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Un uomo di cultura, ma dai! – di N. Losito

Creato il 10 giugno 2013 da Nictrecinque42 @LositoNicola

Ieri notte ho avuto un incubo. Era da un po’ che non avevo, anzi da un po’ non sognavo nemmeno più. I sogni e gli incubi sono tornati appena ho smesso di prendere il sonnifero che mi aveva prescritto il chirurgo che mi ha operato alla spalla sinistra quel maledetto giorno in cui me la sono rotta (cfr. La sedia infame).

I miei incubi – lo dico per esperienza – nascono sempre da fatti accaduti durante il giorno, fatti che la mia mente memorizza in un angolino del cervello dove il mio maligno angelo custode li va a pescare giusto per rovinarmi la nottata. L’accadimento che mi ha procurato l’ultimo travaglio notturno è presto detto: a me piace piacere e quando invito a cena degli amici o dei conoscenti, per fare sfoggio della mia cultura inserisco, al momento opportuno della conversazione, sia dotte sentenze sia proverbi popolari. Il problema che mi perseguita è che quando parlo davanti a un pubblico più colto di me mi emoziono e la mia memoria va in tilt. Questo significa che non azzecco le citazioni e altero a capocchia i proverbi. Bene, ieri avevo a cena amici di notevole cultura e, ahimé, ho fatto una magrissima figura non ricordando i titoli di film famosi e relativi attori, i titoli di libri che tutti hanno letto e relativi autori, ho confuso date e luoghi di avvenimenti storici, eccetera. Ma il peggio di me l’ho dato nel citare proverbi e motti latini. E dire che sulla mia scrivania troneggia il libro di L. De Mauri 5000 PROVERBI E MOTTI LATINI, testo che sfoglio con regolarità e che ormai conosco a menadito!

Proverbi Latini

Ieri sera si stava parlando di filosofia e delle tante teorie che nel tempo i filosofi avevano imbastito e che, per la loro astrusità, erano presto finite nel dimenticatoio. Ho cominciato il mio intervento con un uso improprio del latino trasformandolo da lingua seria in comico latinorum: “Nichil assurdo dicere quid non dicit a filosofo”, tradotto da me così: “Anche i filosofi possono sparare cazzate!” Volevo stupire i miei ospiti e tutti, invece, si sono messi a ridere. Non dico che mi sono offeso, ma un pochino ci sono rimasto male. Allora cosa ho fatto? Sono andato a prendere il libro di De Mauri e, prima di intervenire di nuovo, cercavo il proverbio adatto al contesto della conversazione in corso per leggerlo bene, evitando di fare stupidi errori. Purtroppo, prima che io arrivassi a trovare il proverbio da citare, gli amici erano già passati ad altro argomento. Ero sempre fuori tempo nelle discussioni e così me ne sono stato muto tutta la serata col mio inutile libretto in mano.

E l’incubo? Calma, ora ci arrivo.

Finita la cena, dopo avere a lungo chiacchierato, gli ospiti se ne vanno e io, mortificato come non mai, prendo, a testa bassa, la via della camera da letto. Cinque minuti dopo mi trovo immerso, senza volerlo, in un sogno angosciante e ripetitivo. Mi vedo in piedi sopra un piedistallo, vestito da antico romano, mentre propino al popolo sottostante un forbito quanto classico repertorio di citazioni:

“Nihil tam absurde dici potest, quod non dicatur ab aliquo philosophorum.” (Cicerone De div., 2,119). Non vi è cosa tanto assurda che non possa essere detta da un filosofo.

“Facile largiri de alieno.” (Giustiniano, 36,3,9). Facile mostrarsi generosi colla roba altrui.

“Procul a Iove, procul a fulmine.” (Binder, pag. 295). Lontani da Giove, lontani dai fulmini. Cioè, vive tranquillo chi sta lontano dai potenti. Ne scansa i pericoli e le ire.

“Nolite mittere margaritas ante porcos.” (San Matteo, 7,6). Non gettate perle davanti ai porci.

Asinus in cathedra.” (Fedro, Fabulae novae). Un asino che fa da maestro.

“Numquam sapiens irascitur.” (Cicerone, Pro Murena, 30,62). Mai il saggio si adira.

Quando termino di parlare, la popolazione applaude e il sogno ricomincia eguale, trasformandosi in incubo. L’unica differenza nei vari svolgimenti sta nel fatto che ogni volta il piedistallo aumenta in altezza e sono costretto, per farmi sentire, a gridare sempre più forte i sei proverbi. A un certo punto mi ritrovo così in alto che la gente, benché io urli con tutta la potenza della mia voce, non sente nulla e inizia a protestare, prima educatamente e poi con inaudita violenza. Alcuni di loro, muniti di arco e frecce, tentano di scaricare su di me la loro rabbia. Un dardo mi colpisce alla spalla sinistra, urlo dal dolore, precipito nel vuoto e, prima di spiaccicarmi al suolo, mi sveglio, tutto sudato.

Morale della favola: come mai durante l’incubo pronuncio tutti i proverbi senza sbagliare una sola parola di latino, ricordo l’autore, i riferimenti e pure la traduzione è perfetta, mentre nella realtà li sbaglio tutti anche se sono di una facilità estrema?

Diavolo, perché?!

Perché? Perché?

Una risposta io ce l’avrei, però mi secca rivelarla. E vabbé, la dico, tanto i miei post li leggono in pochissimi.  Questo mio problema nasce dal fatto che non sono un uomo di cultura. Un uomo di cultura è uno che studia e assimila tutto ciò che legge. Io, invece, sono soltanto uno che legge parecchio…

Nicola

P.S.

Sono graditi consigli e valutazioni. Ma senza infierire…

smileW

 


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