Una giornata alle medie

Creato il 10 aprile 2015 da Studio83

Mercoledì 25 marzo ho passato qualche ora in una scuola media di Pogliano Milanese a parlare di scrittura, di racconti, di antologie.
Grazie a un progetto capitanato da Chiara Bertazzoni, tre classi prime hanno scoperto che "antologia" non è solo una materia in cui si studiano pezzi di libri vecchi. I ragazzini hanno studiato cos'è un'antologia, come può nascere, quali percorsi può fare... e presto confezioneranno insieme a Chiara e alle professoresse un'antologia di genere con i loro racconti.

Se vedo dimentico, se ascolto capisco, se faccio imparo.
Confucio

Il mio ruolo? La scrittrice. Di un racconto che loro hanno letto preventivamente e su cui hanno avuto licenza di uccidere. Quindi. Panico.
Il fatto che mi sia persa dietro casa mia può dare l'idea dello stato d'animo in cui ero prima di cominciare.

Invece. Invece la giornata è stata una serie di piacevoli sorprese. Protagonisti assoluti: le ragazze e i ragazzi, ovviamente.

Perché quando pensi a decinediundicenni che stanno lì e ti guardano e ti chiedono, l'immagine che ti si figura in mente è nebulosa e ansiogena.

Ma poi una volta lì, ti trovi davanti prima di tutto delle persone.

Persone che quando ci parli, ti passa tutto. Ascolti cosa hanno da chiederti, rispondi come puoi, loro a volte mollano lì, altre si incuriosiscono e ti rispondono ancora o rilanciano. Ed ecco che si crea una relazione autentica e spontanea.

C'è chi vuole sapere, chi ha bisogno di conferme su quello che ha letto. C'è chi le conferme le vuole su di sé e sul ruolo che si sta creando nel mondo: anche io quando ero piccolo ho scritto un racconto sugli alieni, e guarda che robot ho disegnato poco fa, mi è venuta l'idea di fiori marziani carnivori.
C'è chi, seppur timidamente, afferma la propria esistenza e intelligenza: in pratica il personaggio e l'alter ego sono lo Yin e lo Yang. C'è chi è curioso di gossip: prof, ma il racconto sulla scuola che ha scritto... è vero? Cosa è vero e cosa no? Ma il personaggio è preso da uno che conosciamo? Oppure se l'è presa a cuore: ma anche suo padre come quello della protagonista del racconto ha fatto così? Ma che fine ha fatto il ragazzo bocciato? Ma che ha pensato quando l'hanno bocciato?
C'è chi vuole andare a fondo e fa tante domande. Chi tiene la mano alzata e non si arrende e piuttosto si puntella ma non la tira giù. Chi sfodera fotocopie.
C'è chi balbetta un po', chi ha difficoltà ad articolare un pensiero un po' più lungo, e questo suscita dispiacere ma anche ammirazione e rispetto, perché ne vedi il lavoro, la lotta in atto, una persona in via di definizione che anche se fa fatica alza la mano e parla lo stesso.
C'è chi se ne fotte perché è il figo/la bellina del gruppo e quindi intanto tesse tele, fa occhi dolci e maltratta i propri gregari.
C'è chi ascolta: e che, diversamente da persone più grandi e adulte, quando lo guardi negli occhi non cambia sguardo né espressione ma ti studia, cerca di leggerti e ti esamina con naturalezza e senza farsi problemi. (Casomai creandoli a te, oratrice sgamata messa in mutande dalla mancanza di battiti di ciglia.)

Passiamo alla sottoscritta dall'altra parte della cattedra: in poche ore ho imparato tantissimo.

Il racconto che ho sottoposto all'attenzione delle classi è stato "Frammento n.83″, racconto pubblicato nell'antologia RiLLica 2014 "La Maledizione".

Ha dei punti di forza sui quali puntavo molto in questo contesto:

  • parla di alieni
  • ci sono pezzi in buffa lingua aliena
  • è un finto manuale di letteratura che parla di una poesia aliena, quindi prende un po' in giro proprio la materia dalla quale partivano per arricchirla.

La prima lezione che ho imparato è quella classica dell'autore: pensa bene al tuo pubblico prima di proporre i tuoi testi.

Infatti il racconto, nonostante i punti a suo favore, ne aveva anche uno contro, che non ho tenuto nella dovuta considerazione:

Sì: è scritto difficile. L'ho fatto apposta, per sfottere il tono saccente e professorale che anche io da studentesa ho odiato. E quindi? E quindi hanno fatto una fatica bestiale e una volta che me ne sono accorta mi è dispiaciuto molto.

"Mi dispiace per lo sforzo che vi ho richiesto!" ho detto, lì sulla seggiolina, "Spero che almeno ne sia valsa la pena: avete imparato qualche nuova parola che vi è piaciuta?"

E un ragazzo mi ha risposto: "Sì. Umanoide."

Evvai! Ecco un'altra lezione: punta sul tuo genere e non verrai delusa!

Altre domande che ricordo e che mi hanno colpito:

quanto tempo ci ha messo (sì, ti danno del lei) a scrivere il racconto? E come le è venuta l'idea? Perché ha messo nomi cinesi? Qual'è stato il racconto più facile e quello più difficile che ha mai scritto?
Perché nel concorso (
il Trofeo RiLL) c'è un limite di battute massime e non uno minimo? Ma loro i racconti li devono leggere tutti? Che cosa succede se uno non va bene? Ma perché se RiLL significa Riflessi di Luce Lunare non lo hanno puntato come si fa con le sigle?

Il vincitore morale:

Vi lancio una sfida: inventare un racconto entro la fine di questo incontro!
(La sfida è stata vergognosamente non raccolta).

La domanda che mi è rimasta nel cuore (e se volete capirla non posso certo rovinare il colpo di scena: leggetevi "Frammento n.83″ e scoprite come finisce):

Ma lei questo racconto lo ha scritto anche per convincere le persone e farle cambiare idea?

La risposta è stata certo che sì, e con gli occhi lucidi. Io cerco sempre di convincere la gente! E di appassionarla a cosucce come il rispetto dei diritti umani, la dignità di ogni creatura vivente, la democrazia, l'uguaglianza di genere (uomini e donne, terrestri e abitanti di Tù). Il fatto che una ragazzina se ne sia accorta e me ne abbia chiesto conferma è origine di un'altra lezione: se hai un messaggio in cui credi, portalo avanti e aggrappati a quello e forse qualcosa succederà, anche se, brutta imbecille, hai scritto difficile!

Ho iniziato a scrivere proprio a quell'età: undici anni. Ed eccomi qui, dall'altra parte, con un'etichetta in fronte ("scrittrice") ma con la stessa ragazzina, in un angolo del mio cuore. Ed ecco altri come lei, lì di fronte, a dimostrarmi quant'è bello scrivere e soprattutto (quarta e ultima lezione) quant'è bello esporsi, andarsene in giro per il mondo a parlare con la gente delle cose che ci fanno pensare e sentire vivi.

Grazie ragazze e ragazzi, scrittrici, lettori, abitanti del futuro!

Grazie anche alla preside e alle insegnanti della Scuola Media Statale Paolo Neglia di Pogliano Milanese, per la voglia di ampliare i confini e la disponibilità. A Chiara Bertazzoni per l'opportunità unica che mi ha dato. Ad Alessandro Morbidelli per averci spiegato cosa fa un curatore e quanto può essere preziosa una professoressa ottusa. A Lorella Sala dei Senza Rete per le sue impeccabili letture e per la voglia che aveva di cimentarsi nella futurantica lingua di Tù.

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