L'Irlanda del Nord sta attraversando un periodo di cambiamenti sociali
Il Community Relations Council di Belfast ha pubblicato il “North Ireland Peace Monitoring Report”, il report sullo stato attuale delle cose in Irlanda del Nord. 180 pagine che spaziano tra vari campi: sicurezza, uguaglianza, politica, coesione sociale. Dal documento, che serve come indicatore dei progressi nel processo di pace, emergono dati contrastanti, prima fra tutti la profonda divisione della società nordirlandese.
Il Police Service of Northern Ireland cal cola che la percentuale di episodi di violenza legati ad aggressioni paramilitari è solo del 4% rispetto a tutti i crimini. I famosi “Peace Walls” che oggi dividono le sei contee, da 22 (nel 1998) sono diventati 48. Nel complesso l’Irlanda del Nord è una società relativamente pacifica: nel 2011 il rischio di morire era del 14,3% rispetto al 21,5% di Inghilterra e Galles. Spesso, come già successo in Kosovo, Guatemala o Sud Africa, le società che escono da un conflitto registrano un aumento della criminalità, cosa che invece non sta succedendo in Irlanda del Nord. Anche se il paramilitarismo rimane una reale minaccia: con la crisi globale il malcontento aumenta e chi ne fa leva sono i gruppi che minano alla destabilizzazione della pace. La presenza della polizia è diminuita dal 1998 ad oggi di circa 17 mila unità, anche se nella PSNI sono ancora troppo poche le presenze dei repubblicani (fino a pochi anni fa esclusiva per i lealisti).
L’Irlanda del Nord ha il più alto numero di adulti in età lavorativa senza titolo di studio (il 20%). La stragrande maggioranza degli intervistati (costantemente oltre l’80%) ha affermato che preferisce vivere in un quartiere a religione mista anche se scuole e abitazioni sono separate al 90%.
Sul fronte politico i cinque partiti sono pronti a lavorare all’interno di un quadro che parta dall’accettazione dei principi del “Good Friday Agreement”. Dal 1987 quasi 100 milioni di sterline all’anno sono stati versati per il processo di pace.
«L’opportunità per un dibattito ragionato su come si debba affrontare il passato è andata persa nel furore suscitato dal rapporto del 2009 del “Consultative Group on the Past”, soprattutto per una clausola che suggeriva un rimborso a tutte le famiglie che avevano un parente morto nei Troubles (il conflitto nordirlandese tra gli anni ’60 e ’90, ndr) senza considerare se fosse da ritenere una vittima o un fautore della violenza stessa», conclude il rapporto. L’autore Paul Nolan conferma come questo sia «il problema che, più di ogni altro, continua a mettere in dubbio la percezione che l’Irlanda del Nord si sia lasciata i Troubles alle spalle».
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