Butto un occhio in giro e tutto sembra tacere, esco. Sono nervoso e mi voglio sfogare, ma fuori non va meglio. Ogni cosa mi fa scattare i nervi e respiro a fatica. Colpa delle industrie. Quelli fanno come gli pare tanto nessuno gli dice nulla finché non la combinano troppo grossa. Bastardi. I pensieri mi si accavallano in testa. Tu cosa guardi? Ecco bravo, vattene che non ti conviene. Qui, se non fai la voce grossa non vai lontano. E io oggi voglio starmene per i fatti miei. Allungo il passo davanti a uno che se ne sta fermo a guardare quello che gli succede intorno. Sguardo fisso e nessuna espressione sul viso.
Tanto immobile da sembrare impagliato, ma so che quando gli gira male è meglio non essere nei paraggi. Bisogna saper scegliere i propri avversari. Faccio qualche metro e sento casino alle mie spalle. Il tipo impagliato è scattato. Quello a terra non credo si riprenderà. E gli uccelli guardano dall’alto. Schifosi. Spesso non aspettano nemmeno che uno sia in difficoltà. Zac! E se ne vanno compiaciuti. Mi affretto e un gruppo di ragazzini mi taglia la strada. Sembrano tutti uguali e in questo momento li odio, come tutti gli altri.
Urlo qualche frase sconnessa e accenno qualche passo verso di loro. Si disperdono. Bene, almeno ho rovinato la giornata anche a loro. Incrocio uno con la cresta alta che vuol fare il galletto e lo rimetto a posto con poco. Scappa coniglio. Continuo a camminare fino al mio angolino preferito. Qui non ci viene mai nessuno e posso calmarmi davvero. Prima o poi dovrò farmi vedere per questa meteoropatia. Un tonfo in lontananza mi distoglie per un istante dai miei pensieri ma riprendo a girare nervosamente in tondo. Zzzzzzzzzzz.
Un sibilo fastidioso mi distrae. Mi giro, cerco di capire cosa sia ma non vedo niente. Aumenta. Zzzzzzzzzzz. Dal nulla appare un bolide sgargiante e il ronzio si fa ancora più forte. Mi faccio avanti per fargli capire che deve smetterla se non vuole guai. Ma quello non mi ascolta e tira dritto per i fatti suoi, come se non esistessi. Non lo sopporto. Zzzzzzzzzzz. Un brivido mi corre lungo il fianco e arriva dritto in testa. Zzzzzzzzzzz. Parto secco.
Il bastardo è forte, ma riesco a portarlo a terra. Lo strattono qualche volta ma quello non molla. Le forze iniziano a mancarmi ma lui riparte. Inesorabile. Mi tira su e inizia il suo turno. Adesso è lui che guida il balletto. Cerco di divincolarmi ancora un paio di volte ma quello sembra non stancarsi mai e alla fine mi arrendo. Inizio ad avere paura e non capire niente. Fortunatamente l’adrenalina mi anestetizza. Riesco solo a pensare che devi saper scegliere i tuoi avversari. Il tipo mi tira su e sembra non smettere mai. Ma quanto è alto?
Sento la testa uscire dall’acqua e cerco un’ultima volta di fuggire. Niente da fare. Vengo alzato di peso da un gigante deforme con la faccia da scemo che ne chiama un altro. Sento uno dei due che chiede: “Ma è un perca?”. Perca ci sarà quella porca di tua madre. “No, è un persico. Di… 39 centimetri!”. Bravo. Cerco di divincolarmi per riguadagnare la libertà. Una luce mi abbaglia. Forse è quella che dicono appaia a chi sta per morire. Ma dura poco e si affievolisce. “Foto venuta, vai”. Figurati se in una giornata così di merda non passava un’infame a spegnermi la luce in fondo al tunnel.
Sono in affanno quando sento di nuovo l’acqua lambirmi le branchie. Rimango un po’ fermo vicino a quella propaggine rosa che mi tiene in acqua e poi scodo via. Lontano. Ancora verso il canneto dove mi sento più sicuro, ancora vivo, ancora con le palle girate. Forse di più.