***Lobby contro la finanza...Nelle ultime settimane si è parlato molto in Europa delle regolamentazioni dei mercati finanziari. L’elemento più importante discusso dai vertici europei è il progetto di introdurre una tassa Tobin sulle transazioni speculative.
Del tema se ne discute molto da diversi anni, tant’è che il 30 giugno 2011 è nata l’associazione Finance Watch che dovrebbe esercitare forti pressioni politiche per la regolazione della finanza, mettendola al servizio dell’economia e non più della speculazione. Molti attori della società civile europea hanno, infatti, deciso di incontrarsi allo scopo di creare un gruppo di esperti.
L’iniziativa è partita nel mese di giugno del 2010, quando il deputato ecologista Pascal Canfin lancia l’idea di un’associazione di specialisti in grado di contrastare gli argomenti delle lobby finanziarie. In poco tempo rappresentanti di cinque gruppi politici diversi– da destra a sinistra - presenti a Bruxelles aderiscono e sostengono il progetto. Nei mesi seguenti ci sono state innumerevoli riunioni per definire degli obiettivi comuni e per finalizzare gli strumenti d’azione: in particolare documenti tecnici inattaccabili, creare una lobby anti finanza capace di agire sui politici nazionali ed europei allo scopo di far vale l’interesse generale contro l’interesse privato degli istituti finanziari, e migliorare gli strumenti di comunicazione per sensibilizzare l’opinione pubblica.
In poco tempo aderiscono oltre trenta organizzazioni, da Attac (che si batte da anni per l’introduzione della Tobin Tax) alla Confederazione europea dei sindacati.
Il colpo più importante è però la nomina a segretario generale di Thierry Philipponnat, ex alto dirigente di Amnesty International, ma soprattutto esperto di prodotti finanziari complessi, avendo lavorato in questo campo sia a Londra sia a Parigi per UBS e BNP.
Anche i finanziamenti sembrano assicurati. Oltre a numerosi privati, la stessa Commissione europea dovrebbe partecipare garantendo un budget annuo di due milioni di euro che assicura margini sufficienti per svolgere un lavoro adeguato.
I promotori di Finance Watch sperano così di poter diventare un gruppo politico forte e con le competenze necessarie per contrastare le derive finanziarie. I risultati sono tutt’altro che scontati, ma in tanto, si è già iniziato a parlare seriamente di riforme del sistema come appunto la ventilata Tobin Tax che dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio 2014.
Ma oltre a organizzazioni strutturate con Finance Watch, in questi giorni sono scesi in piazza negli Stati Uniti, e in particolare a Wall Street, gruppi sempre più numerosi di Indignados, che protestano contro il potere della finanza.
Non bisogna certo aspettarsi cambiamenti radicali, ma una cosa sembra sicura: per il sistema finanziario mondiale e in particolare per la speculazione si prospettano tempi un po’ più difficili.*** fonte
di seguito il 2° articolo fresco di giornata.
***Finance Watch, una lobby contro le lobby...Dall’inizio della crisi nel 2008 i potentissimi lobbisti finanziari di Bruxelles sono riusciti a vanificare ogni tentativo di riformare il settore. Ma ora il Parlamento ha convinto alcuni loro ex colleghi a passare dall’altra parte.
Joost Mulder, 31 anni, conosce tutti i trucchi. Per cinque anni questo elegante olandese ha lavorato [nel senso che si è adoperato per esercitare influenza, o per meglio dire “oliato”] nell’apparato legislativo di Bruxelles per conto di varie istituzioni finanziarie. Dipanare e stringere intrighi dietro le quinte della Commissione, del Parlamento e del Consiglio dei ministri dei Ventisette era il suo mestiere. Parla quattro lingue, è al corrente di tutto ciò che accade e si muove a proprio agio nel groviglio politico di Bruxelles. Insomma, è proprio come uno si immaginerebbe un lobbista.
Un giorno i suoi colleghi e lui fanno fallire alcune iniziative parlamentari per poi convincere il giorno dopo i funzionari di Bruxelles a introdurre misure “esplosive” sin dalla bozza del disegno di legge per organizzare una levata di scudi da più parti, in apparenza indipendenti. Quando poi un paragrafo imbarazzante non potrà essere depennato, alla Commissione o in Parlamento, si formerà una minoranza d’ostruzione nel Consiglio. “Per diecimila euro mi incarico di inserire le vostre istanze all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri: ecco il genere di offerte che fanno i lobbisti ai loro clienti”, afferma Mulder.
Ma le cose potrebbero cambiare, dato che Joost ha cambiato di campo. L’anno scorso, quando le lobby della finanza sono arrivate al punto di “fare pressioni sui governi, minacciandoli di ritirare capitali e di cancellare posti di lavoro, ne ho avuto abbastanza”, dice. Oggi sul suo biglietto da visita – responsabile delle public relation dell’ong Finance Watch – spicca in bella vista questo slogan: “Mettere la finanza al servizio della società”.
Il suo lavoro è simile a quello di un lobbista, ma ora è al servizio di un’ong unica nel suo genere nello scacchiere politico di Bruxelles. A Finance Watch gli specialisti del mercato finanziario hanno come obiettivo quello di affrontare le lobby del settore della finanza per ricondurle alla loro ragion d’essere originaria: mettere i servizi finanziari al servizio della produzione.
L’esperienza è del tutto nuova. Questo nuovo tipo di lobby è la risposta a una domanda del corpo legislativo stesso. Tutto nasce da una presa di coscienza avvenuta quando, nell’autunno 2008, è esplosa la crisi finanziaria. Quando è stato necessario interpretare le cause della crisi, non c’erano specialisti veramente indipendenti nel mondo della finanza. A tutti i livelli a valutare le cose c’erano banchieri, amministratori di fondi o esperti da loro pagati.
Al tempo stesso ci si è resi conto che la Commissione europea e la Direzione generale del mercato interno erano letteralmente infiltrati dal settore finanziario. È stato l’Osservatorio europeo delle aziende a rivelare la portata del fenomeno. Il suo rapporto pubblicato nell’autunno 2009 si intitola “Una Commissione prigioniera” e illustra in che modo Charlie McCreevy, commissario in carica all’epoca, abbia delegato de facto il processo legislativo alle imprese coinvolte. Molti si sono indignati, ma la faccenda non ha avuto ripercussioni concrete.
Alla luce di questi avvenimenti, il deputato verde francese Pascal Canfin e il tedesco Sven Giegold nel giugno 2010 hanno varato un’iniziativa originale: hanno lanciato un “appello alla vigilanza finanziaria” assicurandosi nel giro di pochi giorni il pieno appoggio di 22 membri della Commissione degli affari economici di ogni corrente possibile. I due hanno cercato gente dinamica e dotata di un solido bagaglio di esperienza nel mondo della finanza. E Thierry Philipponnat ha risposto all’appello.
Dopo venti anni di esperienza nel settore delle banche e della Borsa, Philipponnat ha lasciato nel 2006 un posto redditizio per lanciarsi in una nuova impresa, prima nella diffusione del micro-credito nei paesi poveri e quindi tra le fila di Amnesty International. Con i loro stessi soldi i parlamentari hanno finanziato i primi sei mesi di attività, che hanno dato buoni frutti. Al termine di un iter di parecchi mesi attraverso sette degli stati membri dell’Ue, si è ritrovato ad avere l’appoggio di 38 organizzazioni diverse, da Oxfam alla Confederazione europea dei sindacati, e ha messo insieme un capitale iniziale di quasi mezzo milione di euro presso alcune fondazioni private.
Parallelamente, il Parlamento esercitava pressioni affinché Finance Watch ricevesse un finanziamento europeo. Quest’anno sono stati allocati 1,25 milioni di euro e Michel Barnier, commissario europeo al mercato interno, ha lasciato intendere che Finance Watch ne otterrà la parte più consistente. Sei mesi dopo l’assemblea costitutiva, Philipponnat oggi è segretario generale di un pool di esperti e di lobbisti incaricati dal Parlamento, finanziato dai contribuenti e sostenuto da organizzazioni che complessivamente possono contare su cento milioni di soci.
Dettagli e trappole
Il gioco è valso la candela? Questo pugno d’uomini riuscirà davvero a fare qualcosa a fronte dell’idra delle lobby della finanza? Soltanto a Bruxelles, le banche e altri istituti finanziari hanno 700 esperti per indirizzare il processo legislativo nella direzione auspicata. E la loro sfera di influenza si è allargata.
L’impresa è ardua, come testimonia il braccio di ferro ingaggiato l’anno scorso per i “credit default swaps” (Cds) che permettono agli hedge fund di speculare sulla solvibilità degli stati senza scommettere una posta troppo alta. L’andamento dei Cds permette di valutare i rischi incombenti sulla solvibilità di uno stato e possono seriamente aggravare – o per meglio dire, provocare – una crisi del debito sovrano.
Questa è la ragione per la quale nel marzo 2011 il Parlamento europeo ha preteso il divieto totale di queste transazioni. Le associazioni degli hedge fund e delle banche si sono immediatamente impegnate ricorrendo a una strategia che Philipponnat ha battezzato “del dettaglio-trappola”. I deputati non hanno compreso i meccanismi di queste transazioni, hanno dichiarato i lobbisti sulle colonne del Financial Times. Del resto, se tale proibizione entrasse in vigore, essa “ridurrebbe il volume delle liquidità sul mercato pubblico delle obbligazioni, il che si tradurrebbe in fin dei conti in un aumento dei costi per l’ente prestatore”, tesi difficilmente contestabile dai profani.
Essendo un fine conoscitore dei mercati, Philipponnat non ha fatto fatica a portare alla luce questa montatura. La sua analisi della questione è stata perfettamente capita. Al punto che perfino il commissario europeo ha condiviso le argomentazioni addotte da Philipponnat e l’assemblea plenaria ha mantenuto il divieto.
Nondimeno, quando quest’ultima è stata messa ai voti del Consiglio dei ministri delle finanze nel mese d’ottobre, alcuni di loro hanno insistito perché il testo includesse alcune deroghe: “È stato palesemente il frutto di un grande lavoro di lobby”, ha spiegato Joost Mulder. Il testo ormai presenta “una breccia aperta”, ma ciò non impedisce a Mulder di mostrarsi molto fiducioso: “In realtà, questo è lo stesso lavoro che facevo prima, con la differenza che adesso dormo meglio”.*** fonte
Traduzione di Anna Bissanti
Intervista:
Pascal Canfin: basta arroganza
Bisognava assolutamente contrastare il lobbismo spudorato della finanza. Inoltre l'ong doveva essere 'transpartisan', perché la società civile non risponde all'appello di un partito, soprattutto uno di minoranza come i Verdi. Bisogna tenere presente che il Parlamento europeo, diversamente dall'Assemblea nazionale, è eletto con il sistema proporzionale, e non esistono maggioranze e minoranze automatiche. Ogni testo trova la sua maggioranza. Io sono uno che non si stanca mai di negoziare, e se alla fine il bilancio complessivo è accettabile, voto a favore.Canfin sostiene che nel 2008/2009 gli stati dell'Unione hanno perso l'occasione di riformare il settore bancario quando "le banche erano in ginocchio", ed è convinto che "in Europa il cambiamento passa necessariamente dalla doppia alternanza, nel 2012 in Francia e nel 2013 in Germania".