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Un sogno, un onore, un premio, uno status. A Gubbio, nel Perugino, da tremila anni, fare il ceraiolo è tutto questo

Creato il 20 maggio 2014 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

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E lui, Sandro Giacchetti, nato nel ’53 a Roma, da mamma eugubina, amministratore di una società, nonché guida autorizzata per la Capitale e il Vaticano, lo è stato per ventisette anni. Tanto che di recente ha avuto un premio.
“Per un cittadino di Gubbio– spiega Sandro- fare il ceraiolo in effetti è una cosa fatale.. In realtà ogni eugubino è un Ceraiolo e lo sarebbe anche se gli mancassero tutte e due le gambe. Anche le donne lo sono, sebbene non prendano il Cero. E’ una faticaccia, ma anche un onore”.
Perché?
E’ sicuramente un onore perché ogni Ceraiolo è parte di un Popolo che perpetua una tradizione millenaria. Gli antichi umbri celebravano a Maggio una cerimonia di espiazione e purificazione per la Città di Gubbio e tutti i cittadini. Nei secoli l’evento ha assunto un significato religioso, ma la matrice pagana si ritrova in tutti i comportamenti antropologici e simbolici della Festa. La fatica è tanta, forse troppa. Per questo, a un certo punto anagrafico”o fisico, si cede la stanga ai più giovani.

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E’ anche una fatica?
Sì, considera che un Cero pesa qualche quintale. Si corre come dannati e per quanto la muta, cioè il gruppo dei Ceraioli che corre in un certo tratto del percorso, possa essere perfettamente equilibrata e livellata in termini di altezza delle spalle, è normale che nella corsa la barella (la struttura lignea su cui è fissato il Cero e che poggia sulle spalle dei Ceraioli) abbia dei sobbalzi. Questo può far sì che per un passo possa non avere alcun peso da sostenere, ma nel successivo il carico possa diventare quasi insostenibile.
Cosa fa un ceraiolo di preciso?
Corre come un pazzo sotto il suo Cero in un punto prestabilito del percorso. Se, però, un Ceraiolo vede il suo Cero in pericolo (anche in un tratto dove non dovrebbe entrare) si butta sotto la barella per dare una mano a sostenerlo oppure, corre a fianco di un Ceraiolo che sta sotto le stanghe e lo sostiene. Questa figura di aiutante, nella Corsa, si chiama Bracciere.
Il massimo è fare il Capodieci, colui che guida un Cero. Tu l’hai mai fatto?
No, io non sono mai stato Capodieci, perché non sono di Gubbio. Non avrei mai potuto sperare tanto. I Capodieci, durante la Corsa sono molti e ognuno è responsabile di un tratto più o meno lungo. Il più importante tra i Capodieci è “il Primo”, ovvero colui che alza il Cero in Piazza Grande il mattino e lo conduce nella Basilica di Sant’Ubaldo la sera.
Come si diventa Ceraioli?
Non esiste una via per diventare Ceraiolo. Di norma è uno status che si tramanda di padre in figlio. Poi bisogna essere di Gubbio e avere la coscienza di sé: questo è sufficiente. (sorride, ndr)
Come si prepara un Ceraiolo prima della sfida?
Preparasi? Noooo!!
Segue rituali particolari la sera precedente?
Beve qualche buon bicchiere di vino. Al resto ci pensano la sana follia e l’irrefrenabile adrenalina. In ogni caso, considera una cosa: la benedizione che il Vescovo impartisce ai Ceraioli prima dell’inizio della Corsa è da considerare In articulo mortis.
Sono ancora escluse le donne?
E’ la tradizione. Ma nella seconda Guerra Mondiale, quando gli uomini erano alle armi, le donne furono ceraiole attive.
Ci sono un’età minima ed una massima per fare i Ceraioli?
La prima volta che presi il Cero avevo 17 anni, oggi l’età minima si è alzata e ho continuato per 27 anni. Si smette quando si capisce che bisogna smettere e si lascia il proprio posto a chi, più giovane, di solito è stato il tuo Bracciere.
Come si sceglie il gruppo a cui appartenere?
Non si sceglie: di solito si prende il posto del proprio padre o di qualcuno della propria famiglia.
Cosa porta a casa un Ceraiolo alla fine di una gara?
Gioia, orgoglio, sudore raffreddato addosso, raucedine e un dolore alla spalla sempre un po’ acciaccata
Ci sono feste simili in Europa?
No, non credo che ve ne siano. Ce ne sono alcune simili, come la “Macchina di Santa Rosa” a Viterbo, che è un’alta torre di legno portata, ma a passi lentissimi, dai ”Facchini”.
Quanti turisti porta a Gubbio la festa dei ceraioli?
Tanti, ogni anno di più, ma non saprei rispondere con precisione. Tutti gli anni sono presenti i discendenti degli eugubini, emigrati negli Stati Uniti all’inizio del secolo scorso. In Pennsylvania, a Jessup. Nel 1911 i tanti emigranti eugubini presenti a Jessup, sicuramente per vincere la grande nostalgia della patria lontana e dimostrare il grande amore per Gubbio, improvvisarono una Festa dei Ceri. La manifestazione fu ripetuta tutti gli anni fino al 1952. Poi ci furono problemi, dovuti al coinvolgimento degli USA nella guerra di Corea, la tradizione fu interrotta, ma ripresa nel 1976. Ancora una nuova interruzione negli anni ’90: la festa fu fatta solo nel 1991 e ’92, ma ora la tradizione è ripresa”.
Hai detto che si svolge da tremila anni.
Sì. Ti ho detto prima che gli antichi umbri celebravano un rito di purificazione. Nelle Tavole Eugubine si trovano il rituale e le istruzioni per la cerimonia. E’ praticamente una descrizione della Festa di oggi. Dal tredicesimo secolo assunse connotati religiosi, celebrativi del Vescovo di Gubbio Sant’ Ubaldo
Immagino che tu ti senta un tipo tosto. Da uno a dieci?
Zero, sono solo un Ceraiolo.

Cinzia Ficco



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