Dallo scorso lunedì sei maggio sul sito del Corriere della Sera va in onda una web-serie dal titolo illuminante: Una mamma imperfetta. Nella mia imperfezione l’ho scoperta soltanto alla seconda puntata e mi sono guardata due episodi di fila. Durano otto minuti ciascuno (ma gli ultimi due sono titoli di coda) e il fatto di averli a disposizione in qualsiasi momento della giornata ne agevola la visione (anche a pezzi per chi ha il tempo cronometrato). Il giorno dopo mi sono ritrovata ad avere voglia di vedere il terzo, poi il quarto e credo che non smetterò più. E allora mi sono chiesta il perché.
Protagonista della storia, che si prolungherà per 25 episodi e in settembre andrà in onda come striscia serale su Rai Due, è Chiara (impersonata dalla bravissima Lucia Mascino). Chiara ha un marito sposato per amore 12 anni fa, due figli, un lavoro che le piace in una società di indagini statistiche e una vita sempre di corsa. Così di corsa che arriva a scuola con il pigiama sotto il maglione, dimentica dentro allo zaino i vestiti sudati del figlio che alla partita stende gli avversari con effluvi pestilenziali, così di corsa che spesso non riesce nemmeno a bere un cappuccino con le amiche (tutte più o meno nelle stesse condizioni) prima di entrare in ufficio.
È la stessa Chiara a raccontare le tragicomiche maratone quotidiane di cui è protagonista, e lo fa attraverso un video-diario in cui dà libero sfogo alle sue ansie. La webcam del computer diventa così l’interlocutore privilegiato della donna, unico ascoltatore silenzioso a cui esporre dubbi e incertezze che non hanno soluzione:
“Devo essere più tollerante? Meno tollerante? Più autoritaria? Meno autoritaria? Più impositiva? Quanto? Quando e su cosa mi devo incazzare? Ma chi me lo dice se sto facendo bene?
Dicevo che mi sono chiesta il perché di tanto interesse. I motivi sono almeno tre. Primo perché la serie genera un immediato meccanismo di identificazione che fa esclamare a qualsiasi donna che stia sperimentando una vita multitasking: “È vero, succede anche a me”; secondo perché l’idea della sceneggiatura è venuta a un uomo. L’autore, infatti, è Ivan Cotroneo, regista e scrittore che sembra avere ben individuato i tasti dolenti della vita di una mamma e anche quelli di una moglie che ama sua marito ma rimpiange la spensieratezza del fidanzamento. E terzo perché mi ha fatto pensare ai tempi in cui non avevo una famiglia e mi dedicavo anima e corpo al lavoro. Ricordo che a quell’epoca solo una giovane collega aveva una bambina piccola e faceva i salti mortali per riuscire a rispettare i tempi di consegna degli articoli o essere presente alle riunioni e mentre noi “nubili in carriera” restavamo in redazione fino a tardi, lei alle diciotto in punto scattava come una molla per assolvere a doveri che non sapevamo nemmeno immaginare. Dentro di me un po’ la compativo. Ci ho messo degli anni a capire che in quella fase della sua esistenza, nell’elenco delle priorità della sua giornata, occuparsi di se stessa veniva all’ultimo posto.
Ma sono tutte come Chiara oggi le mamme ? Tra i vari commenti (quasi tutti positivi) letti in rete ne ho notato uno che accusa Una mamma imperfetta di raccontare in modo esasperato un mucchio di banalità.
Certo, sono banali, la spesa al supermercato, la cena da preparare, i compiti da seguire, le scarpe e i pantaloni che da un giorno all’altro diventano piccoli e devi correre a ricomprare, le visite dal pediatra o dal dentista, gli allenamenti di calcio e quelli di danza, un marito che sparge oggetti ovunque manco fosse una caccia al tesoro, che ti dice “ho messo su l’acqua per la pasta” e pretende che tu gli faccia una standing ovation; sono ancora più banali i panni da stirare e la casa da pulire se non hai chi ti dà una mano nelle faccende domestiche. Così banali che riguardano tutti i comuni mortali con un minimo di senso della responsabilità.
E che cos’è la vita se non una lunga serie di banali routine interrotta da pochi eventi memorabili? Ecco perché cerco di insegnare ai miei figli a festeggiare ogni evento, a curare i dettagli che possono fare di un giorno normale una data speciale.
Ieri sera ho fatto vedere anche a loro Una mamma imperfetta. Hanno riso molto. Soprattutto quando la povera Chiara si trova a fronteggiare la concorrenza delle “mamme perfette”. Donne sempre eleganti, curate, puntuali, capaci di aiutare i figli nei compiti, di vestirli in modo impeccabile e di preparare loro manicaretti da leccarsi i baffi. Il tutto sempre con il sorriso sulle labbra. Mi hanno guardato perplessi durante i monologhi sociologici di Chiara. Troppo difficile per loro cogliere il senso di certe domande. Alla fine hanno esclamato: “Però tu non sei così. Tu sei una mamma perfetta, anche se urli troppo”. Grazie, troppo buoni. Evidentemente sono brava a nascondere il mio caos, ho pensato.
Le mamme perfette, diciamocelo, non esistono. Sono una leggenda che noi donne, spesso campionesse di masochismo, abbiamo inventato per farci più male e sentirci più in colpa. Però esistono le mamme più organizzate. Ed esserlo più di Chiara, obiettivamente, non sembra difficile. La protagonista di Una mamma imperfetta, dal poco che ho potuto vedere, ha una signora che si occupa della casa, vantaggio non indifferente che dovrebbe garantirle qualche corsa in meno. Ha anche, cosa da non sottovalutare, quella che si definisce una famiglia felice. Forse non proprio idilliaca come quella del Mulino Bianco, ma pur sempre un rifugio sereno, cosa che sembra essere diventata una rarità. Ne ho avuto la conferma poche sere fa in una trattoria dove ho cenato con mio marito e i miei figli. Mentre ci congedavamo la proprietaria ha esclamato: “Complimenti per la bella famiglia, ormai non se ne vedono quasi più”.
Insomma, serie come Una mamma imperfetta non stimolano certo l’istinto materno, né tanto meno la voglia di mettere su famiglia, ma mi auguro che le spettatrici più giovani non si spaventino troppo. Come dire, meglio imperfette che estinte. Meditiamoci.
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