A mio parere, l’unico sistema in grado di garantire la rappresentanza di tutti e la governabilità è un sistema misto, per i 2/3 proporzionale puro con sbarramento basso o inesistente; il terzo restante, da assegnare come premio di maggioranza al partito o coalizione che superasse non meno del 40% dei voti; nel caso nessuno superasse questa soglia, si andrebbe al ballottaggio tra i primi due. In questo modo, solo una coalizione che non avesse raggiunto il 30% al primo turno, si troverebbe con problemi di maggioranza. Con i numeri attuali, col 30% e vittoria al secondo turno si avrebbero alla Camera 336 deputati su 630; col 40%, 378 e questo potrebbe anche rappresentare il limite massimo della maggioranza, con un meccanismo che recuperasse gli eventuali seggi eccedenti e li redistribuisse proporzionalmente alle opposizioni.
La frammentazione delle opposizioni derivante da un tale sistema non inficierebbe minimamente la governabilità; piuttosto, renderebbe più problematico l’attuarsi di un blocco monolitico delle opposizioni e faciliterebbe il dialogo della maggioranza con le singole anime della minoranza. Il tanto invocato bipolarismo (che continua a reggere solo negli Stati Uniti) non può essere imposto attraverso una legge elettorale, a meno che non si voglia mortificare la pluralità democratica. Lo stesso, d’altronde, non da di per sé certezza di governabilità, come dimostrano gli ultimi vent’anni della politica italiana, favorendo, in un panorama frammentato come quello generato dalla fine della Guerra fredda, il coalizzarsi di forze eterogenee al solo scopo di vincere le elezioni. In definitiva, una buona legge elettorale non può scaturire da posizioni arroccate in difesa di totem ormai sorpassati, ma dal buon senso e da una lettura aggiornata della situazione socio-politica del paese.