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Un paese di "male-educati": le dimissioni dalla direzione del Corsera di Ferruccio De Bortoli

Creato il 30 aprile 2015 da Tafanus

Stamattina, nonostante le decine di rassegne-stampa e talk-show che affliggono le nostre albe, ho dovuto attendere fin oltre le nove per sapere delle dimissioni di Ferruccio De Bortoli dalla direzione del "maggior quotidiano italiano", il Corriere della Sera.

Da quando esistono i quotidiani, la notizia delle dimissioni del Direttore di un grande quotidiano è, tradizionalmente, una notizia accompagnata da un editoriale messo in grande evidenza in prima pagina. Un editoriale a volte polemico, a volte meno, del direttore uscente.

Non questa volta. La notizia non è arrivata in TV fin oltre le nove del mattino, perchè le rassegne-stampa (fotocopia una dell'altra) mostrano solo la prima pagina dei quotidiani. Quindi se l'arroganza e la mala-educazione degli "editori di riferimento" (nel nostro caso il gruppo Agnelli-Marchionne in primis, e a seguire il gruppo Montedison - il tutto manovrato da Mediobanca) decidono stupidamente di tenere la notizia seminascosta, basta "nasconderla a pag. 7 del cartaceo, dove le rassegne-stampa TV non arrivano mai.

Tentativo non solo maleducato, ma assolutamente stupido, perchè il risultato finale è esattamente l'opposto rispetto a quello desiderato. Oggi, infatti, le persone avvertite trovano più rumoroso il tentativo di sminuire le dimissioni di Ferriccio De Bortoli, che non le dimissioni stesse (delle quali peraltro si "sussurra" da circa nove mesi).

E' chiaro fin dall'inizio del renzismo che l'autonomia di giudizio di De Bortoli avrebbe difficilmente trovato un modus-vivendi col renzismo peloso degli Agnelli e dei Marchionne. Il motto di Casa Agnelli è sempre stato: "Noi siamo governativi per definizione". Lo sapevamo, anche senza che gli Agnelli ce lo dicessero. E De Bortoli purtroppo non è "governativo a prescindere". E' uno che pretende ancora di capire, e persino di criticare.

Un ulteriore esempio di pessimo giornalismo arriva anche dalla versione online del Corrierone ex-P2. Ci saremmo aspettati di trovare la notizia che il cartaceo aveva nascosto a pag. 7, almeno nella home-page di Corriere.it, in "first scroll" (cioè - per i non addetti ai lavori - nella parte alta della home-page, visibile senza bisogno di "scendere" in altre schermate. Non è stato così. E per documentarlo, pubblichiamo lo screen-shot del "first-scroll" della home-page odierna del corriere.it:

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Home-page Corriere.it, first scroll
paese

Chi riesce nell'impresa, vince una bambolina di pelouche... A me non appare neanche come una grande, educatissima genialata la vignetta di Giannelli che è inserita nell'occhielo: godetevela, se potete...
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Secondo scroll

Come ognuno può constatare, nella parte immediatamente visibile della home-page non c'è alcun riferimento alle dimissioni di Ferruccio De Bortoli. Il titolo d'onore (iol primo) è dedicato al "trionfo" del Renzino che incassa la fiducia. Il secondo ai cattivoni che vogliono rovinare la festa dell'Expò; il terzo ai "Mille Ministri" che da tutto il mondo arriveranno per rendere omaggio al fagiolo borlotto.

Per trovare un riferimento alle dimissioini di De Bortoli, dobbiamo scendere nel sito, e troviamo uno "strillino" che solo un occhio allenato e attento riesce a trovare. Pubblichiamo questa sezione con la stessa larghezza dedicata alla foto di cui sopra:

Lo "strillino" dedicato a De Bortoli è quello in basso a sinistra. Per realizzare che si sta parlando di dimissioni, si dev'essre capaci di individuare l'occhiello evidenziato:

Ma forse è il caso di passare alla pubblicazione di un ampio stralcio della lettera di De Bortoli, perchè sono certo che fra pochi giorni sarà introvabile persino nell'archivio del Corsera...

Il bilancio di questi anni di direzione: risultati e prospettive - Il saluto di Ferruccio de Bortoli ai lettori del Corriere della Sera "I giornali devono essere scomodi" "Via Solferino è una meravigliosa comunità civile. Un confronto continuo di idee" (Fonte: Ferruccio De Bortoli, Corriere.it )
Devo ai lettori del Corriere, una meravigliosa comunità civile, un piccolo rendiconto della mia seconda direzione. Ho avuto l'onore di guidare questa straordinaria redazione per dodici anni complessivi. Un privilegio inestimabile. All'editoriale Corriere della Sera fui assunto, giovanissimo praticante, la prima volta nell'ottobre del '73. La proprietà era ancora Crespi. I Rizzoli sarebbero arrivati l'anno dopo. Il Corriere era stato il mio sogno giovanile, è diventato la mia casa, la mia famiglia. Il rapporto di lavoro con gli editori pro tempore si conclude oggi, come è ormai noto da nove mesi. Il legame sentimentale con il giornale era e resta indissolubile.
Nell'aprile del 2009, al momento di assumere la seconda direzione, scrissi che il Corriere - lungo il solco della sua tradizione liberaldemocratica - ambiva a rappresentare "l'Italia che ce la fa". Credo che vi sia riuscito perché è stato indipendente, aperto e onesto. Ha svolto il ruolo che compete a un grande organo d'informazione, orgoglioso dei suoi valori e di una storia di ormai 140 anni. Ha dato spazio e rappresentatività a un'Italia seria, laboriosa, proiettata nel futuro e nella modernità. Il Corriere non è stato il portavoce di nessuno, tantomeno dei suoi troppi e litigiosi azionisti. Non ha fatto sconti al potere, nelle sue varie forme, nemmeno a quello giudiziario. Ha giudicato i governi sui fatti, senza amicizie, pregiudizi o secondi fini. E proprio per questo è stato inviso e criticato. Chi scrive ha avuto lunghe vicende giudiziarie con gli avvocati di Berlusconi, con D'Alema e tanti altri. Al nostro storico collaboratore Mario Monti - che ebbe, per fortuna dell'Italia, l'incarico dal presidente Napolitano di guidare il governo - non piacquero, per usare un eufemismo, alcuni nostri editoriali. Come a Prodi, del resto, a suo tempo. Pazienza.
Del giovane caudillo Renzi, che dire? Un maleducato di talento. Il Corriere ha appoggiato le sue riforme economiche, utili al Paese, ma ha diffidato fortemente del suo modo di interpretare il potere. Disprezza le istituzioni e mal sopporta le critiche. Personalmente mi auguro che Mattarella non firmi l'Italicum . Una legge sbagliata.

Ad alcuni miei - ormai ex - azionisti sono risultate indigeste talune cronache finanziarie e giudiziarie. A Torino come a Milano. Se ne sono fatti una ragione. Alla Procura di Milano si sono irritati, e non poco, per come abbiamo trattato il caso Bruti-Robledo? Ancora pazienza. L'elenco potrebbe continuare.
Con il tempo, cari lettori, ho imparato che i giornali devono essere scomodi e temuti per poter svolgere un'utile funzione civile. Scomodi anche quando sono moderati ed equilibrati come il Corriere . La verità è che i bravi giornalisti spesso ne sanno di più di coloro che vorrebbero zittirli. In questo Paese, di modesta cultura delle regole, l'informazione è considerata da gran parte della classe dirigente un male necessario. Uno dei tanti segni di arretratezza. Piaccia o no, le notizie sono notizie. I fatti sono i fatti, anche quando smentiscono le opinioni di chi scrive. E le inchieste sono un dovere civile, oltre che professionale. Perché le democrazie si nutrono di trasparenza e confronto, di attenzione e rispetto. Dove c'è trasparenza c'è riconoscimento del merito, concorrenza e crescita. Nell'opacità si regredisce. Una società democratica non deperisce solo se ha un'opinione pubblica avvertita e responsabile, alla quale - come diceva Luigi Einaudi, collaboratore del Corriere e presidente della Repubblica - devono essere forniti gli ingredienti utili per scegliere. Non solo nelle urne ma nella vita di ogni giorno. Conoscere per deliberare. L'opinione pubblica, architrave di una democrazia evoluta, è composta da cittadini con spirito critico non da sudditi che se le bevono tutte. E le opinioni vanno rispettate. Tutte [...]
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