Oggi, 27 settembre, è l’Earth Overshoot Day. Secondo i calcoli del Global Footprint Network, l’umanità ha consumato tutte le risorse per il 2011 che la Terra sarebbe riuscita a rigenerare. Ora come ora, siamo in debito.
L’Earth Overshoot Day misura la differenza tra la domanda ecologica sostenibile e quella richiesta dalle attività umane. Il bilancio, però, è in rosso: viene utilizzato più di quanto il globo riesca a riprodurre naturalmente. È andata leggermente meglio dello scorso anno, dove l’ora x era scattata con un mese d’anticipo.
Il Global Footprink Network lo calcola ogni anno dividendo la biocapacità mondiale per l’impronta ecologica, , vale a dire il consumo di risorse, di 150 paesi e moltiplicando il risultato per 365. Dal 1970, l’umanità ha iniziato a superare la soglia critica prima della fine dell’anno. Di questo passo, entro il 2050 saranno necessari due pianeti per soddisfare la domanda di risorse.
Il deficit comporta gravi squilibri per il pianeta: il numero di alberi che cresceranno sarà minore di quelli tagliati, i pesci pescati saranno più di quelli nati, si preleverà acqua da falde non più capaci di ricaricarsi, qualche specie rischierà l’estinzione, si riempirà l’atmosfera di anidride carbonica non più ricevibile dai mari o dalle foreste, la terra sarà meno produttiva.
Ma il superamento della barriera per così tanti anni di fila ha causato anche effetti a lungo termine. Variazioni climatiche impreviste o accelerate hanno provocato sconquassamenti importanti: 16 isole nel Pacifico e nell’Oceano Indiano sono scomparse definitivamente sott’acqua, il permafrost in Siberia e in Alaska si sta sciogliendo con un anticipo di trent’anni, il lago africano Ciad è ormai prosciugato, così come l’Aral.
Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF, spiega il tutto con una similitudine:
Oggi estraiamo e utilizziamo circa 60 miliardi di tonnellate di materie prime l’anno: è il 50% in più rispetto a 30 anni fa. È come se mettessimo in circolazione ogni anno 40 miliardi di automobili che per essere parcheggiate richiederebbero uno spazio delle dimensioni di Italia e Austria messe insieme. Ogni essere umano utilizza in media oltre 8 tonnellate di risorse naturali l’anno, 22 chili al giorno. Se si includono i materiali di estrazione inutilizzati, il conto sale a 40 chili pro capite al giorno.
Mathis Wackernagel, presidente del Global Footprint Network, puntualizza:
Se vogliamo mantenere la società stabili e vivere bene non possiamo più sostenere un deficit di bilancio sempre più ampio tra ciò che la natura è in grado di fornire e quanto le nostre infrastrutture, economie e stili di vita richiedono. Se la limitazione delle risorse si rafforza ancora, sarà come tentare di risalire su una scala mobile che scende.
Una possibile ancora di salvataggio è la tecnologia che può permettere di fare di più con meno risorse, anche se la via è ancora lunga.
Gli esperti sono d’accordo su una riforma dello stile di vita. Ancora Wackernagel:
Dobbiamo approfittare di questa crisi profonda dell’economia per ricostruirla in modo più sano e duraturo. Un recupero di lungo termine avrà successo solo se avviene contemporaneamente a una sistematica riduzione della nostra dipendenza da risorse che sono limitate. Cambiare rotta è possibile, ma è un percorso che dobbiamo cominciare subito.
Roberto Brambilla, della Rete Lilluput:
Spingere sul miglioramento tecnologico è necessario e in particolare l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili giocheranno un ruolo fondamentale. Ma non possiamo pensare di vincere questa partita senza intervenire anche sugli stili di vita. Prendere l’autobus al posto della macchina una o due volte in più a settimana, ridurre il consumo della carne, sostituire lo spostamento materiale con lo spostamento di informazioni sul web sono tutti modi per migliorare la nostra vita alleggerendone l’impatto ambientale.
Juan Carlos Morales, direttore del Research and Standard:
Fornire un buon tenore di vita alla gente di tutto il Pianeta è certamente possibile. Ma non sarà possibile utilizzando intensamente le risorse secondo i modelli di sviluppo e crescita che abbiamo avuto fino a oggi. Questo significa trovare nuovi modelli di progresso e prosperità che limitino la domanda sul patrimonio ambientale. Ciò significa anche mantenere le risorse che abbiamo come una fonte di continua di ricchezza piuttosto che come produttrici di denaro veloce.
Fonti: Global Footprint Network, Repubblica, Accademia Adkronos, Villaggio Globale.