La verità è che Po è un sacramento di fiume incostante e capriccioso. Nasce dal Monviso, da un antro che pare giusto la matrice d'un animale mostruoso; arriva a Saluzzo e prende bruscamente a salire verso Torino: qui aggira nuove colline e riceve le Dore, mettendosi a correre sbadato da un sabbione all'altro. Diventa un po' più rispettabile ricevendo il Ticino, la cui parte cerulea si distingue dal resto per una buona ventina di chilometri. Adesso ci puoi crepare di tifo e di epatite virale: ai miei tempi si beveva acqua di Po dalla sèssola, che i toscani chiamano votàzzolo nel loro fossile e noioso dialetto.
Dopo l'amplesso con il Ticino, padre Po rincoglionisce letteralmente e assume l'aspetto d'un inquieto serpentone dalle larghe e inutili spire. Che cosa succede, in effetti? Questo: che da vero vagabondo ubriaco si butta ora contro una riva ora contro un'altra: se trova molle corrode e porta via; se trova duro (o un pennello o una prismata di protezione), il filo di corrente piega con largo giro contro la riva opposta e si scava un novo letto abbandonando quello precedente: ma qui, per una stranezza che gli è propria, Po si lascia dietro fondali bassi che fanno mollente e paiono larghi: queste morte si chiamano lanche: l'etimo di lanche è ancon, greco, che significa gomito.
Se la tua proprietà è sulla riva che Po incomincia a corrodere, ben presto non hai più un metro di terra e diventi povero strapelato; se da questa tua riva viene respinto, prima si lascia dietro una lanca e poi, alla prossima piena, un sabbione che si aggiunge alla tua proprietà e ti rende ricco anche di boschi. Quando ti ritieni ricco anche di boschi, una nuova piena arriva rombando e Po si riprende tutto, la sciandoti disperato e con il culo per terra. Tenuto conto di questi dissesti geologici ed economici, di tutti i pessimi ricordi bio-storici che ti porti nel sangue (paure, morti, impoverimenti ecc.), molto facile torna spiegarsi perché i rivaioli di Po non siano affatto propensi ad amare il loro dispotico padre. E naturalmente ne hanno una paura porca, e tanto più paura hanno dentro quanto più lo detestano e disprezzano, arrivando a ipotizzare che non esista. In effetti, Po non è un vero fiume. È piuttosto la sentina di una grande e fertile valle che sembra l'impronta di una chiglia smisurata.
Gli affluenti lo investono ringhiando, e oppongono dune di sabbia alla sua corrente sciamannata. Quando la furia degli affluenti non veniva contenuta dagli uomini, a ogni piena si creava una palude. Salito a visitarci nel 225 a.C., il povero Catone sentiva chiamare marais (marè) queste paludi e ha tradotto marè in maria, al plurale, e così ha riferito ai romani che in Padania - la Gallia cis e traspadana - vi erano sette mari. A parte questa colossale facezia, su Po se ne sono dette e se ne sentono di orribili. Intanto il nome che deriverebbe dal ligure Bodingomagum: una balla di frate Giulio. Nella paludosa vallata che è oggi nostra patria vagarono per millenni uomini, animali e uccelli. Vi furono anche gli unni e chiamarono Po la regione e il fiume che ne raccoglieva le acque compiendo mille anse viziose. Gli unni erano originari di Mongolia: in mongolo e in cinese, Po significa fiume e palude.
di Gianni Brera Guerin Sportivo, 28/10/1963.
Fotografie di Fabio Casalini.