Un po’ di Phastidio per la sovranità monetaria

Creato il 11 luglio 2013 da Keynesblog @keynesblog

Mario Seminerio, autore del blog phastidio.net, è un acuto e intelligente osservatore dei fatti economici. Anche ai migliori può tuttavia capitare di spingere l’acceleratore un po’ troppo per il gusto della polemica e, così, finire fuori strada.

E’ accaduto in uno degli ultimi post, nel quale Seminerio critica quanti insistono sugli effetti taumaturgici della “sovranità monetaria”. Secondo l’economista, i dati sul “credit crunch” in Gran Bretagna, paese che non fa parte dell’euro e gode appieno della sovranità monetaria, dimostrano che le cose sono molto meno semplici di quanto spesso capita leggere sul web:

“Quindi abbiamo un paese monetariamente sovrano, che utilizza una politica monetaria non convenzionale e (in aggiunta) controlla una parte importante del credito nazionale, che si trova alle prese con un problema di credit crunch. Qualcosa non torna, non trovate? Eppure, sarebbe così facile stampare moneta al grido “riprendiamoci la sovranità monetaria!”, e lanciarla al popolo affamato, causando un boom senza precedenti. Il fatto stesso di disporre di banche nazionalizzate dovrebbe facilitare il compito, no? Orsù, si presti al popolo dolente, senza indugio! Eppure non accade. Strano. Davvero strano. Quanto è disfattista, a volte, questa maledetta realtà.”

Ora, Seminerio ha ragione nella misura in cui tenta di smontare l’idea che la sovranità monetaria sia la soluzione per qualsiasi problema economico e che basti avere la capacità di “stampare moneta” per assicurare la crescita economica. Questo leit-motiv è diffuso ampiamente in Rete e si comprende perciò il “phastidio” da parte di chi tenta seriamente di spiegare l’economia. Tuttavia il ragionamento di Seminerio manca il bersaglio, non cogliendo il punto fondamentale per il quale la mancanza di sovranità monetaria è davvero un problema.

Al di là dell’andamento dell’economia, infatti, spicca immediatamente la differenza tra Gran Bretagna (ma anche USA e Giappone) e i paesi dell’Europa periferica: nessuno parla di un possibile imminente fallimento del Tesoro di Sua Maestà. Né qualcuno può davvero credere che gli Stati Uniti stiano per fallire. Riguardo al Giappone, pur tra mille difficoltà e contraddizioni, il Paese del Sol Levante continua e continuerà ad essere solvente.

Eppure le analogie tra Spagna, Portogallo, Italia, Irlanda e Grecia da una parte e questi tre paesi sono numerose. Spagna e Irlanda hanno sofferto per lo scoppio della bolla immobiliare come gli USA; tutti i paesi periferici hanno dovuto, in certi casi in misura davvero enorme, intervenire per salvare le banche, esattamente come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna; a causa di ciò i debiti pubblici tanto dei paesi periferici dell’Eurozona quanto di USA e UK sono cresciuti velocemente, mentre il Giappone già da tempo ha battuto ogni record.

Ma di crisi dei debiti sovrani si parla solo per l’Eurozona. Come mai? La risposta è proprio nella definizione di debito sovrano: quella parte di debito pubblico contratto in una valuta estera. Nel caso dei PIIGS è il 100% del debito pubblico. La BCE, in base ai Trattati, non può monetizzare i debiti dei paesi membri dell’Eurozona, né “garantire” la loro solvibilità, come lo stesso Draghi ha precisato anche recentemente. L’Unione Monetaria soffre quindi di un grave difetto di natura istituzionale che nessuno pare voler risolvere né nel senso del “più Europa” (basti guardare le resistenze tedesche sugli eurobond e su una vera unione bancaria, ma gli esempi occuperebbero un intero altro articolo) né in quello del “meno Euro”. Questo limbo di una moneta senza uno stato e di stati senza una propria moneta tiene l’Eurozona sull’orlo della rottura da 3 anni [1].

Viceversa, mentre Stati Uniti, Regno Unito e Giappone si trovano di fronte a grandi problemi economici, per lo meno non hanno sulla loro testa anche la spada di Damocle del finanziamento del loro debito pubblico e possono, se vogliono, produrre grandi deficit senza problemi seri. Anzi, per molto tempo questi tre Stati si sono trovati nella condizione di potersi finanziare ad interessi bassissimi e in termini reali addirittura nulli o negativi, una situazione esattamente opposta a quella dei paesi deboli europei che ogni giorno devono sottoporsi agli umori dei mercati finanziari, i quali pretendono interessi elevati. Di per sé ciò non basta, è chiaro: se il governo decide di tagliare la spesa e/o aumentare le tasse come hanno fatto la Gran Bretagna e gli USA appena dopo un anno di “stimoli” keynesiani, non ci si può attendere nessun miracolo. Ma qui entriamo nelle scelte politiche e non nei vincoli economici.

E’ bene criticare la tanta faciloneria profusa sulla Rete su questi argomenti. Noi stessi abbiamo mostrato, parlando dell’Islanda, come in determinate condizioni (che difficilmente sembrano soddisfatte se guardiamo ai paesi dell’Eurozona) persino uno stato dotato di sovranità monetaria possa fallire a causa della liberalizzazione finanziaria. Ma una volta sgombrato il campo dalla propaganda, alcune verità rimangono sul tavolo e sono essenziali per capire cosa sta accadendo in Europa.

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[1] Chi volesse approfondire lo stretto legame tra moneta e stato può leggere il nostro recente articolo di critica della Teoria delle Aree Valutarie Ottimali.


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