Un uomo e il suo viaggio

Da Marcoscataglini

Ecco la fotografia: un uomo cammina solitario all'interno di un profondo burrone (che in realtà è una via cava etrusca), diretto non si sa bene dove. Le alti pareti che lo dominano incutono un senso di claustrofobia, nascondono il paesaggio, sembrano limitare le sue possibilità di scelta. Può andare avanti, oppure tornare indietro, ma la sua strada è tracciata, e non si può deviare. Niente incroci, niente strade alternative, niente vie di fuga. La strada sembra lunga, potrebbe quasi essere infinita ma, come in realtà sappiamo, la strada porta sempre da qualche parte, esiste una meta, e dunque esiste una fine e un inizio, un punto A e un punto B. Esiste, per così dire, una storia, ma dobbiamo immaginarcela, non è rivelata, non è chiara e delineata. Sappiamo che c'è, che ci deve essere, e dunque è su questa base che creiamo il nostro immaginario racconto. Dunque, se questo uomo solitario, la cui sagoma mossa e poca definita mantiene comunque elementi tali da farcelo definire un escursionista, un viaggiatore, un camminatore, sta attraversando questa alta e spettacolare tagliata nella roccia, vorrà dire che è qualcuno che ha una esperienza da raccontare. Le storie -sapete?-  nascono così. Ci sono storie banali: l'uomo è uscito di casa stamattina perché voleva scoprire dove accidenti portava quella strada misteriosa che fendeva l'alta parete di roccia, è un uomo curioso e la sua curiosità è lo spunto del suo viaggio, o magari è un archeologo, e vuole studiare quell'antico manufatto etrusco (o è un fotografo, e vuole fotografarlo). Ma ci sono storie più complesse e intriganti: l'uomo sta percorrendo un misterioso percorso iniziatico che lo porterà in contatto con mondi alieni e lontani, oppure sta cercando si accedere al mondo inféro (nel senso di sotterraneo), cercando così di ripercorrere il tragitto sacro per il quale le vie cave vennero forse costruite. Chi può dire quali incontri farà? Se correrà pericoli? Se uscirà dalla parte opposta della gola cambiato, una persona totalmente nuova? Questa si chiama metafora: la fotografia di una via etrusca con un uomo che la percorre è anche la metafora della vita, del viaggio (anche iniziatico), dell'avventura e della scoperta. So che molti diranno: ma è solo la foto di uno che cammina in una via cava etrusca! Certo che lo è. Anche il peperone di Weston era solo un peperone, anche il soldato spagnolo colpito a morte nella foto di Capa era solo un soldato colpito a morte. Ma quante cose ci hanno raccontato quel peperone e quel soldato dalle braccia spalancate in un ultimo gesto di vita! La fotografia può rappresentare solo ciò che è legato al presente: il soggetto deve esistere nel preciso momento nel quale si preme il pulsante di scatto. Ma, da quel momento in poi, il soggetto viene prelevato dal presente e affidato all'eternità e alla fantasia. Se non credete a questo (a prescindere dalla vostra bravura come fotografi) non credete alla fotografia. Non credete alla sua capacità di raccontare storie, di suggerirle. E allora: perché fotografare?