Un libro scritto con i nervi e col sangue

Da Consumabili

Non avevo mai parlato in pubblico prima di allora e avevo sempre temuto di ritrovarmi di fronte a degli intellettuali o a una folla di persone eleganti. Allora, mi buttai. Cominciai a ricordare la condizione delle donne, soprattutto in Cambogia, la mia vita, quella delle ragazze rinchiuse nei bordelli. Il detto popolare afferma che la prostituzione è il mestiere più antico del mondo e che si fonda su uno scambio: il piacere verso il denaro. Volevo smentire con tutte le mie forze quel tragico camuffamento della realtà, che nasconde la disperazione delle ragazze su cui si esercitano tremende violenze.
da "Il silenzio dell'innocenza", Milano, Corbaccio, 2006, p. 82
"Il silenzio dell'innocenza" di Somaly Mam è un libro che sconvolge, perché è uno di quei libri veri, scritti col cuore, con l'urgenza di riversarci la propria verità e la propria anima, anche la propria rabbia, anche il politically uncorrect. E' un libro scritto da una vittima dello sfruttamento e della violenza sessuale che ha deciso di riversare la disperazione dovuta al male subito nel salvare ragazze come lei e nel dar loro la possibilità di sanare le proprie ferite (ma guarire del tutto è impossibile) e di costruirsi un futuro.Proprio per la sua verità questo libro ti trasporta e ti immerge dritto in una realtà che generalmente sentiamo troppo lontana, come se - a torto - non ci riguardasse. Ti senti come se fossi stato sul posto e in un certo qual modo avessi conosciuto quei volti, quelle sofferenze, quelle vite ingiustamente spezzate.. Devo ammettere che ho pianto mentre lo leggevo e ho sentito ancora più forte l'urgenza di fare qualcosa.
La storia di Somaly Mam, per chi non la conoscesse, è quella di una ex vittima di tratta e prostituzione forzata nonché di innumerevoli stupri a partire dall'età di 12 anni, che ha messo su insieme al marito francese un'organizzazione partita con poco nel 1996 e che è poi diventata la più grande del sud-est asiatico che si occupi di questo problema:l'AFESIP. Questa organizzazione ha oggi sedi in Cambogia, Vietnam, Thailandia, Laos. Esiste inoltre la Somaly Mam Foundation, negli Stati Uniti, che mira a dare respiro internazionale alla lotta alla tratta. L'AFESIP Cambogia fornisce accoglienza, assistenza giudiziaria (che in Cambogia è difficilissima essendo un paese completamente corrotto in cui spesso la polizia copre gli sfruttatori e i giudici assolvono sistematicamente gli stupratori incolpando ragazze e bambine), possibilità di lavoro (sartoria, parrucchiere, lavoro nel campi), percorsi di reinserimento in famiglia e di rimpatrio per le ragazze straniere, specie vietnamite, percorsi di educazione sessuale per gli uomini.
Ovviamente non è tutto facile: gli operatori e Somaly Mam ricevono minacce quotidiane e nel libro si racconta anche di tanti fallimenti e in particolare dell'impossibile liberazione delle tante ragazze chiuse nei grossi bordelli, quelli frequentati dai politici di cui non si possono fare i nomi. L'eroismo di Somaly Mam colpisce tanto e lei stessa afferma che non potrebbe condurre una vita del genere per sua scelta se non avesse conosciuto sulla sua pelle cos'è l'inferno.
Trovo che sia importante leggere le parole di una vittima per capire questo fenomeno. E' difficile che queste ragazze parlino, come dice Somaly Mam, perché spesso non hanno studiato, perché sono provate e chiuse nel loro silenzio, perché si sentono finite e senza via d'uscita.
Questo libro dovrebbero leggerlo tutti, a mio parere. Pur se parla di luoghi lontani, di violenze particolarmente efferate - in un paese dove è realtà quotidiana la vendita ai bordelli delle bambine povere anche di 4-5 anni - a ben guardare ci si accorge che situazioni simili sono anche qui, nella nostra bella Italia che fa finta di non vedere ciò che accade alle tante ragazze nigeriane, moldave, rumene, albanesi, ecc.. spesso e volentieri minorenni vittime di tratta e di sfruttamento sessuale e di terribili violenze. L'Italia che tratta la prostituzione come un problema di decoro urbano oppure come regno delle libertà individuali degli "adulti e consenzienti "senza saper andar oltre l'apparenza.
Inoltre, non dimentichiamo i tanti italiani che proprio nel Sud-Est asiatico, Cambogia inclusa, ma non solo (anche America Latina, Europa dell'Est) si recano a fare turismo sessuale, facendosi complici di tutti questi orrori. Riporto qui un articolo su questo tema dove si sottolinea come solo in minima parte si tratta di veri e propri pedofili, al contrario di quanto si pensa generalmente:
http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2011/08/19/news/turismo_sessuale_il_mercato_delle_bambine_dal_sud_est_asiatico_all_america_latina-20607104/index.html?ref=search
Concludo dicendo che guardare in faccia l'orrore più profondo a cui può portare la concezione della donna come di un oggetto, del suo corpo e del suo sesso come una merce da cui trarre profitti, sia fondamentale per capire perché questa concezione vada combattuta in tutte le sue manifestazioni che non sono mai innocue, come a volte sembra. Trovo lodevole anche sotto questo aspetto qualsiasi battaglia venga condotta contro il sessismo - anche ad esempio le numerose campagne delle blogger sulla pubblicità sessista e sulla rappresentazione mediatica del corpo delle donne come oggetto sessuale. Il cambiamento vero - ne sono convinta - si gioca sul piano culturale, dell'educazione sessuale, oltre che ovviamente nella lotta per il miglioramento delle condizioni economiche e delle opportunità per le donne.

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