L’iniziativa popolare rientra a pieno titolo dell’iter legislativo, la prevede la Costituzione. Previa raccolta di 50.000 firme, può essere portata in Parlamento la richiesta di promulgare una legge o modificarne una in vigore. Peccato che il Parlamento negli ultimi anni si sia chiuso in sé stesso, diventando autoreferenziale.
Nella XVI legislatura, quella appena conclusa, sono state presentate ai parlamentari 28 leggi di iniziativa popolare. Ma solo una è diventata effettivamente legge, seppur con grandi modifiche. Un Parlamento completamente scollato dal popolo. 15 sono state assegnate alle Commissioni competenti senza mai essere discusse, 9 hanno iniziato l’esame e lì si sono impantanate, una non è stata assegnata.
Quelle cassate, o meglio impelagate nelle Commissioni, non erano affatto proposte bislacche o di nicchia, bensì riforme che poi sono entrate a pieno titolo nella campagna elettorale, quando c’erano ben cinque anni per portarle a casa.
È affondata la riforma della legge elettorale e la questione degli impresentabili. UIn disegno di legge di iniziativa popolare, presentato all’ufficio di Presidenza il primo giorno della legislatura, impegnava il Parlamento a riformare i criteri di candidabilità ed eleggibilità, decadenza e revoca del mandato. Cinque articoletti snelli. Il testo è passato il giorno successivo al Senato e poi assegnato alla commissione Affari Costituzionali. Ma poi viene rimpallato e si blocca.
Stessa sorte è capitato ad un disegno di legge che chiedeva almeno il ripristino delle preferenze: si poteva fare in due minuti, non sarebbe cambiato il mondo. Ma niente.
Altre proposte che hanno subito lo stesso destino riguardavano la revisione del sistema di riscossione e di Equitalia, l’introduzione del salario sociale, la difesa dell’acqua pubblica, il sostegno economico ai comparti delle energie rinnovabili, della ricerca, dell’istruzione. Tutte cose di buon senso.
L’unica proposta effettivamente promulgata è quella diventata la legge 96/12 con cui sono stati dimezzati i contributi pubblici in favore dei partiti. Il testo originale parlava di abrogazione e non riduzione a dire il vero, ma almeno è già qualcosa.
Fonte: Il Fatto Quotidiano