Un Ponte oltre i muri? Differenze tra centro e periferia

Creato il 18 luglio 2014 da Vesuviolive

Non credo sia casuale la scelta dei colori per certi posti nel Mondo. Crescendo in periferia, ad esempio, un bambino si abitua sin da subito a convivere con il grigio: Palazzoni grigio chiaro, Paletti grigio scuro, perfino le macchine tante volte sembrano essere meno colorate e diventano grigio antracite.

Da giovane mio padre aveva una Fiat uno bianca, un giorno, dopo l’ennesimo scontro, decise di farla ridipingere e, guarda caso, scelse un grigio metallizzato che andava molto all’epoca. Per sbaglio il carrozziere gliela verniciò Blu’, Blu’ Puffo. Quando quella macchina camminava a Nord di Napoli era impossibile non riconoscerla, il mio quartiere era talmente grigio che ogni semaforo, da spento, brillava di luce propria.

Negli anni la situazione un po’ è cambiata, qualcuno nel Mondo, si è reso conto che non esistono soltanto i centri delle città e addirittura in molti posti, vedi Berlino, la periferia è diventata un posto “very cool“.

Qualche mese fa veniamo a conoscenza che a Chiaiano stanno per avviare un progetto che prevedeva la riqualificazione della fermata Metropolitana di Chiaiano, struttura grigio chiaro composta da enormi colonne alte circa dieci metri che sorreggono il ponte dove passano i treni.

”Un Ponte oltre i muri”. Un’ opera mastodontica nata dall’idea di un associazione del posto “Let’s Think”che, attraverso la contaminazione artistica di otto artisti con altrettante differenti visioni, intendeva dare, attraverso i colori, una nuova luce ad un “Non Luogo” più volte dimenticato dai massimi dirigenti cittadini. Un idea che ci eccitava non poco e decidemmo di documentarla.

All’inizio la situazione, anche se non chiara, sembrava di facile lettura. Gli artisti lavoravano molte ore al giorno, dalle 20:00 tutte le sere talvolta fino all’alba. Il clima , agevolato dall’entusiasmo, era allegro avemmo anche l’opportunità di scambiare due chiacchiere con il responsabile dell’evento, nonché Presidente dell’associazione “Let’s Think”, Gianluca Di Maro, che ci disse delle difficoltà avute per reperire i fondi necessari per la realizzazione del progetto, ma che fu abbastanza vago sul tema e sul reale messaggio che queste opere avrebbero poi voluto comunicare alla popolazione.

Con il passare del tempo, complice la stanchezza, si cominciava nell’aria a sentire qualche malumore. Gli Artisti, sfiancati da un enorme mole di lavoro, iniziavano a non essere più tanto soddisfatti della situazione e, soprattutto, del trattamento ricevuto da parte delle istituzioni.

Erano praticamente lasciati sempre soli, senza quasi mai le forze dell’ordine che controllassero che andasse tutto bene (Io in un mese di riprese ho visto una pattuglia della Polizia una sola volta) visto che comunque si trovavano in Via Emilio Scaglione, un arteria che dai paesi a Nord di Napoli porta al centro, molto trafficata e quindi soggetta ad ogni tipo di avversità. Parlando con loro quasi tutti si lamentavano perché non solo non venivano retribuiti ma dovevano anche provvedere al cibo, all’acqua ed a qualsiasi altra cosa, tranne pittura e pennelli, di cui avessero avuto bisogno. Di conseguenza, un po’ anche per protesta, dedicavano meno tempo e attenzione alle loro opere.

Con il passare del tempo le opere, mastodontiche, iniziavano a venire fuori, ognuna con una sua logica ma nello stesso tempo scollegate fra loro. Recentemente abbiamo avuto modo di riparlare con il Presidente di “Let’s think” che parlandoci dell’esistenza di un progetto iniziale che prevedeva l’integrazione tra più opere che parlassero del territorio di Chiaiano, di usanze e tradizioni ormai, con l’avvento della cementificazione selvaggia, sparite, ci faceva notare, consapevole di qualche errore nel suo ruolo di supervisore, che il progetto non era stato seguito alla lettera e che alcuni artisti avevano modificato in corso d’opera le loro bozze e che nonostante l’associazione che presiede abbia addirittura provato a fare una raccolta fondi alla fine ci abbia quasi rimesso.

Ci chiediamo:

Come è possibile che Artisti decidano di lavorare gratis ad un progetto al quanto impegnativo (parliamo di un mese di lavoro e migliaia di metri quadri) accontentandosi del materiale? E per quale motivo decidono poi di lamentarsi a lavoro iniziato facendo ricadere le loro perplessità sulla riuscita finale di opera importante per tutto il quartiere?

Per quale motivo esiste una cosi netta differenza di trattamento, visto che parliamo della stessa linea metropolitana, da parte delle istituzioni in termini di attenzione per un quartiere rispetto ad un altro?

Come è possibile, nella stessa città, affidarsi a grandi Artisti, Direttori di successo, Archistar e ai migliori professionisti per alcune zone ( Toledo, Università, Dante etc) e snobbare in modo cosi palese altre affidandosi ad associazioni, assolutamente da elogiare per l’impegno, che non si occupano ne di arte ne di grandi opere?

Come si spiegano gli enormi investimenti per le Stazioni dell’arte, solo “Garibaldi” ( il nome è tutto un programma) è costata circa 400 milioni, e di contro nessuno ha mosso un dito e trovato un euro per 8 Artisti Napoletani che hanno ridipinto in un mese su circa 7000 metri quadrati di pareti grigie?!

Per quanto ci riguarda, da cittadini interessati, il messaggio più chiaro che questo progetto ci ha comunicato è che il comune di Napoli ha, per l’ennesima volta, snobbato la periferia tracciando una linea di confine sempre più netta tra il centro, le colline e questi “Non Luogo” di periferia. Alcuni sottovalutano però che spesso è proprio da questi luoghi che vengono fuori le menti brillanti che danno lustro alle grandi città e i grandi artisti che le colorano e che anche le periferie, come tra l’altro già fanno anche in grandi metropoli Europee ed Americane dove hanno riqualificato, nel vero senso della parola, quartieri fino a pochi anni fa inaccessibili rendendoli straordinarie mete turistiche, avrebbero il diritto di essere trattare con pari dignità e non essere ricordate solo per le tragedie.

Se la vera rivoluzione è quella dello spirito e se il vero cambiamento dovrebbe partire da noi stessi, a Chiaiano per i soliti motivi, abbiamo perso una grande occasione. Mettendo insieme competenze del posto , retribuite com e’ ovvio che sia, con la giusta direzione Chiaiano avrebbe finalmente avuto qualcosa da dire.

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