A Man Without a Country: a Memoir of Life in George W. Bush’s America è il titolo originale del libro, ma il lettore italiano, per sua fortuna – o sfortuna, secondo i punti di vista – non avrà alcuna difficoltà a comprendere i giochi di potere a stelle e strisce (che pure vedono un massiccio conflitto di interessi coi settori assicurativo-bancari, televisivi, editoriali e sportivi). Va però detto che il testo, che raccoglie dodici articoli scritti da Vonnegut per la rivista radicale «In These Times», risulta spesso ridondante a causa delle molte ripetizioni, e che in diversi punti lo stesso Vonnegut appare un po’ troppo bisbetico e misantropo.
Al di là di qualche imperfezione, comunque, Un uomo senza patria resta un libro godibilissimo: scorrevole e colloquiale quanto un blog, offre uno sguardo ampio e ironico su questioni politiche, sociali, religiose («Se le cose che diceva Gesù erano giuste, e in buona parte anche bellissime, che differenza fa se era Dio oppure no?») e letterarie. Semplicemente esilaranti, a tal proposito, le rivisitazioni di Amleto, La metamorfosi e Cenerentola («Una delle storie più famose di tutti i tempi: c’è una ragazzina di quindici o sedici anni, le è morta la mamma e lei è triste. E quasi subito il padre si è risposato con una megera insopportabile che ha pure due figlie stronze»).
In conclusione, Un uomo senza patria è un libro che diverte e che regala anche delle perle di saggezza. Come questa:
L’arte non è un modo per guadagnarsi da vivere, ma è un modo molto umano per rendere la vita più sopportabile. Praticare un’arte, non importa a quale livello di consapevolezza tecnica, è un modo per far crescere la propria anima, accidenti! Cantate sotto la doccia, ballate ascoltando la radio, raccontate storie! Scrivete una poesia a un amico, anche se non vi verrà una bella poesia. Voi scrivetela meglio che potete. Ne avrete una ricompensa enorme. Avrete creato qualcosa.
Andrea Corona
Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, minimum fax, 116 pp., € 11,50.