La prima vede il PD centrare un risultato storico dalla nascita della Repubblica ad oggi: mai un partito riformista e progressista aveva sfiorato simili percentuali, godendo tra l'altro di un bacino elettorale così ampio. Oltretutto l'esito delle Europee sanziona i Democratici in via definitiva quale forza supermaggioritaria e di Governo, traguardo impensabile, checché se ne dica, dopo decenni di conventio ad excludendum. Queste considerazioni sono amplificate se si considera che la percentuale de quo è espressione della forza elettorale di un solo partito e non di una coalizione.
Ciò avrebbe significato, in costanza di elezioni politiche nazionali, la certa formazione (uso un'espressione odiosa) di un governo monocolore PD.
Ripeto: mai nella storia della Repubblica. Ciò incarica il centrosinistra di un mandato trasversale che attinge a piene mani da tutte le categorie sociali, geograficamente ovunque collocate.
Queste considerazioni si fanno quasi trascurabili se si legge la portata del risultato italiano in Europa. Escluse Malta e Lettonia (dove Laburisti e Popolari raggiungono rispettivamente il 53% e il 46%) che, con il dovuto rispetto, hanno un peso specifico neppure paragonabile a quello Italiano, il PD è il primo partito dell'Unione percentualmente e, in termini di elettori nominali, il primo in assoluto. Il secondo dato da considerare è l'indiscutibile affermazione delle forze centrifughe, cosiddette euroscettiche. Affermazione consumatasi non solo nel sui generis Regno Unito ma soprattutto nella eurofondatrice Francia. Che significa tutto ciò? Significa che l'Italia ha una responsabilità enorme. Paradossalmente il Paese che aveva destato le maggiori preoccupazioni per la stabilità dell'Unione ne diventa il baricentro politico, insieme (paradosso nel paradosso) alla Germania di Angela Merkel, dove l'europeista Cdu si piazza molto bene. Il PD di Matteo Renzi ha dato un contributo cruciale in termini di seggi alla, quasi certa, formazione di una grande coalizione e ciò gli conferisce un potere contrattuale spendibile su una molteplicità di fronti. Spetta ora all'Italia, profittando del semestre di presidenza, trainare l'Unione verso un porto sicuro da cui ripartire insieme alle grandi forze europeiste. Diversamente i facili vitelli d'oro portati in trionfo dai populismi rischiano di annebbiarci la vista e impedirci il cammino.
Un'ultima parola su Matteo Renzi segretario di partito. Da renziscettico, scusate il neologismo, non posso non riconoscerne il merito già storico. È stato capace di ristrutturare e rendere finalmente fruibile il centrosinistra italiano, attendendo alle ambizioni per cui esso nacque nel non lontano 2007 (chi asserisce il contrario sa di mentire). Per questo e per mille altri motivi di cui non parlerò, chapeau!
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