Quanto tempo ci vuole per scrivere un romanzo?
C’è qualcuno che può stabilire la durata entro la quale un romanzo debba essere scritto? Ne dubito fortemente. Sarebbe come dire a un musicista che un brano debba essere composto in due ore, oppure a un pittore che un quadro debba essere dipinto in due giorni. L’ispirazione non è quantificabile, né in ordine di tempo né, tanto meno, si possono apporre dei limiti prestabiliti. Sono diversi i parametri che possono far variare le tempistiche e ogni autore ha la facoltà di poter decidere come, quando, dove e per quanto tempo intende scrivere e dedicarsi a un determinato progetto. Vi sono giornate in cui i pensieri scorrono fluidi e dalla mente si trasferiscono con facilità sullo schermo (o su un foglio se siete abituati a scrivere a mano). Giornate in cui nulla potrebbe distrarci dalle nostre trame e dai nostri personaggi e altri giorni in cui, per quanto si possa sentire la necessità di scrivere, dalla nostra testa escono solo concetti caotici e spezzoni di trame insulse, senza alcun senso. Tuttavia, non sono solo i fattori personali a determinare la durata di una stesura di un romanzo, esistono anche quelli che possiamo definire “fattori collaterali”. E con “fattori collaterali” possiamo definire tutto quanto possa portarci lontano dal nostro testo in fase d’opera. Dunque, non vi sono delle regole precise in merito. Alcuni romanzi sono stati composti in tempi relativamente brevi, altri, al contrario, hanno impiegato anni prima di vedere la luce. A questo punto è necessaria un’altra riflessione. Quando un romanzo può essere definito pronto per essere presentato ad altri?
Se dopo dieci anni di ricerche, stesure, cancellature e riscritture, il nostro testo ancora non è “pronto” allora, forse, non lo sarà mai. Oppure lo è già da un pezzo ma la cura maniacale dell’autore non riesce a cogliere la stesura definitiva. D’altra parte si sa, c’è sempre una frase da ritoccare o un termine da sostituire, per non parlare poi del minuscolo refuso fetente, che occhieggia da un angolo nascosto verso la fine delle pagine. Se proprio vogliamo ben vedere, un romanzo non è mai effettivamente pronto. In qualsiasi momento, anche una sola delle frasi composte avrebbe potuto essere costruita meglio o avrebbe potuto esprime meglio un determinato concetto. E i personaggi avrebbero potuto essere caratterizzati in modo diverso o approfonditi con maggiore cura. Uno scrittore è sempre un perfezionista. Il fatto di poter definire maniacale il suo approccio alla scrittura nasce proprio da quella ricerca dell’assoluta perfezione che, com’è noto a tutti, non esiste, se non in un ipotetico mondo perfetto. Quindi arriva il momento in cui dobbiamo lasciare andare la nostra creatura. Come un figlio, preparato e istruito per il suo gran ballo di debutto, arriva l’attimo in cui, con un ultimo ritocco al papillon o alla pettinatura, dobbiamo aprire la porta perché possa andare per il mondo con le sue gambe. Il momento del distacco non è mai indolore e non è mai privo di tutte quelle classiche apprensioni che colgono qualsiasi essere dotato di sensibilità.
Dunque, che lo abbiate scritto in tre giorni o in tre anni, alla fine non vi è alcuna differenza e porsi dei limiti di tempo potrebbe diventare altresì controproducente, soprattutto se il vostro è un carattere ansioso. Una data di scadenza, che si avvicina, porta sempre al doversi affrettare, a discapito di quella qualità che, invece, è necessaria affinché il romanzo possa essere apprezzato. Quindi non abbiate fretta, date tempo al tempo e lasciate che gli step da affrontare diventino una naturale conseguenza del vostro operato. Non fissatevi con delle date, siate generici e diventate più pignoli quando, invece, si tratta di apporre i ritocchi finali. Un testo ha bisogno di tutto il tempo necessario che occorre perché possa sgorgare libero dalla vostra mente, perché possa affiorare in superficie sotto forma di pensieri concreti e coerenti, trasformandosi in quella testimonianza reale del vostro modo di essere.
Infine, non bruciate le tappe per la smania di voler vedere la vostra creatura diventare pubblica, dimostratele il dovuto rispetto, accessoriandola con tutto quello che serve per farne un libro degno di essere letto, e i lettori ne avranno altrettanto.