Una battaglia di racconti nucleari

Creato il 17 agosto 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Il 24 Aprile, l’ex Segretario degli Esteri indiano, Shyam Saran, ha parlato in maniera approfondita della politica indiana riguardante gli armamenti nucleari. Quanto il suo discorso potrà essere determinante per respingere i dubbi, emersi a Washington da parte di qualcuno, sulla credibilità del deterrente nucleare indiano? Una rara articolazione della dottrina nucleare indiana di un ex-funzionario ampiamente rispettato dovrebbe offrire un importante contributo per l’obiettivo di combattere percezioni errate e distorsioni intenzionali della politica indiana, sia in Occidente che negli Stati vicini. Shyam Saran, ex Segretario degli Esteri dell’India e attualmente Presidente del Comitato Consultivo per la Sicurezza Nazionale, ha tenuto un importante discorso a Nuova Delhi lo scorso 24 aprile, nel quale ha reso chiari alcuni principi fondamentali – perché l’India è passata al nucleare, perché ha effettuato i test nel 1998, come vede la sua posizione strategica, e come reagirà se attaccata con armi nucleari.

Il discorso rappresenta un gradito sguardo furtivo in un mondo opaco e una salva necessaria nello scontro tra racconti diversi, intrapreso da battaglioni di gruppi di esperti durante le conferenze. I racconti possono liberarsi dal controllo dei loro ideatori, spesso “nutrono” funzionari troppo occupati per scavare a fondo, e a volte danno forma a delle linee politiche. A Washington – il principale campo di battaglia – la credibilità del deterrente nucleare indiano è stata messa in discussione da qualche esperto. La risposta di Saran è tempestiva, utile nel demistificare la materia e separare la realtà dalla finzione. La comunità strategica sta considerando il discorso come un suggerimento per la politica ufficiale, anche se Saran ha insistito sul fatto che non stava parlando per il governo. Comunque, il semplice fatto che si è soffermato su un tema che è decisamente rinchiuso all’interno di molteplici mura di riserbo, significa che non è stata una mossa dissidente.

È stato piuttosto un discorso di necessità – forzato da dichiarazioni discutibili sul programma nucleare indiano in Occidente e dal tentativo di creare dei danni da parte di opportunisti. Alcuni analisti statunitensi hanno affermato che l’India non avrebbe una chiara “teoria su come le armi nucleari dovrebbero essere utilizzate in altro modo rispetto a uno strumento di orgoglio nazionale e propaganda”1. Le dichiarazioni degli esperti cinesi sono state dello stesso tipo – l’India avrebbe voluto disporre di armi atomiche solo per essere “accettata come potenza mondiale”. Ciò è comico poiché proviene da un paese che ha usato attivamente il Pakistan per minacciare dal punto di vista nucleare l’India, rifornendolo di tecnologia nucleare e missilistica. “L’assistenza cinese al programma strategico pakistano continua a ritmo sostenuto”, ha rivelato Saran. Ma gli esperti statunitensi hanno completamente oscurato il ruolo della Cina, quando si parla di minacce nucleari in Asia Meridionale. La selezione dei fatti è un’arte in questa battaglia di racconti.

La lezione di storia di Saran dovrebbe contribuire a chiarire che la presa in considerazione da parte dei leader indiani dell’opzione nucleare si basava su principi esattamente opposti ai concetti di “orgoglio e propaganda”. Fu la condizione della sicurezza indiana, mai stabilizzatasi dopo l’Indipendenza, che li spinse verso un programma di armamenti nucleari. Quando vengono considerati insieme alcuni eventi – il test della Cina del 1964; il Trattato di non proliferazione nucleare discriminatorio del 1968; la guerra in Bangladesh del 1971 e l’asse sino-statunitense che aveva come bersaglio l’India; i diversi rapporti durante gli anni ’80, indicanti che la Cina avrebbe fornito al Pakistan i progetti per la realizzazione della bomba atomica, che la Cina avrebbe testato un’arma pakistana intorno al Lop Nor; e il supporto del Pakistan al movimento del Khalistan – orgoglio o pregiudizio sembrano difficilmente essere i sentimenti di riferimento che hanno guidato la strategia indiana.

Gli anni ‘90 segnarono la fine della Guerra Fredda, l’emergere degli Stati Uniti come una “iper-potenza” e il crollo dell’Unione Sovietica, che hanno ristretto lo “spazio strategico” indiano. L’ultimo di una serie di eventi spiacevoli fu il Trattato di bando complessivo dei test nucleari, il quale avrebbe chiuso definitivamente le opzioni dell’India. L’India decise di rompere l’anello di contenimento, conducendo i test nucleari del 1998, nonostante i costi politici ed economici delle sanzioni occidentali. Una bozza di dottrina nucleare è stata svelata nel 1999, mentre una dottrina ufficiale è stata adottata nel 2003. Ma la dottrina non è stata resa pubblica, cosa che oggi induce a un dibattito disinformato. Saran ha tentato di chiarire i fatti, elencando gli elementi principali nel dettaglio: una triade di risorse nucleari di terra, aria e mare, un’infrastruttura di comando e controllo, un sistema di comunicazione sicuro, un controllo di due persone per l’accesso alle armi e ai sistemi di lancio, un consiglio esecutivo che include i tre capi manutenzione e un regime di regolari esercitazioni.

Alcuni esperti occidentali hanno messo in dubbio la credibilità del deterrente nucleare indiano perché hanno percepito che le forze armate non sono completamente integrate nel processo decisionale. Saran ha spiegato che le armi nucleari sotto il controllo militare esclusivo non sono “né necessarie, né desiderabili”. In una democrazia, lo schieramento e l’utilizzo di tali armi dipende dai leader civili, aggiornati dal consiglio delle forze armate. I suggerimenti dei militari devono essere incrementati, senza dubbio, e il coordinamento civile-militare migliorato, ma questi “difetti” non possono rappresentare una giustificazione del fatto che l’India sia priva di un deterrente nucleare credibile. Gli stessi esperti fanno riferimento al Gruppo di Pianificazione Strategica del Pakistan, che sovrintende le armi nucleari pakistane, in modo professionale, efficace e trasparente. Ma quanto è meglio lasciare decisioni influenti sulle armi nucleari alle forze armate, le cui ossessioni non sono radicate nella mentalità nazionale politica ed economica della maggioranza? Attualmente, l’esercito pakistano sta freneticamente costruendo un grande arsenale di armi nucleari tattiche mentre la popolazione allo stesso tempo si sta radicalizzando velocemente. In che modo tutto ciò isolerebbe e salvaguarderebbe le risorse nucleari, “in un sistema politico sempre più disfunzionale?” si domanda Saran.

Saran ha anche accolto l’idea che l’accordo indo-statunitense sul nucleare civile ha in qualche modo turbato “l’equilibrio nucleare” dell’Asia Meridionale – una linea adottata da alcuni relatori pakistani durante una recente conferenza sulla politica nucleare internazionale, organizzata dal Carnegie a Washington – e solamente un accordo simile con il Pakistan lo ristabilirebbe. Saran l’ha chiamata una “campagna insidiosa”, poiché non c’è equivalenza morale fra i due paesi – per l’ex Segretario degli Esteri indiano, se l’operato nucleare indiano è pulito e responsabile, quello del Pakistan è poco chiaro e volto alla “proliferazione seriale”. Se le armi indiane sono viste in una certa maniera poiché guidate dalla reputazione, l’arsenale pakistano è valutato in qualche modo maggiormente giustificato e guidato da “reali minacce per la sicurezza”. Il culmine di questa tesi è spesso: se l’India solamente accettasse delle restrizioni al proprio programma, le minacce provenienti dalla “regione più pericolosa del mondo” si ridurrebbero. E tutto andrebbe bene.

Gli esperti occidentali sono però molto tranquilli a proposito dell’attuale strategia pakistana – ossia negare all’India l’opzione di una rappresaglia convenzionale in caso di un altro attacco terroristico, abbassando la soglia per l’uso di armi nucleari. Ha sviluppato armi nucleari piccole o tattiche da utilizzare contro le truppe indiane che avanzano. “Questo non è altro che un ricatto nucleare, non diverso dal comportamento irresponsabile adottato dalla Corea del Nord”, sostiene Saran. Secondo l’ex funzionario indiano, il Pakistan sta essenzialmente mostrando di avere licenza di utilizzare il terrorismo come politica di Stato, minacciando una guerra nucleare. Ma se l’India venisse attaccata mediante l’utilizzo di simili armi, la sua “rappresaglia nucleare sarebbe massiccia e progettata per infliggere un danno irreparabile” all’avversario. Non è importante se l’arma è tattica o strategica, secondo il punto di vista indiano. “Ogni scontro nucleare, una volta iniziato, inesorabilmente e repentinamente s’inasprirebbe verso il livello strategico. Il Pakistan sarebbe prudente nel non fare delle congetture, come d’altronde sembra a volte fare”, ha detto Saran nella sua dichiarazione più esplicita e quasi ufficiale. La salva più importante riguarda il ragionamento di Saran per dati più trasparenti e pubblici sul programma nucleare indiano. In questo momento la segretezza è controproducente, poiché crea un “vuoto d’informazione”, nel quale scorre la speculazione. “I guardiani delle nostre risorse strategiche” possono rendere pubblica la dottrina nucleare, senza i dettagli operativi. È la popolazione, dopo tutto, che paga per essa.

(Traduzione dall’inglese di Barbara Iorizzo)


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