Il canto cede il passo alle parole, facendo diventare canzoni parti del copione. Ipnotica l’intensa musicalità delle interpreti che si esibiscono dal vivo, con voci melodiose che risentono dell’influsso di tempi andati. Un tappeto musicale realizzato ad arte. Ritmi che ricordano la pizzica, un sound che rimanda all’armoniosa musica dell’entroterra. La scissione lacerante tra la felicità di andare, seguita dal suono della fisarmonica che tiene allegri gli animi dei viaggiatori, e la paura di arrivare e non sapere a cosa si va incontro. Inimitabili gli abiti di Marella Ferrera, unici nel loro stile; si passa dalle sottovesti bianche bordate di merletto lavorato all’uncinetto a quelle nere. Quelli da sposa fanno parte della scenografia, rigidi, steccati, privi di anima; bellissimi nella foggia ma carenti dello spirito della vita, quasi a simboleggiare la costrizione di dover andare incontro ad un evento che dovrebbe essere felice ma che assume in questo contesto connotati spettrali. Un parto emozionale, dicevamo, che ha proteso tutte queste donne verso la strada dei sentimenti, delle suggestioni, del dolore e delle lacrime. La stessa Ferrera non nasconde di aver pianto man mano che realizzava queste opere d’arte. Di fattura squisita l’abito indossato dalla prostituta Emma (Annalisa Canfora), un corsetto nero la stringava in un corpo che usa come merce di scambio.
Il lavoro del nutrito gruppo ha permesso di portare in scena una storia che risente di un gusto passato ma molto attuale, come mi ha detto fissandomi intensamente negli occhi la Fusto: «Si sono voluti portare in scena archetipi di uomo e donna, attingendo alla conoscenza delle tradizioni» e che risentono indubbiamente dell’influenza dei racconti delle nonne, di alcune convinzioni e credenze degne di un libro di Giuseppe Pitrè. Ogni interprete è al suo posto come la figura quasi mistica di Annaluna, una primadonna in punta di piedi, che ha lasciato spazio alla narrazione, alla storia delle donne. Miko Magistro si spoglia dell’anima per vestire i panni della crudeltà. Toccante la recitazione di Valeria Sara Costantin nelle vesti di Maria la muta, tutta protesa all’espressività corporea o di Emma, una novecentesca Violetta di verdiana memoria. Infine, sublime Rosa, la sposa bambina interpretata da Federica Sandrini che con grande naturalezza porta avanti le evoluzioni biologiche del suo personaggio. Già, non ho mai amato la chimica né tanto meno la fisica ma amo in maniera smodata le tradizioni e questo lavoro inedito è certamente una bella scommessa sulla quale puntare.
Gli scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro Stabile di Catania – Fotografie di Antonio Parrinello
La nave delle spose
di Lucia Sardo ed Elvira Fusto
Impianto scenico e Regia: Giuseppe Dipasquale – Costumi: Marella Ferrera – Musiche: Mario Incudine – Movimenti coreografici: Donatella Capraro – Luci: Franco Buzzanca
con Lucia Sardo, Miko Magistro, Ornella Brunetto, Annalisa Canfora, Giada Colonna, Valeria Sara Costantin, Enzo Gambino, Rosario Minardi, Federica Sandrini, Luana Toscano
e con Lucia Fossi, Luca Iacono, Marina La Placa, Liliana Lo Furno, Alberto Mica, Viviana Militello, Nicola Notaro, Ramona Polizzi, Lucia Portale, Francesco Russo, Clio Scirà Saccà, Giorgia Sunseri, Irene Tetto
Produzione: Teatro Stabile di Catania
Catania, Teatro Verga, dall’8 al 30 marzo 2012