Le indagini del maresciallo Binda raccoglie i tre brevi romanzi scritti da Piero Colaprico con Pietro Valpreda (1933-2002).
Non li avevo mai letti, ma rammento i singoli titoli per chi volesse gustarseli, tutti assieme o uno alla volta: Quattro gocce d’acqua piovana, La nevicata dell’85 e infine La primavera dei maimorti.
Dirò subito la mia impressione principale: cheil duo abbia usato il format giallo come grimaldello per far accettare al lettore una sorta di romanzo storico leggero, che attraversa alcune fasi cruciali dell’evoluzione/involuzione del nostro Paese dalla fine del fascismo al ’68 agli anni 80.
Scrivo questo anche perché il lettore navigato si rende conto subito della semplicità dei rebus proposti, salvo forse nella terza storia, e della psicologia elementare dei personaggi, quasi sempre sbozzati e di maniera.
Il linguaggio è piano, scorrevole, come ci si aspetta da un buon giornalista di mestiere quale è Colaprico, specializzato in cronaca nera e giudiziaria, tuttora leggibile su Repubblica e autore, fra l'altro, del termine Tangentopoli.
Peccato per i dialoghi, spesso pesanti e retorici, al limite dell’inverosimile; nessuno parla così con sua moglie, o con un amico, e anche l’uso del dialetto milanese – in sé una splendida idea – è appesantito dalla continua traduzione che il successivo esempio di Camilleri ci ha dimostrato essere del tutto superflua, oltre a togliere pathos.
Tuttavia io li ho trovati splendidi, di molto superiori a certi complicatissimi gialli e noi, sia nostrani che stranieri, letti negli ultimi anni.
L’atmosfera, infatti, quel pulviscolo inafferrabile e irripetibile che nessuno ti può dare se non ce l’hai, Valpreda e Colaprico, miracolosamente, ce l’hanno e riescono a trasmettercela tutta.
È l’atmosfera di chi è di Milano, di chi Milano non l’ha bevuta ma l’ha respirata nelle sue strade e nelle sue mostruosità edilizie, faticando, vivendo, subendo (ricordo che Valpreda, esponente anarchico di spicco, fu arrestato e ben presto scagionato per la strage di Piazza Fontana; pochi giorni dopo moriva Giuseppe Pinelli, con le conseguenze che tutti sappiamo). L’atmosfera colta anno dopo anno e decennio dopo decennio da chi ha visto la cosiddetta capitale del Nord rialzarsi dalla guerra, ricostruirsi, ingrandirsi fagocitando periferie e natura, e infine disfarsi moralmente, socialmente e politicamente in un pantano nel quale tuttora sguazza, assieme al resto del Paese.
Si indignano come un Tacito e un Sallustio d’altri tempi, i due autori.
Non possono farne a meno, e anche se sorridiamo di certe loro ingenuità, di certe parentesi storiche atte a spiegare al lettore distratto cosa stava succedendo in Italia, mentre il maresciallo dei Carabinieri Pietro Binda indagava su strani casi di morti misteriose.
E quindi romanzo giallo, sì, ma fino a un certo punto; le cose che premevano ai due sono tutt’altre. Tanto che Colaprico ha poi continuato da solo, scrivendo altri due gialli su Binda e altri ancora senza di lui.
Scrivendoli, immagino, con una punta di malinconia, ma anche donandoci in questa edizione un’imperdibile prefazione a ciascuno di questi tre romanzi, in cui racconta la genesi, i dubbi stilistici, le false partenze, le idee scartate e quelle vincenti che portarono lui e Valpreda a scriverli, nonostante la malattia del secondo e fino alla sua morte, con tanto di funerale laico al circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa” accompagnato dalla banda musicale.
Piero Colaprico e Pietro Valpreda
Le indagini del maresciallo Binda
Rizzoli, 2008