Da dove iniziare? ah ok: c'era una volta una giovane regina, Carolina Matilde, sposata a un sovrano timido, sciocco e dalla mente fragile, un giorno si innamora del medico personale del re, un tedesco dalle idee illuministe e con l'amore che pervade i loro cuori, i due amanti saranno tra i fautori di una rivoluzione che cambierà per sempre i destini di una nazione, la Danimarca.
Generalmente se non si è Stanley Kubrick (Barry Lindon) o a limite anche la non malvagia Sofia Coppola (Marie Antoinette), i risultati possono rivelarsi dal terribile al disastroso (in riferimento ad un film in costume), salvo piccoli accorgimenti da inserire nel plot. Casualmente ripenso al clamoroso turbinio di sgnaccherate in Elisa di Rivombrosa, cult irresistibile tra i pensionati d'Italia che, pur dovendosi sorbire un'oretta di inutili discorsi, dialoghi inframezzati da pubblicità, puntualmente arrivava in premio la trombatina scenica pre-finale di puntata che ti rimandava ovviamente a seguire il prosieguo la settimana successiva. Geniale.
Ma veniamo a noi, Royal Affair è il classico filmone storico il quale dichiaratamente vuole sfondare sul mercato internazionale mescolando, alla corte di Danimarca nella seconda metà del Settecento, amori e disamori regali, congiure di palazzo, complotti pubblici e privati, mentre dalla Francia arriva il vento che porta le idee dell’Illuminismo e scompagina i parrucconi di palazzo. Risultato? un megapolpettone che non ha nè capo nè coda, ridondante, palloso, noioso sotto ogni punto di vista, persino quello registico. Nikolaj Arcel, giovane regista trentenne pecca nel non voler osare, si limita ad utilizzare una regia scialba, troppo lineare, priva di intuizioni che avrebbero potuto dare un più ampio respiro alla trama. A sto giro ha alzato troppo il tiro, abbassa la cresta e non prendere esempio da Von Trier, di Lars c'è n'è uno ed uno solo! (e tra le altre cose non oso pensare dove abbia trovato il coraggio di produrre questa pallosità estrema).
Nikolaj Arcel