Che gran libro che ha scritto Andrea Semplici, a mio parere uno dei più grandi giornalisti scrittori italiani di viaggio, sarà che per lui il viaggio non è mai solo viaggio, sarà che i suoi passi attraversano anche la storia ignorata e molti libri amati, sarà che il suo cammino è un bagaglio leggero con le poche cose che contano: curiosità, inquietudine, voglia di mettersi in gioco, fame di sguardi e di abbracci.
L'isola lontana dal mare, il titolo, uscito per Terre di Mezzo. E l'isola è Hispaniola, la prima terra delle Americhe toccata da Cristoforo Colombo, sipario spalancato sul Nuovo Mondo. Haiti da una parte, Santo Domingo dall'altra. Miseria e terremoto da una parte, miseria e spiagge bianche per turisti, dall'altra.
Solo che Andrea si spinge lontano dai posti dove è bello sedersi e sorseggiare un cocktail, accogliendo il respiro del mare. All'interno, dove si spalancano le piantagioni di canna da zucchero, dove si nascondono i batey, le baracche di chi ci lavora, universo chiuso di dolore, violenza, vite che si intrecciano e si sprecano.
Dalle navi negrerie alle rivolte, dai generali sterminatori a un presente dove la carne da lavoro non serve più, sembra non servire più, e anche le multinazionali sono più attente, più disponibili, più eque e perfino solidali, figurarsi, però i figli e i nipoti dei neri sono sempre lì, sempre aggrappati a un presente senza futuro.
Che libro, che ha scritto Andrea Semplici, accompagnato da Andrés, il vecchio raccoglitore di canna, e dalle parole di Garcia Marquez. Convinto, con la forza del cuore, che a queste stirpi condannate a cento anni di solitudine debba essere data una seconda opportunità.
E si può cominciare anche da un libro. Corridoio di luce nel folto delle piantagioni dello zucchero.