Questo è ciò che mi interessa per ripartire, sempre più vicino a un’idea di critica che, al di là dell’opera e attraverso l’opera, sveli la parola, e con l’apertura, la lungimiranza e la pazienza dei maestri, cerchi di abbassare il narcisismo dello scrittore, l’estremo astio camuffato contro se stessi e contro la storia. Rompere il muro di gomma della maschera della forma per mostrarne la debolezza, gli spavaldi camuffamenti travestiti di grandezza. Per una comunità di uomini/poeti capaci di liberarsi della tirannia che li abita.
Un inedito
Maurizio Gramegna
Ti ascolto mentre mi dici di sensi senza nervi,
come se bastasse guardare il mare sul giornale
per sentirsi il sale addosso, per riflettere il sole
sopra gocce aggrappate alla pelle, eroiche
e già sconfitte da quello stesso sole; attraente e bugiardo.
La verità è che si può dire solo quello che sappiamo,
ed io conosco solo le cose che mi hanno lasciato
segni addosso, gemme sincere, senza prezzo.
Si leverà, lo vedo, un nuovo scudo coperto
di parole incise. Ti sentirai sicuro.
Non ti lasceranno in bilico sui tuoi mille baratri
di cristallo e fuoco, nessun cratere ad attirarti fin
dentro il vuoto che hai attraversato su fili tesi
di vertigine ed inquietudine.
Leggo il tempo quasi inseguendolo, fino
alla sua soglia, fino a toccare le lancette che mi
paiono lente, ondulate e curve nel loro vagare tondo.
E tu parli inutilmente di me e del mio passo
incoerente, come se le tartarughe sapessero i nomi
delle spiagge dove deporre le uova.
Loro sanno quel che sanno, e lo possono raccontare
come i sassi scesi nella corrente, perché anche loro
ne portano i segni addosso, e lasciano sabbia come i
miei granelli di felicità inutile da qualche parte sul fondo,
fino alla profondità del mare.