Una forte debolezza

Creato il 19 settembre 2011 da Ilpescatorediperle

Se qualcuno ha voglia di perdere un po' del proprio tempo, la lettura della lettera di Berlusconi a Il Foglio di due giorni fa è consigliabile. Saggiamente rubricata sotto il titolo "soliloqui", essa deluderà chi si aspetta di trovarvi qualcosa di nuovo - rivelazioni, dimissioni e simili. Berlusconi ribadisce il suo punto di vista e non si sposta di un millimetro. Egli ha addirittura l'ardire di citare la prima lettera di Moro a Cossiga durante i 55 giorni di prigionia (" Da tre anni sono sottoposto a un regime di piena e incontrollata sorveglianza il cui evidente scopo è quello di costruirmi addosso l’immagine di ciò che non sono", scrive il premier; "Mi trovo sotto un dominio pieno e incontrollato, sottoposto a un processo popolare che può essere opportunamente graduato", affermava lo statista), proponendo un improponibile paragone. Ma non è questo quel che interessa qui. Ciò che conta è la fermezza di cui si arma il Presidente del Consiglio, la fiera (spavalda, ormai) ostinazione a tenere un punto ormai sbaragliato dalla verità dei fatti. Leggete quelle righe. Sono piene di "assolutamente", "non ho affatto intenzione", "intollerabile", "incommensurabile", "io non mollo". Una perentorietà che egli non ha mai avuto nel corso della sua lunga stagione di governo - se si eccettuano le impuntature, ancora una volta, quando ad essere toccati erano i suoi interessi, o la "felicità" del minor numero possibile (e in effetti è proprio il suo utilitarismo a due riprese, forse, la cifra del berlusconismo: promessa la felicità al maggior numero possibile, cieli azzurri e sole in tasca, si è ridotto poi a difendere il suo piccolo fortilizio dalla magistratura, dalle tasse per i super ricchi, dalla realtà, infine).

Confrontate, per esempio, questa lettera con la telefonata di Lavitola. A parlare non è il Presidente del Consiglio ma un piccolo lacchè prono. L'audio è tutto un "uhm", "ci pensiamo". Peccato che là non si trattasse (soltanto) di difendere se stesso, ma di decidere come concedere finanziamenti pubblici, come legiferare in materie politicamente rilevanti, persino se proporre modifiche alla Costituzione. Il tono accomodante, incline al compromesso al ribasso e alla condiscendenza con cui sono state affrontate le questioni decisive (per non parlare dell'influenza di consiglieri laterali, informali, se non occulti, comunque non deputati a decidere alcunché), fino all'ultima legge finanziaria: è questo ciò che, più di tutto, resterà di questa tragicomica esperienza politica.Un potere impotente, velleitario, forteconidebolideboleconiforti, la cui ultima, residuale energia è spesa per difendere la propria immagine, già distrutta, già dissolta.

da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com


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