Jena, 6 novembre
Caro Roger,
ti scrivo soltanto per dirti che ti amo, nel caso te ne fossi già dimenticato al momento del tuo arrivo a Londra. Questa lettera, che ti seguirà col treno successivo a quello con cui sei partito, ti sarà recapitata dopodomani, all’ora della colazione. E assaporando la marmellata d’arance che Jena non riesce a produrre, dirai «Una donna quanto mai sconsiderata a scrivere per prima». Ma se valuti il «Caro Roger» vedrai che non lo sono così tanto, dopotutto. Immagini parole più sobrie? Non hai idea delle cose che avrei potuto scrivere al loro posto, se solo avessi voluto. È incredibile pensare che appena ieri a quest’ora conversavamo ancora in termini formali: tu, nel tuo bel tedesco appena appreso, rivolgendoti a me con l’appellativo gnädiges Fräulein a ogni piè sospinto, e io offrendo risposte di pari tono a quel Mr Anstruther che, nel giro di un’unica, stupefacente ora, è diventato per me il caro Roger. Ma ti sono piaciuta, voglio dire, mi hai amato così fin da subito? La mia anima è ancora refrattaria alla dolcezza di queste parole inusuali, ancora indurita per mancanza d’uso. Perdonami dunque se tendo ad aggirarle.
…
La formula di narrazione (un epistolario costruito solo sugli scritti di un mittente) scelta qui da Elizabeth von Arnim – autrice brillante e di raro anticonformismo – è fantasiosa e singolare perché riesce a coinvolgere in modo straordinario il lettore tratteggiando precisi e caustici ritratti.
È esemplare la destrezza con cui si fa largo tra le pieghe dell’animo umano e ci fa conoscere un mondo intenso, vibrante, soprattutto molto umano. Un mondo scomparso ma vivo che è una commedia, quella della vita fin-de-siècle. Un mondo dominato dall’ipocrisia e dalle convenzioni sociali.
Un libro, questo, che è puro piacere di lettura.
Elizabeth von Arnim, Una donna indipendente, traduzione di Simona Garavelli, Bollati Boringhieri 2014.