Carlo Furlan era uno di quegli uomini che pensano in grande, ma non aveva sogni, bensì disegni. Possedeva anche il potere magico (che qualcuno chiama carisma) di far accorrere da ogni dove persone di età e di estrazione sociale diversa e metterle all'opera.
Le riunioni a Legambiente erano sempre molto accese, mettere insieme teste così differenti non è uno scherzo; a seconda delle situazioni Carlo ascoltava, opinava o tuonava.
Molte decine di ragazzi, provenienti da tutto il mondo, credo ricordino con nostalgia il periodo di volontariato a Verona, quando, la mattina, andavano ai bastioni per ripulirli e valorizzarli. Fu proprio in quel contesto che io conobbi i primi messicani.
Carlo Furlan ed io non eravamo amiconi; lui mi considerava (giustamente) un ragazzo schivo e permaloso però mi rispettava e mi sosteneva.
Una volta, per esempio, proposi di inserire un gregge di pecore lungo i bastioni di Verona, una soluzione ecologica per mantenere l'erba corta.
Tutti i membri dell'associazione erano contrari al progetto ma a lui piaceva e così si fece... e per qualche anno funzionò!
Carlo era un inguaribile ottimista. Ogni giorno affrontava problemi tecnici, organizzativi, politici e quelli più sottili che nascono dagli animi umani quando si lavora in gruppo.
Lui ci scherzava sempre su; quando qualcuno si arrabbiava aspettava che gli passasse, quando qualcun altro si lagnava rispondeva bonariamente: “Su su, forza, cosa vuoi che sia!”