“Nonostante la relativamente piccola quantità sulla Terra, il carbonio è stato fondamentale per la nascita della vita e la regolazione del clima attraverso il ciclo geochimico carbosilicato”, ha spiegato John Moriarty, che ha guidato la ricerca recentemente pubblicata su Astrophysical Journal. “È ancora una questione aperta. Ci chiediamo come il carbonio influenzerà l’abitabilità dei pianeti extrasolari”.
Lo stesso gruppo di astronomi aveva già studiato nel 2012 un pianeta che sembra essere composto per almeno un terzo di diamante e grafite. Il pianeta, che orbita intorno ad una stella simile al Sole, si chiama 55 Cancri, è due volte la grandezza della Terra e si trova a 40 anni luce da noi. I ricercatori generalmente ritengono che gli esopianeti rocciosi siano composti, proprio come la Terra, sostanzialmente da ferro, ossigeno, magnesio e silicio, con solo una piccola frazione di carbonio. Al contrario, i pianeti cosiddetti “diamante” potrebbero essere formati anche per tre quarti della loro massa da carbonio (la Terra ha solo lo 0,005%).
I ricercatori dell’Università di Yale hanno creato un particolare modello matematico per calcolare la composizione dei pianeti esxtrasolari. I modelli precedenti erano basati su immagini statiche dei dischi gassosi protoplanetari nei quali si formano i pianeti. Il nuovo modello, invece, è dinamico e tiene traccia delle modifiche nella composizione del disco con l’invecchiamento del pianeta. Cosa hanno scoperto i ricercatori? In dischi con rapporto carbonio-ossigeno superiore a 0.8, i pianeti diamante di carbonio si formano più lontano dal centro del disco. Hanno anche scoperto che i pianeti ricchi di carbonio si possono formare nei dischi con un rapporto carbonio-ossigeno a partire da 0.65, soprattutto quando il processo di formazione avviene molto vicino alla loro stella madre.
Questi risultati cambiano quasi totalmente ciò che era stato scoperto in passato. “Il nostro studio dimostra che i mondi extraterrestri (i candidati sono più di 3000) possono essere estremamente diversi tra loro per quanto riguarda la composizione chimica, e molti sono radicalmente diversi dalla Terra”, ha sottolineato Nikku Madhusudhan, secondo autore della ricerca.
Per saperne di più:
Leggi qui lo studio: “Chemistry in an evolving protoplanetary disk: effects on terrestrial planet composition”, di John Moriarty, Nikku Madhusudhan e Debra Fischer
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni