Non sono un appassionato di motori e nemmeno un vero tifoso. Seguo le gare in tv ma in modo un pò distratto e raramente mi permetto qualche commento, anche quando la sala tv è gremita di clienti che guardano il gran premio di Formula 1 o di Moto GP. Sotto questo aspetto sono un romagnolo atipico. Tuttavia, sento il bisogno di contribuire al ricordo di Marco Simoncelli, ma non perchè fosse delle mie parti e vivesse a pochi chilometri da dove vivo io. Non era il solo, dopotutto.Da qualche anno a questa parte mi è capitato di incrociarlo quando, con i suoi amici, passava di qui per andare al ristorante-pizzeria in fondo alla via. Arrivava più o meno sempre all'ora in cui io staccavo dal lavoro quindi piuttosto tardi, quando le strade e i locali si erano già svuotati. Parcheggiava dove parcheggio io di solito e più di una volta l'ho visto uscire dalla sua macchina mentre io entravo nella mia. Non ho mai azzardato un saluto, tantomeno mi sono permesso di chiedergli un autografo o una foto. Semplicemente, lo vedevo come un ragazzo che voleva rilassarsi un pò con gli amici di sempre nelle poche occasioni in cui passava da casa e non credevo fosse il caso di ricordargli che era anche uno sportivo conosciuto in tutto il mondo, quindi una celebrità. Sicuramente, qualcun altro l'avrebbe fatto un minuto dopo o anche meno. Una sera è passato davanti all' hotel e alcuni clienti, nonchè il nostro cuoco, l'hanno fermato per salutarlo e per scattare qualche foto con il cellulare. Hanno detto che si era dimostrato molto disponibile, simpatico, un tipo "alla mano", proprio come appariva in tv e questo non è mai un fatto scontato. Infatti le prime volte che l'avevo sentito parlare, rilasciando un'intervista o commentando una gara, mi ero chiesto: ma questo qui ci è o ci fa? Mi sembrava troppo nature per essere vero e avevo il sospetto che calcasse su quei tasti che Valentino Rossi aveva progressivamente smesso di pigiare per costruirsi un'immagine più neutrale ed esportabile. Anche quella testa di riccioli biondi mi pareva un tentativo di emulare e, allo stesso tempo, superare il modello vincente di Valentino che, oltre ad essersi imposto in pista, aveva saputo farlo anche tra i media. E così, mentre i riccioli di Simoncelli sbocciavano, crescevano e proliferavano, quelli di Rossi sparivano. Prima o poi, mi dicevo, se li taglierà anche lui, magari dopo che avrà vinto il suo primo campionato del mondo nella Moto GP o anche prima, quando sarebbe diventato uno dei piloti "top", come si usa dire. Ma quei ricci non sono mai scomparsi e mi azzardo a dire che non l'avrebbero mai fatto. Per non citare la sua cadenza romagnola al limite della parodia. Col tempo, però, ho capito che Simoncelli era proprio così e che non sentiva alcun bisogno di cambiare o di correggersi. Ho la sensazione che fosse così felice di fare qualcosa che amava profondamente, di vivere la vita che aveva sempre sognato che non credesse di dover fare niente di più e niente di meno. Si stava impegnando per migliorarsi, anno dopo anno, ed era tutto ciò che pretendeva da se stesso, anche a costo di errori gravi e di critiche tanto severe quanto giustificate. Se aveva sogni di gloria, com'è normale che fosse, li aveva inseriti in fondo alla sua personale lista delle priorità, in modo da non esserne distratto o fuorviato.Al ristorante gli apparecchiavano un tavolo dietro la cucina. Praticamente mangiava in un cortile che fungeva da parcheggio e da rimessa per le attrezzature più varie. Era l'unico modo per mangiare in pace e per non essere disturbato continuamente e non è certo quello che nessuno di noi s' immagina quando decide di andare a cena fuori. Eppure, ne sono convinto, lui aspettava e coglieva ogni occasione per poterlo fare.Mi è sembrato giusto ricordarlo soprattutto per questo.
Le vacanze degli altri