Dopo il plebiscito del 1866, però, qui sull’Altipiano è cambiato tutto e ora i passaggi facili sono controllati dalle regie guardie di Finanza.
Quando un giorno Tönle Bintarn sta ritornando a casa con un carico in spalla sente un altolà che lo sorprende e subito si mette a correre verso casa: è troppo vicino ormai, sa di potercela fare. Trova però una seconda guardia che gli blocca la strada, lo afferra per un braccio e sta quasi per immobilizzarlo. Allora Tönle si svincola e, impaurito, lo colpisce a caso col bastone. Mentre scappa, da lontano, sente che le due guardie gli gridano di fermarsi perché l’hanno riconosciuto, perché sanno chi è. Ora Tönle non ha altro da fare che darsi alla macchia e vivere nascosto al suo stesso mondo.
Storia di Tönle, pubblicata la prima volta da Einaudi nel 1978 è la prova della maturità artistica di Mario Rigoni Stern e racconta la montagna in un modo intenso e poetico come pochi altri libri.
La vicenda di Tönle, ambientata tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento (fino alla prima guerra mondiale), descrive una fase storica cruciale per questo angolo di mondo incastonato tra le montagne.
Rigoni Stern ha la rara capacità di avvolgere con la sua scrittura concreta ed efficace. Certo Storia di Tönle può apparire una storia lontana, passata nel tempo, che non ha nulla a che vedere con l’oggi. Eppure, leggendola, si comprende come non c’è cosa più viva e luminosa di un passato narrato: perché quel passato è nei nostri occhi, i quali sono fatti della sua stessa luce e della sua stessa ombra, e quindi niente è più presente.
Storia di Tönle è proprio un libro scritto con gli occhi. Scopriamo ovunque gli occhi di Rigoni Stern: lui vede da lontano, con lucidità e nitidezza. Vede ciò che non ha mai visto e noi scorgiamo tutto con lui, persino la forma delle venature di un larice o le piume della gola di un urogallo. Ma, alla fine, quando abbiamo afferrato e colto tutto insieme a lui, ci sembra di appartenere a quei suoi luoghi.
La realtà quotidiana di Tönle regala intense suggestioni. Se deve descrivere dei favi di un nido d’api o un’isolata e vecchia malga in pietra, Mario Rigoni Stern lo fa con la massima gioia, con una partecipazione assoluta, con una precisione stupefacente, come se al mondo, in quel momento, ci fosse solo quel soggetto da descrivere. Così ogni particolare minimo, sebbene eseguito con una leggerezza da miniaturista, diventa smisurato, e può occupare lo spazio di un affresco.