Per quello che riguarda gli album composti esclusivamente da cover il discorso è un po’ diverso. Nonostante anche essi abbiano una storia lunga, in genere non godono di buona fama e vengono spesso derubricati ad operazioni fatte per onorare obblighi contrattuali. Fatte determinate eccezioni (quasi sempre ad opera dei soliti nomi), in effetti si tratta in troppi casi dell’unica opzione possibile per gente oramai alla frutta. E qui veniamo a Danzig. Se gli album di cover hanno una cattiva nomea è anche a causa di cose come Skeletons. Se, come sembra, questa sarà l’ultima uscita firmata da Mr. Anzalone, si può dire che il nano malefico del New Jersey non poteva trovare maniera peggiore di congedarsi dal suo pubblico. Fatta salva la copertina, una riuscita rielaborazione del disco di cover di Bowie, e due/tre pezzi, c’è ben poco altro da salvare. Skeletons è un disco di una sciatteria assoluta, registrato senza la minima cura nei suoni e nell’esecuzione; non sono certo un talebano delle superproduzioni alla Tool (belle però, ogni tanto) ma parlare di “recupero dell’anima punk” davanti a tale lo-fi mi sa tanto di supercazzola, perché queste sembrano le registrazioni di una serata al karaoke. In fin dei conti questo è pur sempre il tizio che nel ’94 fece uscire Danzig IV, un album che ancora oggi, anche solo a livello di sound, è una cosa allucinante. Qui invece c’è una onnipresente chitarra a fischietto e delle vocals spompatissime che l’ultimo Dickinson al confronto fa un figurone. C’è davvero poco da salvare, le cose migliori sono i recuperi in chiave Misfits/Samhain di brani garage di era Nuggets (Devil’s Angels, Action Woman) e la cover di Elvis in cui però si gioca oltremodo in casa. Per il resto siamo messi abbastanza maluccio, soprattutto quando si rallenta un po’ e l’interpretazione dovrebbe fare la differenza (davvero terribile il finale romanticone svociatissimo). Con un po’ di impegno ne poteva uscire un ep caruccio, quello che ci ritroviamo in mano invece è un mezzo crimine. Inutile e dannoso.