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Una mostra fotografica sui tesori d’arte in Afghanistan

Creato il 03 settembre 2012 da Milleorienti

Da troppi anni dire “Afghanistan” significa dire guerra e massacri. Però non c’è solo questo. L’Afghanistan è un Paese con un patrimonio artistico e archeologico straordinario che fra mille difficoltà l’Unesco sta cercando di tutelare, per evitare che questo patrimonio faccia la triste fine dei famosi Buddha di Bamiyan distrutti dai talebani. Lo studioso italiano Andrea Bruno, consulente dell’Unesco, ha documentato fotograficamente il prezioso lavoro di restauro e le sue fotografie sono ora in mostra, dal 7 al 30 settembre 2012, al MAO-Museo d’Arte Orientale (via San Domenico 11, Torino, ingresso libero alla mostra, orario da martedì a domenica ore 10-18, chiuso il lunedì).
Il 5 e 6 settembre il Museo d’Arte Orientale di Torino ospita inoltre  il 3dr UNESCO Expert Working Group, una piattaforma di lavoro e programmazione delle azioni intraprese e da intraprendere a tutela dei monumenti dell’antica città di Herat e dei resti archeologici del sito del Minareto di Jam in Afghanistan. La collaborazione tra l’Unesco World Heritage Centre e il Museo di Arte Orientale in occasione di questo incontro internazionale – che prevede la partecipazione di esperti e consulenti Unesco provenienti da tutta Europa e di numerosi esponenti dell’attuale governo afghano – ha permesso di realizzare appunto la mostra fotografica UNESCO’S ACTIVITIES IN AFGHANISTAN – Jam and Herat in the pictures of Andrea Bruno visitabile al MAO dal 7 al 30 settembre 2012.
Una mostra fotografica sui tesori d’arte in Afghanistan Nella sala polifunzionale del museo sarà allestita una selezione di immagini fotografiche scattate dall’architetto torinese Andrea Bruno, fin dai primi anni ‘70 consulente UNESCO per l’Afghanistan, che testimoniano cinquant’anni di salvaguardia del patrimonio afgano tra continue distruzioni e ricostruzioni. Un racconto illustrato delle azioni intraprese con dedizione e caparbietà a favore dei monumenti della città di Herat e del minareto di Jam, non solo da parte degli esperti internazionali ma anche dalle maestranze locali e dalla popolazione afgana.

Ecco alcuni stralci di quanto scrive Andrea Bruno a proposito della sua esperienza in Afghanistan: 

Una mostra fotografica sui tesori d’arte in Afghanistan

«Decenni di guerra hanno lasciato una pesante eredità, sebbene sopravvivano ancora alcune delle preziose testimonianze della ricchezza e della varietà culturale che caratterizzano questa terra: una sorta di memoria condivisa che dovrebbe servire a coagulare l’identità nazionale e ad agglomerare il consenso attorno ad essa, al pari di quanto fanno le tradizioni politiche e sociali del Paese…..
Tra i principali progetti che ho potuto coordinare in Afghanistan, vorrei citare: il restauro della cittadella fortificata e dei minareti del complesso di Gawhar Shad Musalla presso Herat (1974-1980), i progetti di salvaguardia e di valorizzazione della Valle di Bamiyan e della parete dei Buddha (1960- 2011), il restauro del Mausoleo di Abdur-Razzaq e la sua trasformazione in museo di arte islamica (1961-1965), il restauro del minareto di Jam ( progetto iniziato nel 1961 e non ancora conclusosi), e la progettazione dell’Ambasciata d’Italia a Kabul (1969-1973).
La  possibilità di occuparmi della conservazione di un patrimonio così sterminato e rilevante è stata per me ancor più preziosa ed arricchente non solo per l’opportunità di  coadiuvare al  recupero del “supporto materiale” della memoria culturale del paese, ma anche per poter contribuire alla formazione delle maestranze locali, attraverso la loro continua e diretta  partecipazione  ai cantieri che, anno dopo anno, prendevano avvio….
Uno dei progetti di salvaguardia che ha maggiormente puntato su questa componente formativa è stato quello del restauro dei monumenti della città di Herat: la cittadella fortificata e i sei minareti del complesso monumentale di Gawhar Shad….
La cittadella fortificata di Herat, primo sito di intervento di questo programma, sorge al centro della vecchia città sulla collina che la domina ed è  in gran parte costruita in terra cruda: un materiale, quindi,  piuttosto povero e deperibile, nonostante le considerevoli dimensioni del complesso….
Lunga circa 250 metri e larga 70, la fortezza è composta da una parte superiore, la più antica, di forma rettangolare e da una parte inferiore di forma irregolare. I lavori di consolidamento  e di restauro, iniziati nel 1976, sono stati preceduti da ricerche archeologiche che hanno, inoltre, messo in luce, lungo il lato nord della fortificazione, un basamento inclinato fino ad allora sconosciuto, rivestito con mattoni e pietre squadrate, sul quale si appoggia l’intero complesso. Il progetto di intervento è stato diviso in due parti: per la porzione alta della cittadella si è operato con un restauro di tipo archeologico, riportando in luce gli ambienti esistenti. Gli edifici della porzione inferiore, ricostruiti con l’impiego di materiali e tecniche locali, dovevano invece essere rifunzionalizzati destinandoli ad ambienti a vocazione culturale: museo archeologico e  militare, di arte e tradizioni locali, biblioteca con annessa scuola di calligrafia e di mosaico….
Nonostante il cantiere di restauro della cittadella di Herat fosse completamente privo di qualsiasi mezzo d’opera moderno fu possibile, grazie alla  motivata e preziosa presenza di 250 operai afgani, raggiungere appaganti risultati di esecuzione».

 


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