G. Clemenceau
Evidentemente neanche stavolta è andata bene al governo.
Già stamattina Berlusconi ha provato a rigirare la frittata durante la conferenza con Netanyahu, dicendo che gli italiani stavano per mettere fine al progetto nucleare e che il governo si sarebbe impegnato a fondo sulle energie rinnovabili. È più facile che proveranno a trasformare le opportunità di investimenti sull'eolico e il fotovoltaico in terreni di conquista per le ormai onnipresenti e tentacolari cricche di amici e sodali.
Gli scricchiolii della maggioranza assomigliano più ai boati di un terremoto. Il fatto che autorevoli leghisti, Maroni in primis, si siano presentati alle urne è l'ennesimo segnale di una palese insofferenza del vero pilastro portante del governo nei confronti del ruolo di dominus di Berlusconi. Ovviamente lo stesso Maroni ha inopportunamente affermato che il quorum sarebbe stato raggiunto prima della chiusura dei seggi, nella speranza che la gente pigra restasse a casa, convinta che il risultato fosse raggiunto. La strada del governo appare segnata. Le elezioni amministrative e i referendum dimostrano senza alcun dubbio che il paese si è stancato di sopportare un certo tipo di politica. Berlusconi sarebbe ancora in grado di riconquistare il consenso del suo elettorato storico, ma occorrerebbe imporre un'autentica svolta all'intera politica della maggioranza. Bisognerebbe smettere di occuparsi delle beghe giudiziarie personali del premier, abbandonare i temi-civetta che non interessano nessuno per dedicarsi ai problemi dell'occupazione e dei salari, mollare la prese asfissiante sui mezzi di comunicazione, a cominciare dalla RAI. Ci vorrebbe, in breve, un premier che non sia Berlusconi e una maggioranza che non sia composta da suoi sottoposti. Non succederà nulla di tutto ciò. Ghedini ha probabilmente già pronte le alternative alla legge sul legittimo impedimento, per evitare l'avanzamento dei processi al suo padrone. La morsa sulla RAI diventerà ancor più stretta, per infittire ulteriormente il cono d'ombra sull'informazione ai cittadini attraverso i canali tradizionali. Di imprevedibile c'è solo l'aspettativa di vita del governo. Non si sa quando cadrà il castello di carte della maggioranza e se saranno la Lega o i Responsabili a incidere la pietra tombale.
È forse troppo presto per dire che il berlusconismo è finito. È ancora vivo il ricordo delle elezioni del 2006, quando il centro-sinistra rischiò di essere sconfitto nonostante l'abissale vantaggio nelle previsioni e dopo il trionfo alle regionali del 2005. Certamente, se Berlusconi non dovesse riuscire a riconfermarsi, la sua carriera politica di primo piano sarebbe inequivocabilmente conclusa. Se non riuscisse neanche a farsi eleggersi al Quirinale, gli resterebbe solo il ruolo di guida "spirituale" e padre putativo del nuovo centro-destra, ammesso che qualcuno lo voglia ancora e non lo consideri, piuttosto, una zavorra. Solo a quel punto, finalmente, il paese potrebbe tirare un sospiro di sollievo.