos'è un borghese? Se in un romanzo come "Io e lui" di Moravia abbiamo l'aspirazione del piccolo borghese, l'artigiano della sceneggiatura cinematografica che aspira al ruolo pienamente borghese della regia, qui abbiamo un'altra storia: una degenerazione, una decadenza. Ma non si tratta di un tracollo buio ed esistenzialista. Il protagonista assomiglia ad una goccia di pioggia sul vetro che per forza di gravità scivola lentamente verso il basso, disegnando curve imprevedibili determinate dall'attrito di invisibili particelle di polvere. Estetica della decadenza. Il suo destino è noto sin dall'inizio, e l'Autore non ne fa mistero: è il diario di un paziente psichiatrico. Quel che è interessante è il modo, il funzionamento di questa psicopatologia di esaurimento. Chi leggerà questo romanzo breve e delizioso troverà esperienze comuni accanto a meditazioni non molto comuni. C'è del genio nella patologia, c'è del riso tra gli schiaffi che la vita infligge a chi ha osato credere che la condizione oggettiva non fosse sufficiente. Una tracotanza tragica, ma non per eccesso di sensualità (come in Edipo). Qui la tracotanza sembra essere tutta sociale, fatta di riconoscimenti e di disconoscimenti. E ci si mettono pure le congiunzioni astrali! L'astrologia, come ordine impersonale cosmico, svolge un ruolo normativo che dà fondamento ai codici di comportamento sociale. Un destino astrologico costituisce il fondamento del destino sociale a cui Mansholt Levy proverà ad affidarsi, a resistere, a combattere e a soccombere. L'astrologia con le sue previsioni rappresenta sul piano personale ciò che gli indici della borsa sono sul piano economico: un dato inequivocabile, capace di provocare catastrofi immani. Mansholt le proverà tutte, per trovare un po' di equilibrio in questo ordine cosmico che pare cospirare contro di lui. Inoltre Vigevani ci spiega che cos'è un matrimonio borghese e liberale: una girandola di occasioni di disperazione e genialità impotenti che per essere tollerata può assumere solo la forma di una narrazione (potenzialmente redditizia):

"Soffro tanto che se raccontassi tutto quello che provo mi verrebbe un romanzo. Chissà se i romanzieri sono per la maggior parte dei mariti traditi? Non è affatto bello che sia la sofferenza a costringere gli uomini a tirar fuori quanto di meglio hanno dentro, i casi sono due: o non è vero che tirano fuori il meglio, e si tratta in realtà del peggio, oppure gli scrittori sono masochisti. Raccontando la storia del tradimento di Dana questa estate potrei pagarmi un giro del mondo con la Jewish Globus Tours".

In queste parole cariche di un umorismo agrodolce, vediamo aleggiare lo spettro borghese del motivo economico. Del tutto assente il motivo pre-capitalistico, patriarcale e maschilista dell'umiliazione dell'onore del marito cornuto. Ha ragione "da vendere" (letteralmente) lo psichiatra che in apertura spiega e sostiene l'opportunità (implicitamente anche economica) della pubblicazione di questo diario. Se non per motivi scientifici, almeno per puro intrattenimento e sollazzo borghese.


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