Una eclisse solare trasformata in sogno da Tuthmosis IV?

Creato il 20 novembre 2015 da Associazione Culturale Archeologia E Misteri @acam2000

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(c) 2015 Anna Bacchi per Acam.it

Fin dai primordi della storia egizia il Sole ( Ra) ha avuto la massima rilevanza, tanto è vero che è raffigurato esplicitamente già su una delle numerosissime etichette con ricco materiale epigrafico trovate dall'equipe di Dreyer ad Abydos, la maggior parte delle quali proveniente dalla tomba U-j attribuita al re predinastico Scorpione e in cui molti vi ravviserebbero le prime forme di scrittura geroglifica egizia da cui potrebbero aver tratto ispirazione i Sumeri (fig. 1).

A prescindere dai della e dalle tradizioni sui re divini, di cui Ra sarebbe stato il primo, l'area di Giza nelle tradizioni era ricordata come "Il posto prescelto" ( Setepet) il che suggerirebbe che gli individui che in tempi remoti sarebbero stati associati agli dei primigeni[i] avessero ravvisato nella località uno scenario strettamente collegato ai loro avi, scenario a sua volta ricollegato dagli Egizi successivi alle stesse divinità del Primo Tempo per legittimare il loro passato e che, con il passare dei millenni, avrebbe fatto acquisire alla località sempre più sacralità. Sia in Egitto sia in altri paesi, infatti, non sono rari antichi luoghi di culto in cui è stata riscontrata una continuità millenaria[ii] e che Giza avesse una sacralità plurimillenaria è attestato dalle testimonianze archeologiche scoperte nella zona che spaziano addirittura dal primo predinastico (5500/3500 a.C.) all'epoca tarda, a differenza di quelle più antiche fino ad ora rinvenute nelle località in cui furono innalzate le piramidi della III Dinastia che risalgono soltanto alla I Dinastia[iii].

Una prova che ricollega Giza già al periodo predinastico, infatti, è fornita da quattro vasi in ceramica, trovati ai piedi della Grande Piramide. Alla fine del 1800 questi reperti furono datati alla IV Dinastia ma ad una attenta rilettura di Mortensen risultarono tipici del periodo di Maadi-Buto e, poiché erano intatti, probabilmente sarebbero dovuti provenire da una sepoltura distrutta durante la realizzazione della piattaforma della piramide piuttosto che da un insediamento[iv].

La cultura di Maadi-Buto (o Maadiana), così chiamata dal sito di Maadi nel Delta occidentale, è convenzionalmente collocata cronologicamente intorno al 4000/3500 a.C. ed è stata identificata in circa dodici siti, tra cui Maadi, Buto, Wadi Digla, Merimda Beni Salama, Heliopolis, Tura e Giza. Le numerose campagne di scavo, inoltre, hanno messo in evidenza rispetto alle culture precedenti del Basso Egitto una società più dinamica perché sono state trovate testimonianze di intensi scambi commerciali[v] che avrebbero facilmente permesso penetrazioni di influenze culturali dalle zone interessate dalle negoziazioni ma, principalmente, hanno messo in risalto un maggiore sviluppo tecnologico e culturale. Il ritrovamento di numerosi resti di attrezzi in rame già rovinati in fase di fusione, infatti, non solo ha comprovato la conoscenza già della metallurgia, di questo minerale e la presenza di stabilimenti atti alle fusioni ma anche una sua estrazione diretta o indiretta[vi].

Tra i siti nelle immediate vicinanze di Giza ricollegati alla cultura di Maadi-Buto è proprio Heliopolis, fin dall'inizio della storia dinastica sede del culto solare, a suggerire l'antichità di questo culto nell'area perché, salvo sei casi, i resti umani trovati nelle sepolture datate convenzionalmente al periodo Naqada IIAB del cimitero riportato alla luce negli anni Cinquanta del secolo scorso hanno evidenziato che i defunti erano stati deposti sul lato destro in posizione semicontratta, con testa a sud e faccia volta ad est, e quindi in direzione del Sole nascente. De Bono e Mortensen[vii] stimarono che questa necropoli originariamente fosse costituita da circa 200 tombe e che avesse avuto una limitata operatività durata circa 50-60 anni. Le sepolture esaminate durante gli scavi del 1950 furono 63 (di cui 45 con scheletri umani e 11 di capre e cani) e si rivelarono diversificate per dimensione, profondità e corredi funerari[viii], a dimostrazione già di una stratificazione sociale.

La prima vera attestazione storica del culto del Sole, però, ci arriva soltanto dal protodinastico e precisamente dalla II Dinastia con Nebra o Raneb ( Signore Sole), di cui ancora non si è trovato il nome neswt-bity, e con Neferkara ( Bello il Ka di Ra), anche se a Saqqara, in una iscrizione vicino la tomba di Ninetjer, alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso è stato trovato un cartiglio con il nome Nefer-senedj-ra che si ritiene possa essere il nome neswt-bity di Sened (anche se non si può escludere che l'iscrizione possa risalire allʼepoca ramesside).

Se l'appartenenza di Nebra a questa dinastia e il suo nome Horus sono comprovati da ritrovamenti archeologici, Neferkara, invece, è con Nwbnefer ( Oro bello) e Neferkaseker ( Bello il Ka di Sokar), conosciuti soltanto da iscrizioni nella necropoli menfita, tra i più oscuri re della II Dinastia perché il suo nome compare solo nella Lista di Saqqara e sul Canone di Torino, entrambe di epoca ramesside[ix]. Più tardi Ra compare nell'onomastica regale della IV Dinastia con Radjedef (Djedefra), figlio di Khufu, con Khafra (Rakhaef) più noto come Chefren, con Menkhaura (Micerino) e con Rabaef (Baefra) mentre dalla V Dinastia il suo nome appare regolarmente in quello dei sovrani, diventando così divinità statale.

In Egitto, come in tutti gli stati teocratici, all'apice della gerarchia stava il sovrano cui seguiva il Gran Sacerdote per cui, per oltre un millennio e mezzo, ad avere il rango preminente fu quello di Heliopolis ma nel Nuovo Regno, quando la corte si trasferì a Tebe e Amon divenne il dio dinastico, il personaggio più importante dopo il re divenne il suo Gran Sacerdote. Di conseguenza, visto che i templi oltre a essere luoghi di culto erano principalmente luoghi di comunicazione politica e ricchi centri economici, è istintivo pensare che con il passare del tempo tra i due centri cultuali si fosse instaurata una sempre più crescente "velata" rivalità e che nel corso della XVIII Dinastia entrambi i cleri fossero giunti al punto di strumentalizzare situazioni ed eventi, soprattutto fenomeni celesti come eclissi solari, lunari e sciami meteoritici, ad esclusivo interesse della divinità rappresentata pur di aumentarne maggiormente il prestigio. Questo perché, se in tempi relativamente recenti Giacomo Leopardi in "Storia dell'Astronomia" riferiva il terrore che ancora suscitavano le eclissi solari nel popolo, è facilmente immaginabile quali turbamenti emotivi avrebbero scatenato questi fenomeni celesti molte migliaia di anni fa in persone che vedevano il Sole, la massima divinità da cui traevano vitalità e nutrimento, oscurarsi sempre più e a volte fino anche a "morire" per poi "rinascere", rinnovato nell'essenza, con un bagliore improvviso dopo qualche minuto. E che in Egitto le eclissi solari si sarebbero potute simbolicamente tramandare fin dai tempi più antichi potrebbe essere avvalorato dalle raffigurazioni del Sole con le due ali distese, il cui esempio più antico probabilmente risale alla I Dinastia, perché molti studiosi fanno notare come le sue riproduzioni ricordino in modo molto particolareggiato le eclissi solari totali che si verificano in concomitanza di poca attività delle macchie solari perché diventano visibili lunghi pennacchi di luce che si possono facilmente associare ad ali.

A suggerire che il clero eliopolitano durante la XVIII Dinastia avesse tentato in tutti i modi di contrastare l'ascesa di Amon a divinità suprema del pantheon egizio sono i numerosi riferimenti all'antico culto solare dei predecessori di Akhenaton. La prima citazione scoperta della Sfinge come dio solare Horem-Akhet, infatti, risale a Tuthmosis I che in sua prossimità fece costruire un tempio mentre in quello nubiano di Tombos il re si fece ritrarre con il disco solare seguito dal simbolo significante dio. Dopo aver fatto un viaggio alla Sfinge in giovane età, anche Amenhotep II si sentì spinto a erigere un tempio attiguo al monumento mentre, sempre a Giza, il dio solare si presentò in sogno al figlio Tuthmosis IV assicurandogli che lo avrebbe fatto diventare re se lo avesse liberato dalle sabbie che ricoprivano il suo corpo[x].

Ed è proprio questo sogno narrato sulla stele ai piedi della Sfinge, guarda caso fatto in concomitanza della possibile fine del regno di Amenhotep II e proprio a Giza, località sotto l'influenza del clero eliopolitano, a indicare che la strumentalizzazione di un'eclisse solare sarebbe potuta essere un ennesimo tentativo per far riguadagnare al culto solare il prestigio di un tempo con l'ascesa al trono di Tuthmosis IV, re molto coinvolto con il dio solare, come suggerito dalla Stele del Sogno, dal suo grosso scarabeo in cui il disco solare viene definito dio universale e dai suoi due Giubilei[xi]. Nel Capitolo I de "La maledizione del Sole oscurato" (2015), infatti, scrivo:

"Se le eclissi solari suggerirebbero che Akhenaton governò dal mese di agosto del 1368 a.C. al 1351 a.C., i circa 38 anni di regno di Amenhotep III sarebbero dovuti iniziare grossomodo nel 1405 a.C. mentre il suo predecessore Tuthmosis IV, con i suoi circa 9 anni di regno, sarebbe potuto diventare re intorno alla metà del 1414 a.C. per cui la stele in cui racconta il sogno fatto all'ombra della Sfinge dovrebbe risalire al 1414/13 a.C. perché fu realizzata nel suo primo anno di regno. Probabilmente saranno solo due ingannevoli coincidenze ma nel tardo pomeriggio del 13 giugno giuliano 1414 a.C., anno della possibile ascesa al trono di Tuthmosis IV, a Giza un'eclisse solare raggiunse il suo culmine oscurando il Sole per più di sei decimi (v. Fig. 1.2) mentre il testo della Stele del Sogno è sormontato da un Sole alato, da molti considerato una figurazione simbolica di questi fenomeni celesti. Se quel giorno il principe fosse stato impegnato in una battuta di caccia nei pressi della Sfinge, è impossibile che non rimanesse impressionato dall'incupimento del cielo e dall'ombra nera che sinistramente inglobava sempre più il Sole per cui avrebbe certamente chiesto chiarimenti su quanto visto in cielo ai sacerdoti di Heliopolis. Sarebbe troppo audace pensare che questi avessero approfittato del fenomeno celeste per suggestionare il giovane facendogli immedesimare la sabbia che aveva sepolto il corpo della Sfinge con l'ombra nera che aveva coperto il Sole per più della metà? Poiché Amenhotep II sarebbe stato ormai molto in là con gli anni, quale modo migliore per convincere il giovane principe a far liberare dalla sabbia l'antico monumento in stato di abbandono legato al culto solare degli avi se non assicurandogli che il dio solare, come ringraziamento, lo avrebbe fatto diventare re? A Tebe, poi, l'eclisse solare fu di maggiore entità per cui non solo si potrebbe pensare che Amenhotep II avesse interpretato quell'inquietante evento un nefasto presagio della sua prossima morte (confermata, tra l'altro, dalla volontà dello stesso dio solare che aveva promesso il regno al figlio per contraccambiare il disseppellimento dalla sabbia) ma anche che Tuthmosis IV, non essendo il legittimo erede perché lui stesso nella stele si definisce principe senza prospettive, per convincere il padre ad associarlo al trono avesse potuto sfruttare, su suggerimento degli stessi sacerdoti eliopolitani, l'enorme importanza che gli Egizi davano ai sogni. Questi, infatti, erano considerati predizioni degli dei ed erano importantissimi nella cultura egizia perché la loro interpretazione era fondamentale per la divinazione del futuro, per le decisioni statali, le legittimazioni e gli esiti delle battaglie. Per capire meglio quale influenza avessero i sogni nella società egizia basta portare ad esempio la storia di Giuseppe, il pastorello figlio di Giacobbe venduto dai fratelli agli Ismaeliti che si recavano in Egitto, che da umile schiavo divenne braccio destro del faraone per aver suggerito un'oculata amministrazione delle scorte alimentari dopo aver associato le sette vacche grasse viste in sogno dal re a sette anni di prosperità del paese e le sette vacche magre che le divorarono ad altrettanti anni di carestia, così come le sette spighe piene fagocitate da altrettante spighe bruciate dal vento del deserto[xii]. E che l'associazione al trono tra Amenhotep II e il figlio potesse essere stata abilmente orchestrata dal clero eliopolitano con la strumentalizzazione di quell'eclisse verrebbe intrigantemente suggerito da Amenhotep III, figlio di Tuthmosis IV, perché Aldred, in "Akhenaton il faraone del sole", scrive che nella cappella della piramide di Meidum vi è un enigmatico graffito, datato anno 30 di Amenhotep III, in cui è citata l'imposizione di un erede maschio sul trono del padre e della sua assunzione all'eredità della terra. Se questo regnante avesse iniziato a governare intorno alla metà del 1405 a.C. giuliano, infatti, l'anno 30 calcolato dall'ascesa al trono sarebbe andato grossomodo dalla metà del 1376 a.C. alla metà del 1375 a.C., proprio l'anno in cui a Giza (località dove il dio solare si era rivelato al padre) il 3 maggio giuliano 1375 a.C. un'eclisse avrebbe dato all'alba un'apparenza spettrale perché la fase culminante che coprì quasi totalmente il Sole ci fu poco prima della sua levata. Poiché Amenhotep III aveva meticolosamente curato la promozione della propria divinità e la presentazione del suo primo Giubileo effettuando molte ricerche negli archivi, non si può escludere che, quando celebrò il suo primo Giubileo nell'anno 30, quell'eclisse avesse potuto ispirare il graffito perché, ricordando l'ascesa al trono del padre Tuthmosis IV "imposta" dal dio solare (verosimilmente con l'eclisse del 13 giugno 1414 a.C.), avrebbe legittimato ulteriormente la propria sovranità e la propria divinità. Inoltre, poiché il 14 luglio giuliano 1406 a.C. (in base alla cronologia di chi scrive all'inizio del nono e ultimo anno di regno di Tuthmosis IV) ci fu un'altra eclisse solare abbastanza importante, si potrebbe anche arrivare a pensare che pure lo stesso Amenhotep III avesse attribuito la sua ascesa al trono a un'imposizione divina manifestata con quell'oscuramento del Sole per propagandare maggiormente la propria natura divina. Che il primo Giubileo di Amenhotep III avesse un qualcosa di inusuale, infatti, verrebbe confermato dalla tomba di Kheruef..."[xiii]

Poiché nell'antico Egitto magia e superstizione erano più vive che mai; Tuthmosis IV e Amenhotep III continuarono ad essere molto tolleranti con il clero tebano e quest'ultimo non rimase certamente indifferente[xiv] ai numerosi tentativi dei sacerdoti eliopolitani di far riguadagnare al loro culto il prestigio di un tempo, il gioco di potere tra i due centri cultuali accortamente gestito con le strumentalizzazioni delle eclissi solari sarebbe andato avanti per tutta la XVIII Dinastia fino alla morte di Haremhab. Con la scomparsa di questo re, l'ultimo dei personaggi autorevoli collegati alla rivoluzione religiosa amarniana, infatti, la "collera" di Amon nei confronti dei sovrani egizi, manifestatasi per decenni con gli oscuramenti del Sole, si sarebbe finalmente placata perché con l'avvento dei Ramessidi sarebbe potuto subentrare un nuovo tipo di strumentalizzazione di questi fenomeni celesti volto, però, a salvaguardare gli interessi dei regnanti o di chi arrogava a sé gli stessi poteri regali senza essere di stirpe reale.

Della stessa autrice leggi: I Templi di Abusir erano osservatori solari?

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Bibliografia e Note:

[i] Per approfondimenti su questi individui vedi:

    Bacchi, La maledizione del Sole oscurato, Aracneditrice, Roma, 2015.

[ii] Per approfondimenti vedi:

Bacchi, opera citata.

[iii] Anche nei pressi di Abusir, località a nord di Saqqara in cui alcuni regnanti della V Dinastia innalzarono i loro templi solari, sono stati trovati cimiteri di epoca predinastica. Ciò indurrebbe a pensare che Userkaf, il primo ad edificare nell'area il suo tempio solare " Roccaforte di Ra", potesse aver scelto proprio questa località non solo perché già luogo sacrale degli avi dedicato al culto del Sole ma anche perché avrebbe potuto sfruttare i resti di un'antica struttura templare preesistente. Vedi: http://www.acam.it/i-templi-di-abusir-erano-osservatori-solari/

[iv] Per approfondimenti vedi:

Mortensen, Four Jars From the Ma'adi Culture found at Giza, MDAIK 41, 1985, pp. 145-47.

[v] Tra cui la presenza di ossa di asini, tipici animali carovanieri, suggerenti spostamenti su lunghe distanze.

[vi] Si ritiene anche che la posizione strategica di Maadi avrebbe permesso rotte di accesso verso le miniere di rame di Gebel Ataqa e del Sinai.

Per approfondimenti su Maadi vedi:

    Habachi e W. Kaiser, Ein Friedhof der Maadikultur bei es-Staff, MDAIK 41,1985.

Rizkana e J. Seeher, New light on the relation of Maadi to the Upper Egyptian cultural sequence, MDAIK 40, 1984.

Rizkana e J. Seeher, The chipped stones at Maadi: preliminary reassessment of a Predynastic industry and its long-distance relations, MDAIK 41, 1985.

Rizkana e J. Seeher, Maadi I: The Pottery of the Predynastic Settlement, Mainz, 1987.

Rizkana e J. Seeher, Maadi II: The Lithic Industries of the Predynastic Settlement, Mainz, 1988.

Rizkana e J. Seeher, Maadi III: The Non-Lithic Small Finds and the Structural Remains of the Predynastic Settlement, Mainz. 1989.

Rizkana e J. Seeher, Maadi IV: The Predynastic Cemeteries of Maadi and Wadi Digla, Mainz 1990.

    Seeher, Maadi, eine prädynastische Kulturgruppe zwischen Ober Palästina, Praehistorische Zeitschrift 65/2, 1990.

[vii] F. Debono e B. Mortensen, The Predynastic Cemetery at Heliopolis. Season March - September 1950, Mainz 1988.

[viii] Costituiti soprattutto da 1 a 10 vasi ceramici disposti vicino alla testa. Anche le tombe degli animali, più piccole di quelle umane, avevano corredi funerari.

[ix] Per approfondimenti su Nebra e Neferkara vedi:

  1. Raffaele: http://xoomer.virgilio.it/francescoraf/hesyra/nebra.html
  2. Raffaele: http://xoomer.virgilio.it/francescoraf/hesyra/nnn.htm

[x] A. Bacchi, opera citata.

[xi] Per approfondimenti vedi:

Bacchi, opera citata.

[xii] Forse sarà solo una coincidenza ma il faraone diede in moglie a Giuseppe la figlia di Putifar, sacerdote di On, la Heliopolis dei Greci (Genesi 41: 45).

[xiii] A. Bacchi, opera citata, pp. 60-62.

[xiv] Ad esempio, una esplicita strumentalizzazione di un'eclisse solare da parte dei sacerdoti tebani, e precisamente di quella che per la scrivente avrebbe "decretato" la fine di Akhenaton, si può notare in questo passo di un testo risalente al periodo della Restaurazione "... Il Sole di chi non ti riconosce, presto tramonta, o Amun, ma per chi ti riconosce, splende [per sempre]. La corte di colui che ti ha assalito è ora nel buio, ma tutta la terra è nella luce: il tuo Sole risplende per chi ti pone nel suo cuore, o Amun..." G.G. Panini, Il grande libro dell'Egitto, Mondadori, 1995 citato in A. Bacchi, opera citata, p. 339.

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