Un matrimonio da favola
Creato il 14 aprile 2014 da Veripaccheri
Un matrimonio da favola
di Carlo Vanzina
con Giorgio Pasotti, Ricky Memphis, Stefania Rocca
Italia, 2014
genere, commedia
durata, 91'
Una filmografia sterminata, e la capacità di gestire al meglio i mezzi
di produzione. I fratelli Vanzina più che un nome sono il marchio di
fabbrica di un cinema capace di attraversare un quarto di secolo
rimanendo indenne all'usura del tempo e all'ostilità di chi puntualmente
evidenzia l'opportunismo e la scaltrezza dei loro lavori. Da una parte
il pregio di aver fidelizzato lo spettatore, proiettandolo sullo schermo
con i vizi e le virtù che gli appartengono, dall'altra il contraltare
di lungometraggi seriali e uguali a se stessi, nonostante l'eterogeneità
delle forme utilizzate.
In questo caso "Matrimonio da favola"
non fa eccezione, confermando una delle regole della casa, e cioè quella
di assecondare gli umori del momento, sintonizzandosi con la voglia di
dimenticare, almeno in sala, qualsiasi riferimento alle cronache di un
quotidiano avaro di soddisfazioni. La bolla d'aria esistenziale è
offerta manco a farlo apposta dal concentrato di buonismo italico
(comprensivo quindi di simpatici difetti) rappresentato dal gruppo
d'amici che dopo lunga lontananza si ritrova per celebrare il matrimonio
di uno di loro. Il "grande freddo" più volte utilizzato lascia presto
spazio alle beghe del momento, che, per ognuno di loro, ha a che fare
con prospettive sentimentali agitate da malcelate insoddisfazioni.
Gelosie, incomprensioni e la tendenza maschile al tradimento diventano
presto il motore di una commedia tradizionale, con gli opposti
schieramenti, formati da uomini e donne, a darsi battaglia senza
esclusione di colpi. A fare la parte del leone sono i primi,
rappresentati secondo una virilità declinata in tutte le sue
manifestazioni - a un personaggio come Luca, implacabile womanizer
i Vanzina antepongono Alessandro, omosessuale e convivente con un
compagno gelosissimo - ma comunque condizionata da una sessualità che fa
capolino nelle occasioni più svariate: da quella classica, con marito
fedifrago e amante gabbata da sublimi menzogne, subito doppiata
dall'addio al celibato consumato in una dimensione boccaccesca e un poco
equivoca, ad altre che strizzano l'occhio a un cinema sofisticato e
misterioso, con rendez-vous avvolti nella suspense, come quello che a metà della storia rischia di far "saltare" il banco, mettendo a rischio il matrimonio
Con
la volontà di staccare la spina a ogni tipo preoccupazione, i Vanzina
organizzano uno spettacolo a metà strada tra la favola e la farsa, con
il sogno d'amore tra Andrea (Ricky Memphis) e Barbara, proposto in una
versione a parti invertite di "Pretty Woman" (lui è il novello
cenerentolo di cui si innamora l'affascinante figlia di un banchiere
svizzero), continuamente interrotto dalle contraddizioni delle coppie
che li circondano, sempre pronte a far cagnara pur di far tornare i
conti. Per riuscirci regista e sceneggiatore immergono i personaggi in
un paesaggio fuori dal tempo - la vicenda si svolge a Zurigo ma le locations
sono prese in prestito dall'Austria, con breve escursione in una
Venezia romantica e notturna - e con un avvicendamento di non-luoghi che
vanno dall'hotel a 5 stelle dove i nostri sono alloggiati, a quelli
della vacanza e del divertimento individuati negli spazi del castello in
cui si svolgono i preparativi che precedono la festa.
Un quadro
che farebbe pensare al format natalizio di cui i Vanzina sono stati i
precursori ("Vacanze di Natale", 1983), e che, a dire il vero, la
coralità della vicenda, con il ricorso a volti prelevati sull'onda della
notorietà televisiva (Paola Minaccioni, Max Tortora), in parte ricorda.
Ma questa volta a fare la differenza in positivo sono due aspetti: il
primo è la messa a punto di una sceneggiatura che pur cavalcando il
luogo comune si presenta meno frammentaria del solito, con sequenze
realizzate in un'ottica che tiene conto dello sviluppo narrativo della
storia, e per questo non finalizzate all'urgenza di sfoderare la
battuta folgorante. E poi, da una messa in scena che, assecondando il
talento degli interpreti, tra cui ricordiamo Emilio Solfrizzi e
l'attivissimo Giorgio Pasotti, appare meno sciatta, e diremo quasi
elegante, pur all'interno della cornice di sicurezza rappresentata da
sequenze costruite nell'alveo di una riconoscibilità didascalica e
televisiva, alla maniera di certi telefilm americani degli anni 80
("Love Boat") in cui ogni cambio d'ambiente era preceduto da un establishing shot comprensivo di refrain
musicale. Alla fine dei conti si riesce a ridere senza sentirsi in
colpa e questo, per gli standard dei Vanzina, non è cosa da poco.
(pubblicata su ondacinema.it)
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