Sono anni che non vado in treno. Sembra incredibile, dopo tante notte passate sui vagoni transiberiani, dopo gli infiniti viaggi AL-TO della gioventù, ma questo ambiente, un po' asettico, un po' depassé mi sembra oggi estraneo e ostile. Ormai ci siamo abituati troppo all'egocentrismo automobilistico per apprezzare quelle ore di solitudine comunitaria, in cui approfittare per scorrere un libro, tra compagni ancora sonnacchiosi o femmine piene di mistero avvolte in cappottoni e manicotti. Forse il binario che si lancia infinito nella notte, le parallele senza orizzonte che ti portano lontano, la pesantezza di questo mezzo ferroso, tutto sommato ottocentesco, mantengono però ancora un loro fascino nascosto e un po' demodé, ma è meglio non dirlo ai pendolari che al mattino si assiepano per salire sulle tradotte che li devono portare già stanchi a quell'attività su cui si fonda il malfunzionamento della nostra società.
Comunque vinto da questi pensieri laterali, ieri sera ho provveduto ad organizzare l'apericena annuale degli auguri di Natale degli ex reduci della IIIA del Liceo Plana, al Treno bar di Spalto Borgoglio con ampio parcheggio di fianco al palazzetto (tanto per completare bene la marchetta). Ricco buffet concordato nel vagone d'antan, per ritrovarci e rinverdire i vecchi ricordi. C'è chi non lo sopporta, chi lo rifiuta con sdegno; ma il nostro gruppetto di fedelissimi invece, evidentemente ci gode e lo ripropone periodicamente. Eravamo 17 più accompagnatori, mica poi tanto pochi, considerando che sono passati quasi 50 anni. Messi i cappotti sulle cappelliere, l'atmosfera del vagone ci ha un po' presi, sembrava quasi che si dondolasse ritmicamente nella notte. La caligine nebbiosa che sorgendo dal Tanaro vicino, ha avvolto subito le cose e forse un po' anche le menti, ha aiutato. Pareva quasi attraversarlo, quel fiume antico, lentamente come quando il treno prende l'abbrivio prima di lanciarsi nella notte. Torino era ancora lontana, anche nei ricordi. Non è stato facile scendere.
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Josephine.