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Questo non è un giallino carino

Creato il 05 luglio 2022 da Annalife @Annalisa
Un delitto sui generis

Un tempo, in quel di Belgioioso, nel castello dove oggi sfilano moda vintage, benessere olistico e abiti da sposa, la mostra… pardon!, l’evento più importante era quello riservato ai piccoli editori, che si è perso nel tempo come lacrime eccetera.
Era invece una esposizione che valeva la pena di visitare: in primis, perché antecedente all’offerta internettiana che oggi ti sciorina la qualunque, e, con un po’ di pazienza, ti fa arrivare anche all’editore di nicchia o alla pubblicazione curiosa che mai avresti pensato; in secundis, perché qui trovavi, appunto, soprattutto quei piccoli o medi editori che offrivano ristampe o autori poco noti o libri che in libreria non potevano trovare posto nel bailamme delle nuove proposte e nello sgomitamento dei grandi editori.

È qui che ho trovato una casa editrice allora a me sconosciuta, la Meridiano Zero, e un autore che oggi, per la gran parte, è pubblicato da altri: Derek Raymond. È qui che ho acquistato il terzo libro di una serie che prende il nome da una sezione di Scotland Yard dove finiscono i “Delitti Irrisolti”, quelli che alla fine non interessano a nessuno. Il nome è “Factory”, e qui indaga un sergente di cui non si sa il nome, e che ho conosciuto soltanto ora, visto che ho trovato il libro nascosto in seconda fila, ho riconosciuto l’autore e ho deciso di farne più ampia conoscenza. Il terzo atto della Factory, poi, mi ha convinto a ricominciare da capo, con il primo capitolo, questo: “E morì ad occhi aperti”.

Si tratta di un giallo molto noir ma anomalo, dove l’indagine vera e propria intorno al delitto iniziale, cocciutamente condotta dal nostro sergente, si alterna a larghe parti in cui a poco a poco veniamo a conoscenza non soltanto di ciò che ha portato al delitto o del colpevole (che qui paiono due accidenti di percorso), ma anche dei pensieri, degli assilli, delle profonde inquietudini che muovono il protagonista, Staniland, uno scrittore senza avvenire che scrive, registra, e confida sé stesso e i suoi tormenti alle pagine o ai nastri che va accumulando e che pazientemente registrano la deriva di una vita per restituirla a chi indaga sulle circostanze del delitto (e ai noi lettori).
Le parti in corsivo, i pensieri spesso confusi, i ricordi dello scrittore emergono a tratti, numerosi, apparentemente scollegati dal resto, e non soltanto spingono il sergente sulla strada dell’inchiesta, ma lo mettono in crisi come persona, e lo fanno sentire talmente vicino al fallito scrittore da creare quasi una (cosciente) identificazione. C’è così questa altalena tra la vita di tutti i giorni, le ricerche, l’incontro con delinquenti, emarginati, e la ricostruzione di momenti passati, vissuti in luoghi diversi, con sentimenti diversi, ma sempre caratterizzati da rimpianto, tristezza, solitudine, e osservazioni che ricostruiscono lucidamente una vita che sta andando alla deriva. Un’altalena dura, difficile, che chiede di essere letta, o riletta, con attenzione, sia per non perdere troppo il filo (in fondo le storie sono due: quella dello scrittore che racconta di sé, e quella del sergente che indagando su di lui scopre cose su di sé), sia, dicevo, per annotare alcune osservazioni su un’esistenza che appare sempre più insopportabile: “Come tutte le persone sane di mente – spiega il sergente dopo aver letto un appunto dello scrittore – aveva voluto conoscere la realtà della vita, commettendo l’errore più comune: non si era reso conto neanche per un istate che le condizioni dell’esistenza non autorizzano nessun assoluto”. Oppure (da un nastro di Staniland che ascoltiamo insieme al sergente): “C’è un punto in cui il filo si spezza e il palloncino comincia a salire fino a un’altezza in cui è impossibile mantenere la forma e scoppia. Analogamente, l’essere animali in grado di travalicare con il pensiero i limiti della propria esistenza ci pone un angoscioso problema. Accumuliamo conoscenza in una frenetica gara che la morte è comunque destinata a vincere. Vorremmo scoprire tutto nel poco tempo che ci è concesso, eppure, alla fine, ci domandiamo perché, visto che tutto andrà perduto”.

La stella in più per la scrittura nitida e affilata, ma anche cupa e oscura.

Derek Raymond
E morì a occhi aperti
Meridiano Zero
(Fanucci editore nel 2016
a 14,40 euro)


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