Una fiaba prima della ‘prima’

Da Cultura Salentina

di Titti De Simeis

C’era una volta un passo di danza, discreto, furtivo, conquistava lo spazio di un pensiero, lo sguardo di una bimba, il silenzio di una pausa musicale. Leggero, velluto e seta nelle sue scarpe, canticchiava di fronte allo specchio in sordina, tra le righe di un valzer, tra le braccia accaldate e in ciocche di capelli, distratte.

Il legno profumava al suo passaggio, faceva posto alle sue punte, ai suoi arpeggi veloci: un pavimento di sogni, di quinte schiuse, di luci da ribalta. Sapeva amare, quel passo di danza ogni caduta, ogni ritorno, ogni strappo, ogni sorriso mancato. Sapeva crescere, ad occhi bassi. Sapeva che il fruscio di un sipario lo avrebbe riportato alla vita. E volteggiava, abbracciato a se stesso, carezzava il fresco dei suoi risvegli all’alba, il freddo delle sue sere di prove, i colori del suo tulle da fiaba. Tenace, come il vento del nord, caldo come la voce dell’Africa.

Digiuni affamati, battiti da rallentare, sguardi da consolare. Porte socchiuse spiavano le sue paure, calzamaglie colorate vestivano i suoi grigiori. Fiori in controluce smorzavano le sue notti.

Imparava a sentirsi vivo nel respiro di una sinfonia, nei passaggi di una ballata, nei fraseggi di un canto a due voci. Si apriva il sole oltre il soffitto e un raggio di vento era la sua luce. E tornava a ripetere, tornava a cadere, tornava all’inchino finale.

C’era una volta un passo di danza.

Oggi è qui, in un baule d’emozioni dalle stoffe amaranto e bussa impaziente, gli occhi lucidi e i pensieri a briglie sciolte.

Che sia silenzio, per sentirne il silenzio o un trionfo di musiche a donargli le ali.