L’esodo è diventato, però, anche lo spunto per una riflessione sulle dinamiche inerenti l’organizzazione del lavoro, con un occhio riguardo alla nostra azienda, ma non solo. Non scopro l’acqua calda se sottolineo che la massiccia parcellizzazione e la sempre più elevata specializzazione nei compiti affidati ai singoli lavoratori riduce gli individui ad ingranaggi solitari di un meccanismo sempre più lontano. L’organizzazione del lavoro, non solo nelle fabbriche improntate alle teorie tayloristiche, negli ultimi decenni ha prodotto più alienazione che partecipazione, più spersonalizzazione che collaborazione. Da più parti, si favoleggia di lavoro in rete, inteso come interazione spinta dei processi in una logica di integrazione delle conoscenze. Lo chiamano knowledge management, in sostanza preservazione e condivisione della conoscenza anche all’interno di un’azienda tramite strumenti e procedure, non solo tecnologiche.
Cosa accade, invece, nella nostra realtà aziendale? Nei prossimi mesi, per i motivi che conoscete, assisteremo ad un’emorragia di conoscenza che potrebbe mettere sulle ginocchia i processi organizzativi interni, con effetti perfino più immobilizzanti della pur drammatica emergenza finanziaria. In qualche modo, è lo stesso Management aziendale a dichiarare la difficoltà, quando stabilisce che l’esodo sarà scaglionato nel tempo, in una logica che terrà conto di quanto influisce la dipartita di ciascun lavoratore sul complesso delle attività. Peraltro, se questo è facilmente intuibile per quei lavoratori che coprono un turno, lo diventa maggiormente per quei colleghi che ricoprono posti chiave e per i quali non si è provveduto, con il necessario anticipo e la indispensabile programmazione, a creare i presupposti per il travaso delle conoscenze. Non tutti gli “esodanti”, infatti, sono ascrivibili di diritto alla categoria della “zavorra”, di cui occorre liberarsi rapidamente e senza troppi riguardi. Un’azienda che credesse ancora nel proprio futuro, si sarebbe mossa con netto anticipo creando un sistema organico che potesse favorire la condivisione delle competenze e delle conoscenze, senza limitazioni generazionali.
Assisteremo, invece, all’ennesima scena di quella lunga sequenza di atti tendenti a depauperare e svilire una cultura d’impresa, più che centenaria. Un sapere, faticosamente costruito, da intere generazioni di lavoratori e che rapidamente sta per essere liquidato da un piccolo manipolo di sconsiderati dilapidatori.
Ciro Pastorehttp://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.com/