Facebook e Google hanno fatto fortuna sul presupposto che gli spazi pubblicitari offerti a miliardi di persone avrebbero attirato in massa gli inserzionisti. E così è stato. Il modello di business vincente è questo: l'azienda attira visitatori, gli inserzionisti danno vita a un'asta per acquistare lo spazio pubblicitario e dire "compra me! compra me!" ai potenziali consumatori. Di più, ora grazie ai poteri del web (espressione dietro cui si celano cookie, algoritmi e una visione discutibile della privacy) i siti web sanno esattamente cosa uno è portato a comprare e fanno di tutto per propinarglielo. Facebook, ad esempio, sa che siti vengono visti mentre navighiamo. Avete mai provato a comprare un biglietto areo su internet mentre avete un social aperto? Sul social, sarete sommersi di pubblicità.
Già che ne parliamo: i meccanismi di prenotazione online. Con quello che spendete per prenotare non comprate il valore del servizio. Non state comprando una notte in una camera di albergo. Non state comprando un biglietto arero. O almeno, non state comprando il loro reale valore sul mercato. Un algoritmo decide quanto voi dovete spendere in base alla vostra personale esigenza e lo scopo è, naturamente, fare il modo che spendiate il più possibile. Avete mai fatto caso che i prezzi dei voli aumentano ogni volta che controllate?
Queste non sono impressioni. Ci sono studi che lo confermano. Sullo studio di Mason (vedi Internazionale n. 1121) scriveremo ancora e scriveremo molto. Sulla pubblicità, ha parlato Brad Jakeman, un big del settore. In qualità di presidente della Pepsico (il gruppo della Pepsi che controlla ogni concorrente di Coca Cola), sa bene di cosa parla quando, nell'ultimo "Masters of Marketing" annuale della Association of National Advertising, ha dichiarato morta la pubblicità online.
Ma allora, è finita un'era? Sì e no. Sì, è finita l'era dello spam e della pubblicità aggressiva online. I nostri occhi la ignorano, i filtri anti-spam hanno fatto il resto. Ma no, non è finita l'epoca in cui si informano potenziali acquirenti di cosa c'è in vendita. E non solo in vendita! In condivisione, già che siamo nel boom della sharing economy, o in donazione, come i gruppi "te lo regalo se vieni a prenderlo", oppure a disposizione per un sostegno economico o morale, come la Pubblicità Progresso. Si parlerà solo a chi vuole essere interessato e si proporranno informazioni, non inviti a comprare. La pubblicità sarà informazione, sarà veicolata più dal tam-tam (i consigli degli amici che diventano condivisione) che dalle grida della tv. Sarà uno sposor gentile e non invasivo.
E noi tutti, produttori e fruitori, potremo tirare un sospiro di sollievo!
Simone Caroli