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Una cultura disastrata: parola di Ninnj Di Stefano Busà

Creato il 09 gennaio 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

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Una sola cosa si può dire per riassumere il mostruoso curriculum artistico di Ninnj Di Stefano Busà: quarant’anni di

Ninnj Di Stefano busà

Ninnj Di Stefano busà

poesia alle spalle come editrice, pluripremiata poetessa e giurata in una moltitudine di premi alle spalle. Poi arrivo io, “il Villa”, a chiederle se posso scrivere le sue opinioni sul panorama letterario italiano ed eccola: un fiume in piena di parole che scaturiscono dal profondo, dai decenni di esperienza e da un’amarezza senza fine per quello che ai suoi occhi è un disfacimento morale prima ancora che artistico italiano. È a questo punto d’obbligo chiederle cosa pensa a proposito dell’odierna scena nostrana della poesia e della letteratura in genere e, già che ci sono, proverò a chiederle qualche ‘dritta’.

1) Ninnj, come vedi il panorama dei nuovi poeti di oggi?

L’odierna scena italiana della poesia mi lascia basita e mi fa paura, tra non molto la poesia come “oggetto” letterario uscirà di scena completamente, ciò si verificherà non tanto per assenza di poeti, né perché la poesia decade come oligarchia di culto intellettuale. Semplicemente per un contraddittorio e una scena di decadimento di valori e di correttezza intellettuali ai quali nessuno può più opporre rimedio. Ritengo che se non fosse grave potrebbe apparire buffo in egual misura.

Succede anche questo in Italia, sapete? L’Italia delle contraddizioni, degli anacronismi, delle antinomie, dei contrasti a cielo aperto? Ecco di quella vi parlo, di quell’ Italietta da quattro soldi scarsamente equiparata al progresso indietro di almeno 30 anni rispetto ai partners europei più consolidati e mastodontici veri mastini del mercato internazionale: I poeti chi sono, questa brutta razza dannata? Premono e battono per essere introdotti, ahimé…  Povera gente! Illusi, veri stakanovisti del “rifiuto” insistente e persistente. Ma dove vogliono andare? Cosa pretendono? Sono malvisti, ridotti al ruolo di sudditanza a causa dell’incuria delll’ indifferenza e del malcostume degli editori governativi di non tenerli in considerazione, essi sono obbligati a ripiegare sulle case editrici meno blasonate, cadendo in mano ad un sottobosco che ne intercetta solo l’introito. Eppure la vana letteraria italiana sarebbe una risorsa per il paese in crisi… sempre meglio che un ventre piatto dalla fame che ci sorprenderà alle spalle, d´improvviso, come una catastrofe, che nessuno ha giudicato tale fino al momento di essere subissati.

È noto che fra te ed il mondo editoriale italiano non corre buon sangue.

Cosa non funziona e perché? Gli editori italiani di rango (noblesse oblige) volgono altezzosi e indifferenti le loro attenzioni alla narrativa straniera, sempre proni a dare ad altre nazionalità onori e gloria perpretando un insulto agli autori nostrani. I direttorini editoriali grandi marche, per lo più giovani baldanzosi e bizzarri, fortemente vanitosi che da loro stessi, in piena autonomia gestiscono la sponda editoriale, autodefininendosi da soli padreterni, o “deus ex machina” intricati nella politica nostrana, ammanigliati coi più alti vertici dell’establishement, fanno gli snob, con gli scrittori (e i poeti) disdegnando le loro opere, senza neppure dar loro un’occhiata di demerito.

Siatene certi che dal filtro intransigente transita però l’amico dell’amico, il vicino di casa, l’anonimo sconosciuto al quale è giusto dare credito intellettuale, mentre non vale niente quello che dice o scrive la “massa” fluida, il corpo senza testa di tanti anonimi illusi… Così definiscono l’onda anomala degli scribacchini: una marea di gente megalomane che senza avere le carte in regola si mette in testa di sfondare…si spranghino le porte, si butti nella spazzatura ogni opera inedita, ogni romanzo o raccolta di poesie provenienti da pianeti sconosciuti, tanto è “fuffa” senza sospettare che tra cotanto pattume, ci possa essere il Pirandello della situazione, il Vate della poesia, il solipsista silenzioso che fa la differenza. Ma tant’è così è se vi pare: la compattezza è d’obbligo, l’ostilità a leggere “robaccia” del popolo, senza l’avallo o il nullaosta di camerille, di congreghe, o altri rimestamenti/accomodamenti è necessaria perché questi “individui” imparino la lezione: non si entra senza la chiave, è severamente vietato. Siatene certi che dal filtro intransigente transita però l’amico dell’amico, il vicino di casa, l’anonimo sconosciuto al quale è giusto dare credito intellettuale, mentre non vale niente quello che dice o scrive la “massa” fluida, il corpo senza testa di tanti anonimi illusi… Così definiscono l’onda anomala degli scribacchini: una marea di gente megalomane che senza avere le carte in regola si mette in testa di sfondare…si spranghino le porte, si butti nella spazzatura ogni opera inedita, ogni romanzo o raccolta di poesie provenienti da pianeti sconosciuti, tanto è “fuffa” senza sospettare che tra cotanto pattume, ci possa essere il Pirandello della situazione, il Vate della poesia, il solipsista silenzioso che fa la differenza. Ma tant’è così è se vi pare: la compattezza è d’obbligo, l’ostilità a leggere “robaccia” del popolo, senza l’avallo o il nullaosta di camerille, di congreghe, o altri rimestamenti/accomodamenti è necessaria perché questi “individui” imparino la lezione: non si entra senza la chiave, è severamente vietato.

2) Qual è l’errore tecnico più frequente che riscontri nelle nuove leve e cosa suggerisci per porvi rimedio?

Io non sono “nessuno” e non posso suggerire nulla perché ho ricevuto anch’io porte in faccia…Ma non mi preoccupo di questo, vi passerò da morta, perché sono in grado di valutare (e molto severamente) meriti e demeriti di chi opera in campo, sono feroce con me stessa tanto quanto lo sono quei bellimbusti che non si peritano di rispondere neppure con un rigo di diniego ai fantomatici appelli.

3) E degli autori che si autopubblicano cosa pensi? Sbagliano o sono una risorsa in più per la letteratura italiana?

Degli autori che si autotassano per le loro pubblicazioni penso che sono una piccola risorsa in un momento di crisi obiettiva, di oscuramento delle capacità imprenditoriali del paese, una piccolissima addizionale riserva economica che fa vivacchiare i poveri cristi, ma non cambia il principio e la portata del fenomeno. Siamo un popolo che non potrà progredire, non potrà andare troppo lontano, perché troppe sono le incongruenze, le detrazioni morali, le defaillance del sistema. Ci fa difetto l’intelligenza, l’amor proprio, il senso del dovere, l’orgoglio, siamo pecore in un recinto di caproni, per via deduttiva dovremmo essere già naufragati, ci salva il famoso humour, l’allegria degenere, la irrefrenabile ironia di saper sopportare impunemente la defenestrazione di ogni categoria pensante (vedasi scuola, ricerca etc). Ma ancora per quanto tempo?

4) Qual è per Ninnj lo scopo della poesia?

Per me è la vita, non credo lo sia per tutti, la vetrina della vanità dà per scontato il suo “fine” che è invece un mezzo per elevarsi sempre più alla condizione di homo sapiens. Io conduco imperterrita la mia battaglia per la poesia da quarant’anni, senza mai una defezione, un ravvedimento, senza guarigione, dalla poesia quando è vera non si guarisce mai, è un morbo che t’infetta, un virus che ti contamina l’anima, la si ama più della propria vita, perché essa è espressione primaria della propria coscienza morale. Ne ho combattuto i detrattori mostrando unghie e denti a coloro che non credono nelle capacità catartiche di questa risorsa umana. La poesia mi dà gioia, serenità nei momenti difficili, mi conduce per mano da quando avevo tredici anni. Non l’ho mai abbandonata, la mia fedeltà assoluta alla causa vorrà pure dire qualcosa, la considero la mia seconda pelle.

5) Una domanda che non ti hanno mai fatto ma cui avresti sempre voluto rispondere.

Una domanda che non mi hanno mai fatta? Perché scrivo? Risponderò con tutta sincerità, non lo so: madre natura mi ha dotato di un cervello vigile e lucido, cerco disperatamente di metterlo a disposizione degli altri, non so sinceramente se vi riesco, l’intenzione è quella di aprire punti di riferimento, fare da battistrada a risolvere incongruenze e defezioni. Non dimenticate che il mio segno zodiacale è acquario: portatrice di bene per antonomasia, infatti è contrassegnato da una fanciulla che regge una giara d’acqua, quale bene più grande!



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