Un obbligato di corno francese, rammendare calzini nel cuore della notte e le metafore ardite

Da Juliekohler @brideinblack

Quando i Beatles hanno scritto Revolver avevano tra i ventitré e i ventisei anni, afferma Teresa senza alzare la testa dal libro.

Mi viene in mente quella canzone: For no one, così malinconica, con quell’obbligato di corno francese. Non ribatto, distratta dal ricordo o forse perché la battaglia mi sembra persa in partenza – con Teresa ogni battaglia è persa, a prescindere.

Tanto per dire, il libro lo ha preso a caso da uno dei miei scaffali e ora se lo sta leggiucchiando spaparanzata sul mio divano rosso. Naturalmente, continua imperterrita ad esprimere il proprio pensiero: Non puoi venirmi a dire che lui era troppo giovane. Che ti ha ferito perché troppo giovane e che anche tu alla sua età eri così e perciò è normale a ventiquattro anni non avere cura dei sentimenti altrui. Ti rammento che Paul Mc Cartney a ventiquattro anni ha scritto Eleanor Rigby.

Penso per un istante a Father McKenzie che si rammenda i calzini nel cuore della notte o almeno così mi pare che fosse. Tornando a Teresa, sarebbe corretto risponderle con un sempreverde madicheccazzostiamoparlando? ma so che il suo fine ultimo è quello di spronarmi a uscire da questo buco nero, quindi lascio che continui a farneticare a ruota libera: di Gabriele, dei Beatles, dei miei sentimenti, di qualsiasi associazione di idee – per quanto balzana – le stia già sfiorando la mente.

Il concetto che dovresti metabolizzare è che Gabriele è semplicemente uno stronzetto egoista e superficiale. E forte di questa certezza, dovresti uscire da questo cazzo di appartamento e tornare a frequentare noi che siamo i tuoi amici da sempre – o anche solo buttarti di nuovo nella mischia di una di quelle discoteche che frequentavi prima che lo stronzetto ti facesse perdere la ragione e il sonno. Teresa parla, è un fiume debordante di parole limacciose, e io mi sento come un pugile costretto sotto una tempesta di pugni.

Ti sei rintanata per mesi dall’altra parte del mondo, mandando solo ogni tanto delle mail, che a dirla tutta sembravano scritte sotto l’effetto di acidi.  Nessuno riusciva a capire perché cazzo Daniela sia tornata da sola e abbia permesso che tu restassi laggiù a tentare di  buttare nel cesso la tua carriera e crogiolarti nei tuoi supposti fallimenti, giocando a fare un Kerouac in andropausa.

Poi torni, senza avvisare nessuno; ti fai venire a prendere da Nico che probabilmente è l’unico a non aver capito un cazzo di tutta questa faccenda; passi i week-end a casa a guardare le repliche di The Walking Dead – che non è esattamente come guardare Tutti insieme appassionatamente – e salti le cene e le serate insieme a noi; ti fai vedere sporadicamente e ti metti a parlare fitto con Giorgio – hai occhi solo per lui – parlate di cinema politico degli anni ’70 e di registi sfigati che probabilmente conoscete solo tu, lui e i parenti dei suddetti registi. In tutto questo, mentre tu lo guardi come un bimbo guarderebbe un pasticcino, lui non si accorge di alcunché. E’ un puro di cuore, Giorgio. Non capisce il linguaggio degli esseri umani, figuriamoci quello della figa. Per lui, sei solo una ragazza gentile che lo trova simpatico. Punto. E quello stronzetto di Gabriele ti ha resa talmente insicura che non hai le palle di avvicinarti a Giorgio e dirgli: “Mi piaci e vorrei passare più tempo con te”. Hai paura del rifiuto. Di perdere anche quest’ultimo barlume che ha incrociato il tuo sguardo. Questa piccola perla che non puoi avere tra il catrame degli uomini che hai avuto.

Silenzio. Teresa – che più spietata di così non poteva essere, nonostante il nobile fine – si rimette a leggere il libro, ignorandomi deliberatamente. Sulla copertina verde c’è scritto Le ragioni della collera. Mi viene in mente quella poesia che finisce con Per di più ti amo, e fa tempo e freddo. Gli occhi verdi di Gabriele e i suoi ricci mi pungono il cuore. Davvero, voglio Giorgio? Davvero, Giorgio mi potrebbe salvare?

Terri, mi abbracci? domando. Lei posa il libro e apre le braccia. Appoggio la testa sulla sua spalla mentre lacrime in abbondanza mi disfano il volto. So che pensa che sono un pasticcio ma non dice niente. Anche io taccio ma continuo a pensare che fa tempo e freddo.



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