La sera del 31 ero via.
Lui ed io ci siamo concessi quattro giorni di montagna. Volevamo evadere dalla nebbia e vedere il sole, consapevoli che mai avremmo visto la neve (incontrata ieri, sulla via del ritorno).
Abbiamo trovato cielo terso, colori caldi e loro, le montagne rosa del tramonto e le stelle più belle della sera. Abbiamo gironzolato di qua e di là, camminato e lavorato. Sì, lavorato: lui su un progetto di lavoro ed io ad un nuovo paio di calzini (il gomitolo non deve mai mancare), conditi ogni giorno, con almeno un’ora d’inglese. Già, mi sono intestardita ad impararlo. Rettifico: voglio impararlo, ma con i miei tempi, con lui come guida e supervisore. Qui tutti sono anglofoni, tutti girano il mondo ed io, nella mia nuvola, fatta di sogni e gomitoli, alcune volte assomiglio ad una naufraga nel mare di progetti e conquiste più grandi di me. Ma voglio farcela…
Anyway… nei giorni di calma e silenzio, di ruscelli e cascate parzialmente ghiacciate, ho avuto modo di pensare – tanto – e di confrontarmi anche con lui. Abbiamo parlato, ci siamo tenuti per mano ed abbiamo riassunto il 2015 con parole quali: conquiste, avventure, fatiche, pianti, amici, soddisfazioni, calci nel di dietro (o nelle terga), sogni, menefreghismo, “tira e tasi” (cit. alpini), abbracci, macchina nuova (la sua), paura, guai (i miei da cui lui mi tira fuori), semplicità, gatto (forse un giorno), cane (forse un giorno), bimbo (solo Dio lo sa) e noi. Noi uniti, noi a litigare, noi e le mani, le mie, le sue, le nostre.
Ho letto i messaggi di auguri di tanti, ho ascoltato il Presidente della Repubblica e mi sono interrogata su come vorrei che fosse il nuovo anno. Mentre me lo domandavo, il 2016 è arrivato in una sera come tante. Una sera che – da aliena – ammetto di non aver mai capito. Nemmeno da ragazzina quando andavo alle feste solo per far piacere a qualche amica. Forse gli unici “festoni” che ricordo con nostalgia e divertimento genuino era quando da bimba mio fratello ed io venivamo lasciati dai nonni. Allora sì che tutto era diverso: si andava dalla Ebe, la vicina di casa e si giocava a tombola assieme alla Carolina con la televisione che ci aiutava a capire quando affettare il pandoro. Spiccioli e caramelle erano il bottino. Risate e coccole. Poi tutti a dormire ed il nonno, profumato di tabacco e berretto da notte incorporato, passava a darci la buonanotte nel lettone grande grande Quelli sono stati i capodanni più belli della mia vita. Poi, non so perché, tutto è cambiato. Forse sono cresciuta o forse la vita è mutata e si è portata via prima nonno, poi Marco e poi nonna.
Per me il 31 è una sera come un’altra.
Avrei voluto fare auguri ridondanti, magari in lingerie rossa e bottiglia di spumante in mano, ma a cosa servirebbero? Non è come si festeggia che rende un anno più bello. E’ ciò che si è e si ha nel cuore a fare la differenza. Sono le persone con le quali si decide di trascorrere momenti della nostra vita a renderla bella (o brutta :-) ) o, ancora, sono i nostri sogni a darci una marcia in più. E’ l’essere consapevoli e grati della ricchezza che si possiede a rendere tutto più luminoso.
Pertanto, in ritardo, lascio qui lo stesso augurio che ho lasciato qualche giorno fa sulla mia pagina facebook senza aggiungervi nulla:
“È che mai vorrei la sfera magica per sapere in anticipo cosa porterà il nuovo anno. Da sempre salterò nel buio allo scoccare della mezzanotte. E qualunque cosa ci sia dietro a quei numeri che s’affacciano sui calendari, mi auguro e lo auguro a tutti voi che vi sia sempre lo spazio per la famiglia, la salute, la gioia, l’amore ed i sorrisi. Mi e vi auguro d’avere e di mantenere la forza per sognare e per affrontare le salite che, immancabili, si frapporranno tra noi e le stelle. Buon anno amici e parenti. Buon 2016 a tutti!!!”
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