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(Come) una favola dei fratelli Grimm (di Ceneredirose)
Non lasciatevi ingannare dal colore rosa acceso della copertina: La felicità di Emma, di Claudia Schreiber, è tutt’altro che un romanzetto rosa.
Difficile dargli una categoria, d’altronde. Surreale? Forse. Tragicomico? No, troppo riduttivo.
Umano, questo si, di un’umanità vera e reale, che non cela al lettore gli aspetti più sgradevoli e drammatici dell’essere uomo, donna, persona. Con leggerezza, e ironia, però.
Veniamo alla storia: Emma è una ragazza che alleva maiali nella sua fattoria, ereditata dal nonno e dai genitori. Vive felice nella sua sudicia e caotica solitudine, ama i suoi animali di un amore totale e assoluto, li accarezza e li coccola fino al momento in cui, con tenerezza ma “senza esitazioni, con un movimento rapido e preciso”, li uccide per farne salami, salsicce, strutto e quant’altro, con cui poi si sostenterà.
“Quella sera Emma si ritirò nella sua cucina e preparò il Weckewerk, una specialità tipica del posto. Nessuno svevo, anseatico o sassone sarebbe mai riuscito a digerirlo. Si prende una padella capiente e si fa sciogliere una quantità abominevole di sugna, il grasso fresco del maiale. Si aggiungono cipolle e lardo e si lascia soffriggere, infine si unisce panna acida. Come contorno, canederli di patate fatti in casa.”
Max è un contabile con la mania per l’ordine e la pulizia, che alla scoperta di avere poche settimane di vita a causa di un cancro al pancreas, ruba un malloppo di denaro al socio e amico di sempre Hans e scappa verso una meta esotica per trascorrere in santa pace i suoi ultimi giorni.
Ma la sua fuga rocambolesca si interromperà, a causa di un incidente, proprio nella fattoria di Emma.
Emma e Max, diversissimi per cultura, abitudini, visione della vita, troveranno l’una nell’altro un senso ed una soluzione alle proprie esistenze.
Splendida la descrizione della prima volta in cui i due fanno l’amore, poesia allo stato puro.
“Di colpo Max ebbe artigli al posto dei piedi, penne e piume lo ricoprirono e le sue braccia si trasformarono in robuste ali. Al posto del viso ora aveva un becco pericolosamente adunco e affilato come un coltello. Nei suoi occhi guizzava la febbre del cacciatore. Afferrò la sua preda e si alzò in volo, mettendo alla prova la sua gigantesca apertura alare. Con pochi potenti colpi d’ala si alzò sopra la fattoria e poi girò in cerchio sopra i tetti del villaggio portando via Emma con sé. Sorvolò le cime degli alberi, raggiunse gelidi picchi rocciosi e gettò la preda nel suo terribile nido. E poi cominciò a farla a pezzi, a mangiarsela viva. Emma aveva un sapore divino ed era molto nutriente.”
Divertente, paradossale, a momenti comico, ma sferzante e incisivo, questo libro. Scava dentro l’anima del lettore lasciando una traccia netta, senza essere melenso o strappalacrime. Anche se le lacrime, ad un certo punto, io non sono riuscita a trattenerle.
A presto,
Ceneredirose