Una partita scialba, in cui le poche cose buone hanno la firma del ghanese Atsu, poi l’attesa e inevitabile lotteria dei rigori. Come a Mosca nel 2008, Grant ha visto la sua squadra andare avanti, addirittura 2-0 per gli errori di Bony e Tallo, e poi pian piano cedere. Barry para il terzo rigore delle Black Stars, quello di Acquah, Acheampong manda malamente fuori il quarto e si va a oltranza, fino all’undicesimo tiro: il portiere ivoriano respinge il tiro dell’omologo ghanese Razak Brimah, si becca un’ammonizione per perdita di tempo e poi trafigge lo stesso Brimah.
Si è chiusa così la 30° edizione della Coppa d’Africa, con una vittoria della Costa d’Avorio che ha ricordato molto da vicino quanto successo a Dakar nel 1992, nell’unico altro caso in cui gli Elefanti sono usciti vincitori.[1] Una Coppa d’Africa iniziata sotto una cattiva stella, proseguita tra rinunce e ripescaggi, macchiata dagli incidenti sugli spalti in semifinale e in grado di offrire in pochi casi partite intense e ben giocate: nel girone C, non a caso ribattezzato “il girone della morte”, nel quarto Congo contro Congo, nelle partite vinte dagli ivoriani contro Algeria e RD Congo. Una coppa che dopo tanto tempo non vedeva in campo Eto’o e Drogba, ma che ha stentato a trovare un simbolo buono per l’esportazione del brand Africa. Asamoah Gyan è stato perseguitato da guai fisici, Gervinho si è fatto espellere nella prima partita, ha saltato le due successive e non ha inciso in finale. Atsu è stato il migliore giocatore offensivo dell’intero torneo, e non ha caso è stato premiato come MVP, ma è ancora acerbo, sfortunato (vedi il palo in finale su gran tiro da fuori) o non pronto a diventare icona. Yaya Touré e Andre Ayew sono andati a corrente alternata. Chikhaoui e Akaichi sono stati penalizzati dalla ingiusta eliminazione della Tunisia. Buone le prestazioni dell’attacante della RD Congo Mbokani, del giovane guineano Ibrahim Traoré, degli esterni Afful e Serge Aurier, ma per diventare uomo copertina serve incidere di più. Seydou Keita, Bancé, Pitroipa, Aubameyang sono addirittura usciti al primo turno. Il portiere equatoguineano Ovono Ovono è salito agli onori della cronaca per il modo spericolato e a volte assassino di interpretare il suo ruolo, ma, un po’ come Kidiaba, sembra relegato al ruolo di fenomeno da baraccone e nulla più: i tempi di N’Kono, quando l’Africa era ancora un mondo sconosciuto, sono del resto passati da tanto.
In questo mediume generale, va a finire che a Didier Drogba basta poco per riprendersi le testate dei giornali: lui, il più grande giocatore ivoriano, lui che non ha mai vinto una Coppa d’Africa, manda subito in rete il video dell’esultanza al rigore trasformato da Barry.
Balboa segna il 2-1 alla Tunisia
Una parola, infine, la vogliamo spendere per Javier Balboa, perché suo è stato uno dei gol più belli (la punizione del 2-1 alla Tunisia) e perché, nonostante fosse uno dei tanti spagnoli naturalizzati dalla Guinea Equatoriale, ha dimostrato in campo una professionalità e una maturità, che non si spiegano con la sola differenza d’età con i vari Emilio Nsue o Iban Salvador. Mai sopra le righe, sempre trainante per la sua squadra e pronto a esporsi in prima persona per andare a chiedere ai tifosi di smettere il lancio di oggetti in campo durante la semifinale contro il Ghana. Richiesta inascoltata, ma questa è un’altra questione
federico
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[1] Nel 1992 Costa d’Avorio-Ghana termina 0-0 dopo 120′. Ai rigori calciano tutti i giocatori e alla 12° serie l’errore del ghanese Baffoe segna la vittoria ivoriana. Da segnalare che, oltre al 2012, anche nel 2006 la Costa d’Avorio ha perso la finale ai rigori (contro l’Egitto)
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