Una notte ho sognato che parlavi. Così ho imparato a fare il padre di mio figlio autistico di Gianluca Nicoletti

Creato il 09 maggio 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

9 Flares 9 Flares × Una notte ho sognato che parlavi. Così ho imparato a fare il padre di mio figlio autisticoGianluca Nicoletti
Pubblicato daMondadori
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Oscar bestsellers
Genere:Autobiografico
Pagine:
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La trama:
Patologia che ogni sei anni raddoppia il numero di pazienti, ma non è contagiosa. C’è una possibilità su mille che ne nasca uno affetto. E’ di natura genetica. Stereotipie, ecolalie, assenza di linguaggio, soliloqui, aggressività rivolta su di sé, insensibilità al dolore o assenza di sensazione del pericolo sono alcuni dei sintomi. Disturbo ma soprattutto spada di Damocle perenne che pende sul capo di molti genitori. Una parola sola dalla forma dittongata: autismo. Ecco la quotidianità del problema in ventisei capitoli inzuppati d’amore paterno, a prescindere.

Gianluca Nicoletti, giornalista e voce di Melog (in onda su Radio24) ha un sogno: Insettopia. Non ha niente a che fare con l’entomologia o cultura naturalistica in generale, semmai riguarda un’altra area delle scienze, quelle sociali, più umanistiche e antropologiche. E’ un’utopia, presa spunto da Zeta la Formica, come la Repubblica di Platone o la Città del Sole di Tommaso Campanella se vogliamo essere più cult(-urali). E’ un universo contenuto in altri universi infinitamente più grandi e quindi incommensurabili per delle povere formichine e i piccoli imenotteri sono gli autistici minuscoli esserini che proverebbero a fare qualcosa con l’aiuto di altri. Insettopia rappresenta il luogo dell’immaginario sognato da chiunque abbia a che fare con persone come Tommy, suo figlio quattordicenne, un ragazzone di ottanta chili affetto da sindrome di Kanner alias autismo. Affettuoso e assorbente all’invero simile e in momenti di difficoltà manifesta disagio attraverso pigolii paroliberi, soffrendo di paranomia verbale, a mo’ di jamming organico, dondolio costante e chiusura delle orecchie con mani, oltre che movimenti improvvisi, corsa senza meta, dervisci rotanti che involontariamente possono causare imbarazzo oltre che disagi gestazionali.

Ecco perché uno spazio tutto suo, anzi loro- per tutti i bambini indaco se vogliamo entrare in idee fantascientifiche New Age- come ex caserme, edifici fatiscenti abbandonati, luoghi aperti, gestiti da famiglie che vivono questo handicap e da cooperative che già operano in questo settore, con orari e attività adeguate alle loro possibilità ridarebbe un ruolo a questi individui dimenticati e poco valorizzati, oltre che sollievo alle famiglie. Ma è un’idea, buona ma ancora abbozzata, per cui irrealizzata. Al momento solo denudata in Una notte ho sognato che parlavi libro edito dalla Mondadori nel 2013. Una confessione, quasi uno sfogo mai sopra le righe, anzi pieno di affetto e calore perché il protagonista –narratore Gianluca Nicoletti tocca il problema dei così detti diversamente orientati con mano ogni giorno ed è proprio in questa quotidianità che si sente chiuso, come in una gabbia, in un tempo ciclico con continua routine, a tutelare suo figlio e se stesso. Riesce così in 177 pagine a esprimere difficoltà famigliari, sensi di colpa e frustrazioni, ma anche momenti di tenerezza, di autostima e autoaffermazione del suo ruolo di genitore dominante il “problema” Tommy fianco a lui pochi, perché o ci sei dentro o non riesci a capire questo loro chiudersi in un universo parallelo privo di altruismo e comunicazione, assenza di empatia totale.

Già nelle librerie pullulavano romanzi similari, in parte tratti da storie vere, che trattano questa tematica quanto mai attuale di diversità, per cui non è una novità Una notte ho sognato che parlavi, ma nonostante tutto dico: leggetelo perché tantum possumus quantum scimus, Bacone docet, e magari una mano la potremmo dare perché Insettopia non resti solo un microcosmo in un film d’animazione tanto amato da Tommy.

Zarania



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